Il caso di Chiara Ferragni agli Uffizi come simbolo del cambiamento della comunicazione dell’arte9/9/2020 La comunicazione dell’arte e della cultura è da sempre un tema importante tanto quanto l’arte e la cultura stesse. Come insegnano le scienze della comunicazione e la psicologia, il fondamento di una comunicazione efficace non è solo la qualità del messaggio, ma anche – forse di più – il modo di comunicarlo. Affinché un messaggio raggiunga il destinatario e venga compreso sono fondamentali il tono di voce, la direzione dello sguardo, il linguaggio del corpo e il mezzo scelto per veicolare il contenuto della comunicazione. Anche nella vita quotidiana, a seconda del contenuto del messaggio, dello scopo della conversazione e della relazione che ci lega al nostro interlocutore, scegliamo se fare una telefonata, inviare una mail o se ricorrere a un più rapido e confidenziale messaggio su Whatsapp o Telegram. Possiamo facilmente considerare queste note piattaforme di messaggistica come il simbolo di un cambiamento radicale delle modalità di comunicazione tipico del XXI secolo, le cui le cui origini si intuiscono facilmente nella rivoluzione digitale, nell’invenzione e nella diffusione di nuovi strumenti comunicativi. Dove prima c’erano telegrammi, cabine telefoniche e missive, oggi ci sono mail, chat e social network comodamente reperibili sugli schermi di pc, tablet e smartphone. Intavoliamo conversazioni virtuali continuamente e l’emergenza coronavirus non ha fatto altro che rivelarci questa realtà con forte evidenza, mettendoci davanti al fatto che, quello che nel periodo di lockdown è stato una scelta obbligata, in realtà rientra sempre più nelle nostre abitudini. Nelle relazioni umane il cambiamento delle strategie comunicative avviene secondo modalità che passano attraverso strumenti digitali nati per accorciare le distanze e facilitare gli scambi comunicativi. Tutto questo fa parte del progresso, di un andare avanti tecnologico che va prima compreso e poi accettato per poter essere impiegato al meglio, ma cosa significa ricorrere a questi strumenti nel caso di una comunicazione tra pubblico e istituzioni? Pensiamo al processo di rinnovamento intrapreso dai musei negli ultimi tempi: anche se con un incedere ancora esitante, i musei iniziano ad accogliere tra le loro fila social media manager, esperti di digitalizzazione, web designer, content designer e tutta una serie di professionalità nutrite dalla rivoluzione digitale. Accanto a incontri culturali, conferenze stampa e vernissage sono comparse dirette su Instagram e Facebook, campagne video su Youtube e persino apparizioni – più o meno gradite dal pubblico degli addetti ai lavori – su TikTok[1]. Anche in questo caso la quarantena causata dalla diffusione del nuovo coronavirus ha contributo ad accelerare una tendenza che già iniziava a manifestarsi e alla quale ogni museo ha dato una risposta diversa. Alcuni, come i Musei Vaticani, hanno scelto un approccio visivo realizzando veri e propri tour virtuali altri musei invece, come gli Uffizi, Galleria Borghese e le Scuderie del Quirinale, hanno percorso la strada dei social guadagnando l’interesse del pubblico attraverso campagne di comunicazione dei contenuti diffuse quotidianamente su diverse piattaforme. Così, anche le più prestigiose realtà museali partecipano a una comunicazione rinnovata adeguandosi – se in modo virtuoso o meno resta da chiarirlo – alle esigenze del pubblico contemporaneo con specifico riferimento al pubblico più giovane. Uno degli attori principali di questo cambiamento giovanilista sono le Gallerie degli Uffizi che, dopo il successo della campagna Uffizi Decameron[2] e la criticatissima decisione del direttore Eike Schmidt di cedere in prestito alle Scuderie del Quirinale il ritratto di Papa Leone X nonostante l’obiezione del comitato scientifico, tornano ad essere oggetto di discussioni e polemiche. Questa volta oggetto della discordia è la visita agli Uffizi della nota influencer Chiara Ferragni e soprattutto la foto ricordo scattata davanti alla Venere di Botticelli e pubblicata sulla pagina ufficiale delle Gallerie degli Uffizi[3]. Sin qui appare tutto normale, tanto più che, scorrendo lungo la pagina in questione, si nota che quello della Ferragni è l’unico volto noto a comparire, insieme a tanti altri volti di gente comune; ma a scatenare feroci polemiche è stata in buona parte la descrizione[4] della fotografia che suggerisce un parallelismo fra le due figure femminili e definisce la Ferragni “una sorta di divinità contemporanea”. Prima di entrare nel vivo della questione e di analizzare quelle che sono state le reazioni delle diverse parti in causa, occorre sapere ciò che è effettivamente accaduto nel museo fiorentino lo scorso 17 luglio. In quella giornata, oltre alla foto condivisa dalle Gallerie degli Uffizi, sul profilo personale della Ferragni è apparsa una collection[5] di nove foto che ritraggono l’influencer all’interno della Galleria, davanti alla Venere del Botticelli, una veduta di Palazzo Vecchio dalla terrazza e altri particolari dell’interno del museo tra cui una foto del Tondo Doni e del Doriforo. Niente di diverso da ciò che farebbe qualunque visitatore in uno dei più importanti musei del mondo – considerando anche l’abbigliamento sfoggiato dalla Ferragni che la cala nei panni della perfetta turista con calzoncini di jeans, top bianco e sandali – non fosse per l’allusione a un “progetto speciale” in collaborazione tra Vogue Hong Kong e la stessa Galleria degli Uffizi, informazione del tutto trascurata nella pagina Instagram del Museo. Un breve riassunto dei fatti lo ritroviamo nell’incipit dell’articolo pubblicato sul’ editoriale online di Vogue Italia[6] il 17 luglio: “Era in Galleria per un photoshoot[7], ma Chiara Ferragni non ha esitato a concedersi un tour del museo, alla scoperta dei suoi tesori d’arte. Accompagnata dal direttore Eike Schmidt, l’imprenditrice digitale ha molto apprezzato i dipinti di Botticelli: non solo le superstar Venere e Primavera, ma, soprattutto, Le storie di Giuditta e L’adorazione dei Magi con autoritratto dell’artista.” Ad onor del vero quindi, la presenza di Chiara Ferragni nelle Gallerie era dettata dalle esigenze di un progetto commerciale fra attori illustri che ha visto la giovane imprenditrice protagonista di un servizio fotografico a cui ha fatto seguito una visita turistica guidata proprio dal padrone di casa. Come titola eloquentemente un articolo di Tomaso Montanari pubblicato su il Fatto Quotidiano il 18 luglio “La Ferragni riduce la Venere a tormentone social”[8] una cosa che, ci piaccia o meno, non è lontana da quanto realmente accaduto. Montanari, noto storico dell’arte e intellettuale, è stato tacciato di presunzione e colpevolizzato dell’incapacità – dicono i più, comune a tutti gli intellettuali – di svecchiarsi e di adeguarsi alla modernità. Ma adeguarsi alla modernità per comunicare con il pubblico più giovane vuol davvero dire ridurre uno dei più importanti musei d’Italia e del mondo a una passerella, a uno “sfondo momentaneo per una influencer”[9]? Evidentemente per Eike Schmidt la risposta a questa domanda è orgogliosamente affermativa. Il direttore degli Uffizi – già in polemica con Montanari a causa del prestito del Ritratto di Leone X – si pronuncia in questo modo: “Noi abbiamo una visione democratica del museo: le nostre collezioni appartengono a tutti, non solo a un’autoproclamata élite culturale, ma soprattutto alle giovani generazioni. Anche perché, se i giovani non stabiliscono oggi una relazione col patrimonio culturale, è improbabile che in futuro, quando saranno loro i nuovi amministratori, vorranno investire in cultura. Per questo è importante usare il loro linguaggio, intercettare la loro ironia e il loro potenziale creativo.”[10] Schmidt punta l’attenzione sulla dimensione collettiva del museo screditando la classe intellettuale e sottolinea la volontà di attirare i giovani nei musei con l’intenzione di trasmettere loro un amore per il patrimonio culturale che, in futuro, farà dei bravi giovani anche dei bravi amministratori. Secondo Schmidt il modo migliore di raggiungere questo obiettivo è stabilire una relazione con i giovani catturando il loro interesse, adottando il loro linguaggio. Ma così i musei e i luoghi di cultura si trasformano in passerelle e in scenografie per video musicali. Di recente è stato diffuso un videoclip in cui Mahmood, giovane promessa della musica italiana, si esibisce all’interno del museo egizio di Torino: ma quanti dei giovani che guardano la fotografia di Chiara Ferragni o il videoclip di Mahmood sono in grado di riconoscere ciò che vedono e saranno realmente attirati in quel determinato luogo? Limitandosi ad una analisi superficiale, che tenga in considerazione solo i numeri senza soffermarsi sulla natura delle cose, la risposta è: il 27%. Nel fine settimana che ha fatto seguito alla pubblicazione della foto della Ferragni davanti alla Venere, è stato registrato un aumento dei visitatori under 25 pari proprio al 27%, un evento rinominato “Effetto Ferragni” e che ha tristemente contribuito ad avvalorare l’idea che mettere un luogo di cultura a disposizione privilegiata di un singolo individuo sia la strada giusta per comunicare e valorizzare il patrimonio artistico. Questo è ciò che si evince dai numeri ma un esame più attento e critico della questione porta a considerare l’Effetto Ferragni come un trend aleatorio e precario che non ha valore culturale bensì commerciale e mediatico. Se anche la crescita delle visite del pubblico giovane agli Uffizi fosse realmente dovuta alla visita della Ferragni, questa diminuirà drasticamente quando il clamore intorno all’Effetto Ferragni sarà svanito riportando le percentuali alle condizioni precedenti e questo semplicemente perché l’aumento delle visite non è dovuto a una operazione di sensibilizzazione ma a una banale – anche se redditizia - scelta di marketing. Un altro aspetto da considerare è la qualità di quelle visite: che significato ha la visita in un museo per qualcuno che vi è attirato solo dalla presenza di un personaggio illustre? Lo scopo sarà forse quello di fotografarsi davanti alla Venere, alla Primavera o al Tondo Doni unicamente per il gusto di usare l’hashtag di cui la direzione degli Uffizi va orgogliosa? Questi dubbi e osservazioni non nascono da un’idea antidemocratica di museo – nessuno di quella “autoproclamata élite” disprezzata da Schmidt ha come scopo quello di lasciare i musei deserti -, nascono bensì dalla volontà di rendere la cultura realmente aperta e inclusiva senza svenderla. Senza piegarla alle esigenze - per quanto illustri - di una élite diversa da quella culturale perché, diciamocelo, visitare gli Uffizi in “privilegiata solitudine”[11] e scortati dal direttore in persona questo sì, è davvero elitario. [1] Tik Tok è un social network cinese lanciato nel 2016 che attraverso un’app permette di creare videoclip musicali di durata variabile. [2] Uffizi Decameron è una campagna di comunicazione realizzata durante il lockdown in cui, in analogia con l’opera di Boccaccio, ogni giorno sulle pagine social degli Uffizi è stata raccontata un’opera o una collezione della Galleria fiorentina attraverso una serie di video. [3] Visitabile al link https://www.instagram.com/uffizigalleries/?hl=it [4] I canoni estetici cambiano nel corso dei secoli. L’ideale femminile della donna con i capelli biondi e la pelle diafana è un tipico ideale in voga nel Rinascimento. Magistralmente espresso alla fine del '400 da #SandroBotticelli nella Nascita di #Venere attraverso il volto probabilmente identificato con quello della bellissima Simonetta Vespucci, sua contemporanea. Una nobildonna di origine genovese, amata da Giuliano de’Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico e idolatrata da Sandro Botticelli, tanto da diventarne sua Musa ispiratrice. Ai giorni nostri l’italiana Chiara Ferragni, nata a Cremona, incarna un mito per milioni di followers -una sorta di divinità̀ contemporanea nell’era dei social. Il mito di Chiara Ferragni, diviso fra feroci detrattori e impavidi sostenitori, è un fenomeno sociologico che raccoglie milioni di seguaci in tutto il mondo, fotografando un’istantanea del nostro tempo. [5] Termine che identifica un insieme di più fotografie pubblicate in un unico post su Instagram. [6] Articolo scritto da Francesca Mill al link https://www.vogue.it/news/article/chiara-ferragni-visita-uffizi-di-firenze [7] Servizio fotografico. [8] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/ [9] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/ [10] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/21/chiara-ferragni-agli-uffizi-per-avvicinare-i-giovani-il-rischio-e-di-perdere-la-propria-identita/5874879/ [11] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/
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