di Eliana Monaca Sulla Rocher, ovvero sulla Rocca, il punto più alto del Principato di Monaco, si trovano insieme all’ottocentesca Cattedrale sorta sulle fondamenta della chiesa duecentesca dedicata a Saint Nicolas, il Palais Princier, ovvero il Palazzo del Principe, residenza dal Duecento della famiglia regnante Grimaldi e il Musée Océanographique (il Museo Oceanografico), mentre nel quartiere Monte-Carlo, tra la spiaggia del Larvotto e il famoso Tunnel del circuito del Gran Premio di Formula 1, si trova il Grimaldi Forum costruito nel 2000. Caravaggio e il Seicento al Grimaldi Forum Il Grimaldi Forum è un centro congressi che, grazie ai suoi grandi spazi, è in grado di programmare esposizioni ed eventi anche in contemporanea, come nel caso delle esposizioni temporanee che hanno luogo nel periodo estivo, quando il Principato accoglie tutti i suoi visitatori (non monegaschi) per le vacanze estive[1]. Lo scorso anno si è tenuta per esempio la bellissima mostra su Salvador Dalì, dal titolo Dalì, une histoire de la peinture(06 luglio – 08 settembre 2019), curata dal direttore dei Musei Dalì, Montse Aguer, e supportata dalla Fundacion Gala-Salvador Dalì, per celebrare il trentesimo anniversario della morte dell’artista, raccogliendo larghissimi consensi[2]. Quest’anno erano in programma ben due esposizioni: la prima per festeggiare i vent’anni del Grimaldi Forum, Monaco et l’automobile, de 1893 a nos jours (11 luglio – 06 settembre 2020), al momento annullata[3], la seconda Le Caravage – le pouvoir de la lumière nell’Espace Diaghilev (17 luglio – 06 settembre 2020) rinviata a data da destinarsi[4]. La mostra Le Caravage – le pouvoir de la lumière è stata organizzata dalla società monegasca Gaudio Group, con un comitato scientifico di tutto rispetto presieduto da Mina Gregori (allieva di Roberto Longhi, presidente della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, direttrice della rivista Paragone, membro dell’Accademia dei Lincei e della Legion d’onore, professoressa emerita di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Firenze), insieme a Roberta Lapucci (storica dell’arte e direttrice del dipartimento di restauro della SACI – Studio Arts College International School of Florence), Susan Grundy (consulente d’arte), Ubaldo Sedano (direttore del dipartimento di restauro del Thyssen-Bornemisza Museum di Madrid), Keith Sciberras (professore di storia dell’arte presso l’Università di Malta) e un comitato d’onore composto da Alessandro Cecchi (direttore del museo Casa Buonarroti), Cristina Acidini Luchinat (già soprintendente della città di Firenze, direttrice dell’Opificio delle Pietre Dure e attualmente presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno), Antonio Paolucci (storico dell’arte e curatore, già soprintendente del Polo Museale Fiorentino, direttore dei Musei Vaticani e ministro per i beni culturali e ambientali), padre Marius Zerafa (padre domenicano storico dell’arte, già direttore dei Musei di Malta) e Vittorio Sgarbi (politico e storico dell’arte)[5]. Il tema che l’esposizione si pone di mettere in evidenza, come suggerito dal titolo, è quello della luce, in considerazione della sua enorme importanza, non soltanto simbolica, nelle opere del Merisi[6]. La luce nel Seicento Sappiamo dalle fonti coeve a Caravaggio come questa sua mancanza di «lume» non fosse molto apprezzata. Tra i primi a scrivere su Caravaggio e sul suo colorire «assai di negro»[7], spiccava Giulio Mancini (1559-1630) che, nelle sue Considerazioni – composte tra il 1617 e il 1628, ma pubblicate solo tra il 1956 e il 1957 da Adriana Marucchi – ricordava come l’ambientazione delle opere di Caravaggio pareva essere quella di una stanza con una sola «fenestra con le pariete colorite di negro, che così, havendo i chiari e l’ombre molto chiare e molto oscure, vengono a dar rilievo alla pittura», nonostante le figure risultassero però prive «di moto e d’affetti, di gratia»[8]. Non poteva mancare poi il ricordo dell’astioso rivale Giovanni Baglione (1573-1643) che nelle sue Vite del 1642 scrisse che il Merisi «con la sua virtù si aveva presso i professori qualche invidia acquistata», e che Federico Zuccari, avendo visto la cappella Contarelli «mentre io [scil. Baglione stesso] era presente, disse: “Che rumore è questo?” E guardando il tutto diligentemente, soggiunse: “Io non ci vedo altro, che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo, quando Cristo il chiamò all’apostolato”; e sogghignando, e maravigliandosi di tanto rumore, voltò le spalle, e andossene con Dio»[9]. Di poco successiva è la critica mossa da parte del medico e intendente d’arte Francesco Scannelli (1616-1663), che nel suo Microcosmo della pittura del 1657, rimproverava al Merisi come l’oscurità della Cappella Contarelli impedisse la completa fruizione anche delle altre opere come la Vocazione di San Matteo, da lui reputata come «una delle più pastose, rilevate e naturali operazioni, che venga a dimostrare l’artificio della pittura per immitazione di mera verità»[10] e il San Matteo e l’angelo del 1602[11]. Ancora Scannelli ricordava nel suo Microcosmo di aver visto nella collezione del Granduca di Toscana una tela «che fa vedere quando un ceretano cava ad un contadino un dente, e se questo quadro fosse di buona conservazione, come si ritrova in buona parte oscuro e rovinato, saria una delle più degne operazioni che avesse dipinto», ovvero il Cavadenti del 1608 alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze[12]. Come raccontato da Scannelli nel suo Microcosmo, l’amico pittore Guercino conosciuto a Bologna in giovane età, aveva avuto modo di spiegargli il motivo dietro al quale «sufficienti e famosi maestri» come lo stesso Guercino, Guido Reni, Rubens, Albani e Pietro da Cortona, avessero cambiato la loro maniera e «poscia nel tempo del maggior grido inclinato il proprio modo di operare alla maggior chiarezza»[13]. Guercino, che era uno di quei seguaci di Annibale Carracci che si era lasciato travolgere dall’ambizione di imitare la maniera scura di Caravaggio, per le affinità comuni tra il naturalismo carraccesco e quello caravaggesco[14], aveva infatti raccontato a Scannelli che «aveva sentito più volte dolersi coloro che possedevano i dipinti della propria sua prima maniera, per ascondere (come essi dicono) gli occhi, bocca ed altre membra nella soverchia oscurità, e per ciò non avere stimato compite alcune parti», e così «per sodisfare a tutto potere alla maggior parte, massime quelli che col danaro richiedevano l’opera, aveva [scil. Guercino] con modo più chiaro manifestato il dipinto»[15]. Come non ricordare poi le parole di Giovan Pietro Bellori (1613-1696) che nelle sue Vite del 1672 riportava il pensiero dei «vecchi pittori assuefatti alla pratica» che avevano notato come i giovani pittori, «presi dalla novità», celebrassero Caravaggio «come unico imitatore della Natura, e come miracoli mirando l’opere sue lo seguivano a gara, spogliando modelli, ed alzando lumi; e senza più attendere studio, e ad insegnamenti, ciascuno trovava facilmente in piazza, e per via il maestro, o gli esempi nel copiare il naturale»[16]. Nonostante ancora i «vecchi pittori» continuassero a «sgridare il Caravaggio, e la sua maniera, divulgando ch’egli non sapeva uscir fuori dalle cantine, e che povero d’invenzione, e di disegno, senza decoro e senz’arte, coloriva tutte le figure ad un lume, e sopra un piano senza degradarle», non erano stati in grado di rallentare «il volo alla sua fama»[17]. Bellori, che aveva apprezzato la fase giovanile di Caravaggio, in cui l’influenza di Giorgione visto a Venezia, lo aveva portato a realizzare le prime opere «dolci, schiette, e senza quelle ombre, ch’egli usò poi»[18], credeva infatti che l’oscurità delle tenebre nei quadri di Caravaggio, annullasse la «storia», ovvero ogni plausibile riferimento agli scenari dell’azione, resi così «antistorici e innaturali»[19]. Ma Caravaggio «facevasi ogni giorno più noto per lo colorito, ch’egli andava introducendo, non come prima dolce, e con poche tine, ma tutto risentito di oscuri gagliardi, servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi», allontanandosi così dalla gradevolezza di Giorgione[20]. Il Principato ai ripari dal Covid-19
Il Covid-19 ha ovviamente scosso la realtà del piccolo Principato, colpendolo nel cuore dell’amministrazione e del Regno: il 19 marzo le principali agenzie di stampa battevano infatti la notizia della positività del principe Alberto II di Monaco al Coronavirus[21]. Il lockdown imposto però qualche giorno precedente alla notizia[22] ha portato il Grimaldi Forum a chiudere le porte ai visitatori e a rinviare l’allestimento della mostra Le Caravage - le pouvoir de la lumière ad una data da destinarsi (anche se probabilmente avrà luogo nell’estate del 2021), aggiornando la propria agenda a partire dal mese di giugno 2020. È infatti notizia del 28 aprile che anche il Principato è entrato nella “Fase 2” dal 4 maggio. Per comprendere il motivo della chiusura – anche virtuale – da parte della direzione del Grimaldi Forum è doveroso ricordare come il turismo del Principato si concentri tra i mesi di maggio e settembre e sia costituito principalmente da italiani (provenienti dalla Lombardia e dal Piemonte), da arabi e sporadicamente da russi, che vi trascorrono poi anche le vacanze estive. I croceristi provenienti dalle grandi e numerose navi che affollano il Port Hercule vengono generalmente portati dai pullman provati alla Rocca, dove possono visitare la Cattedrale, il Palais Princier e il Museo Oceanografico. Probabilmente questa differenza di utenza ha fatto sì che un museo strutturato come il Museo Oceanografico stia continuando le sue attività anche in questo periodo di emergenza sanitaria attraverso i suoi canali social e in particolare sulla pagina Facebook “Musée océanographique de Monaco”, mentre il Grimaldi Forum in qualità di centro congressi abbia scelto di chiudere e rinviare le iniziative alla “Fase 2”. Bibliografia Argan 1968 = Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, III, Sansoni, Firenze 1968. Baglione 1642 = Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetta dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Andrea Fei, Roma 1642. Barocchi 2002 = Paola Barocchi, Collezionismo mediceo e storia artistica: Da Cosimo I a Cosimo II. 1540-1621, I, Tomi I-II, Spes, Firenze 2002. Bellori 1672 = Giovan Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Mascardi, Roma 1672. Borea 1970 = Evelina Borea, Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, Sansoni, Firenze 1970. Cinotti 1983 = Mia Cinotti, Michelangelo Merisi detto Caravaggio: tutte le opere, Poligrafiche Bolis, Bergamo 1983. Gregori 1991 = Mina Gregori, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Come nascono i capolavori, Electa, Milano 1991. Gregori 2005 = Mina Gregori, Tre “cartelle” per tre mostre caravaggesche, in «Paragone, Arte», anno 56, n. 669, serie terza, fasc. 64, novembre 2005, pp. 3-24. Gregori 2010 = Mina Gregori, scheda Cavadenti, in Caravaggio e caravaggeschi a Firenze, a cura di G. Papi, Sillabe, Livorno 2010. Guttuso 1967 = Renato Guttuso, L’opera complete del Caravaggio, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1967. Longhi 1968 = Roberto Longhi, Caravaggio, Ed. Riuniti, Roma 1968. Marangoni 1922 = Matteo Marangoni, Il Caravaggio, Battistelli, Firenze 1922. Marini 2005 = Maurizio Marini, Caravaggio “Pictor praestantissimus”, Newton & Compton, Roma 2005. Occhipinti 2018 = Carmelo Occhipinti, Introduzione alle Vite de’ pittori, scultori e architetti di Giovan Battista Passeri (1772), a cura di M. Carnevali ed E. Pica, Collana Fonti e Testi di “Horti Hesperidum”, 18, UniversItalia, Roma 2018, pp. 5-107. Scannelli [1657] 2015 = Francesco Scannelli, Il Microcosmo della pittura 1657, a cura di E. Monaca con una introduzione di C. Occhipinti, Collana Fonti e Testi di “Horti Hesperidum”, 5, UniversItalia, Roma 2015. Sitografia:
[1] Dal tour virtuale accessibile dal sito https://www.grimaldiforum.com/en/visite-virtuelle si evince la grandezza degli spazi, soprattutto dell’Espace Ravel dove in genere ha luogo una delle esposizioni estive. [2] https://www.montecarlonews.it/2019/05/12/notizie/argomenti/eventi-2/articolo/dali-une-histoire-de-la-peinture-e-la-grande-mostra-dellestate-2019-a-monaco.html e https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/dali-une-histoire-de-la-peinture. [3] https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/exposition---monaco-et-l-automobile-de-1893-a-nos-jours. [4]https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/exposition-michelangelo-merisi-le-caravage. [5] https://it.caravaggioexhibition.com/exhibition. [6] https://it.caravaggioexhibition.com/exhibition. [7]Mancini 1956-1957, pp. 139-148 in https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=2ahUKEwii_4PSoJjpAhVT6qYKHaqkDI4QFjABegQIBxAB&url=https%3A%2F%2Flettere.aulaweb.unige.it%2Fmod%2Fresource%2Fview.php%3Fid%3D3181&usg=AOvVaw25A4IfgMhXU47Vo0y3QDaR. [8] Mancini 1956-1957, pp. 108-109 in https://it.wikiquote.org/wiki/Giulio_Mancini. [9] Baglione 1642, p. 137. [10] Scannelli [1657] 2015, p. 268. Come si legge in Marangoni 1922, p. 29, la Vocazione di San Matteo rappresentava «il primo germe – ed è lode altissima – di tanta della pittura spagnola e rembrandtiana». Per uno studio sull’opera si rinvia a Guttuso 1967, pp. 94-95, n. 42; Cinotti 1983, pp. 528-530, n. 61A e a Marini 2005, pp. 441-442, n. 36. [11] Scannelli [1657] 2015, p. 268. Per il San Matteo e l’angelo si vedano Guttuso 1967, p. 95, n. 44, Cinotti 1983, pp. 412-416, n. 4 e Marini 2005, pp. 466-467, n. 53. Per una trattazione generale sulla cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi rinvia ad Argan 1968, III, pp. 275-277 e a Longhi 1968, pp. 23-26. [12] Scannelli [1657] 2015, p. 269. La critica moderna era, però, divisa sul riconoscimento di questa opera a Caravaggio, in quanto non vi sono citazioni da parte di nessun altro biografo all’infuori di Scannelli e di una lettera inviata da Modena da Tommaso Guidoni a Giovan Carlo de’ Medici datata 5 novembre 1649, nella quale si chiedeva di poter scambiare i quadri di Raffaello, rappresentante una «Madonna (…) in tondo», la «Santa Caterina» di Leonardo, il «Cavadenti» di Caravaggio, l’«Ecce Homo» di Cigoli e il «San Giuliano» di Bronzino. Da un resoconto presso il Giornaletto di galleriadel 1652, però, notiamo che la tela non era stata trasferita da Firenze, in quanto una nota a margine lo definiva come «ruinato». La lettera è riportata per intero in Barocchi 2002, I, pp. 135-136, nota 497, lettera da Modena di Tommaso Guidoni a Giovan Carlo de’ Medici del 5 novembre 1649 e menzionata in Gregori 2005, p. 14. Sulla controversa attribuzione si rinvia a Borea 1970, pp. III, 12-13; Gregori 1991, pp. 328, 332; Gregori, 2005, pp. 15-16; Marini 2005, pp. 573-574; Gregori, 2010, p. 122. [13] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [14] Occhipinti 2018, p. 72. [15] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [16] Bellori 1672, p. 205. [17] Bellori 1672, p. 205. [18] Bellori 1672, p. 202. Il passo è commentato in Occhipinti 2018, p. 53. [19] Occhipinti 2018, p. 51, n. 125. [20] Bellori 1672, p. 204. [21]https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/03/19/positivo-principe-alberto-ii-di-monaco_fceb7897-adc4-4cfd-a464-97f0f1899c26.html. [22]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/14/coronavirus-a-montecarlo-chiuso-casino_0258c66b-11b7-4ae8-9355-bfe9dd79c1fb.html.
2 Commenti
Simone
9/5/2020 01:15:51 pm
Articolo interessante, chiaro e piacevole da leggere, complimenti!
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Diego
9/5/2020 04:25:43 pm
Grazie! Un articolo che "dà luce" a Caravaggio per una mostra che sicuramente è da non perdere!
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