di Sofia Sale
Klimt Experience è un percorso multimediale dedicato a Gustav Klimt, alla sua vita e alle sue opere: dopo essere stata presentata nel Complesso di Santo Stefano al Ponte a Firenze, esposta al MUDEC di Milano e alla Reggia di Caserta (dove si sono totalizzati oltre 270.000 visitatori complessivi), dal 10 febbraio al 10 giugno 2018 approda a Roma nella scenografica cornice della Sala delle Donne, presso il Complesso Monumentale di San Giovanni Addolorata. Prodotto ed organizzato da Crossmedia Group, l’evento espositivo è proposto in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera San Giovanni – Addolorata, con il patrocinio del Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo, del Comune di Roma, del Forum di Cultura Austriaco e con la partnership di Trenitalia. Il percorso, che ha una durata prevista di 85 minuti circa, parte da una sala introduttiva alla mostra: una sezione in cui la vita e la carriera artistica di Gustav Klimt vengono illustrate attraverso le immagini e i testi proposti da ben venti monitor all’interno della Sala Visual. L’esperienza prosegue nella Sala Immersiva, dove, con la regia di Stefano Formasi, prende l’avvio una narrazione per immagini e suoni su maxi schermi ad alta definizione sui quali scorrono le riproduzioni fedelissime delle principali opere dell’artista, selezionate dallo storico d’arte Sergio Risaliti. Attraverso, poi, la Sala degli Specchi in cui le figure si susseguono sulle pareti e sul pavimento, i visitatori sono invitati a fare l’esperienza della realtà 3D, grazie a un dispositivo appositamente sviluppato per Klimt Experience da Orwell Milano: si tratta di un game-puzzle che il giocatore, indossando gli occhiali Oculus Samsung Gear VR, può completare raccogliendo oggetti nel percorso virtuale all’interno dei quadri. Si giunge, infine, alla parte conclusiva dell’itinerario, dove sono esposti alcuni abiti realizzati sulla base dei disegni di Klimt. Come dichiara la presentazione che troviamo nel sito ufficiale della mostra, «Klimt Experience può in definitiva essere a pieno titolo considerato un format del tutto innovativo, che propone al visitatore un percorso che è un’immersione totale, senza soluzione di continuità, in un mondo simbolico, enigmatico e sensuale, dove si realizza il trionfo di un’arte senza confini: un tributo al grande maestro viennese nell’anno in cui si celebrano i cento anni dalla sua morte». TRAILER UFFICIALE: https://youtu.be/yuJ7jfJ6ASo Il direttore dell’Azienda ospedaliera San Giovani Addolorata che ospita l’iniziativa, la dottoressa Ilde Coiro ha confermato che la Klimt Experience servirà «a valorizzare il patrimonio artistico dell’ospedale: già da qualche anno abbiamo aperto a iniziative culturali le porte delle nostre sale», tanto più perché una simile iniziativa assicurerà al nosocomio alcuni importanti introiti che permetteranno di acquistare «macchinari per ridurre le liste di attesa». Così Francesco Picchio, il responsabile marketing di Orwell V: «[…] Punto forte è stato l’elemento game-entertainment; l’esperienza nell’arte di Klimt che abbiamo creato portava le persone a divertirsi e a giocare tramite una sorta di storia che si completava quadro dopo quadro. Quello che dobbiamo capire, nell’arte ma anche in altri settori, è che le persone vogliono divertirsi; noi in questo caso abbiamo offerto un punto di incontro tra il divertimento e la fruizione artistica […]. Specialmente in Italia, dobbiamo capire che l’arte e la cultura non possono essere un mercato autoreferenziale e bisogna trovare un po’ di pazienza nell’avvicinare persone che non sono abituate […]» Luisa Roncarolo di ‘’Italia con i bimbi’’: «Per fortuna la tecnologia ci viene in aiuto e da quando ci sono attrezzature multimediali come le audio-guide per bambini che li affascinano con storie e aneddoti, i laboratori che presentano l’arte sotto forma di gioco, le installazioni multimediali con i video e i percorsi interattivi è tutto più semplice e alla portata delle famiglie.’’ e ancora ‘’Sarà difficile portare vi i bambini da lì […]» Opinioni del pubblico (dal sito ufficiale): https://youtu.be/po_cIPuMAvo
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di Michela Cipriani
La Cappella Carafa, collocata nel lato destro della basilica di Santa Maria sopra Minerva, fu affrescata alla fine del 1400, sotto commissione del cardinale Oliviero Carafa e su consiglio di Lorenzo il Magnifico, da Filippino Lippi, un pittore italiano, figlio d’arte e allievo di Botticelli che nonostante la giovane età aveva già avuto modo di mettere in luce le sue grandi capacità. Questa cappella risulterà essere una delle più alte testimonianze dell'arte tardo-quattrocentesca a Roma tanto da non perdere di importanza nel corso dei secoli. La volta della cappella fu la prima ad essere affrescata. Fu divisa in quattro vele, raffiguranti altrettante Sibille e al centro di questa si trova lo stemma della famiglia Carafa, posto all’interno di un medaglione la cui decorazione si espande lungo i costoloni. (Img.1) La parete di fondo è decorata al centro con una finta pala d’altare rappresentante l’Annunciazione e tutto intorno invece predomina l’affresco dell’Assunzione. (img. 2-3) Importante da sottolineare è la storia dietro la decorazione della parete sinistra della cappella Carafa poiché in principio ospitava gli affreschi di Vizi e Virtù mentre oggi vi si trova il monumento a Papa Paolo IV Carafa. (Img.4) Gli affreschi precedenti furono completamente distrutti e sono noti solo oggi grazie a una descrizione del Vasari. Per quanto riguarda la parete destra essa presenta una decorazione architettonica simile a quella della parete centrale, ma è divisa da un fregio in un riquadro principale e in una lunetta. Essi rappresentano rispettivamente il San Tommaso in cattedra (o Disputa di san Tommaso) e il Miracolo del libro. (Img.5) Per via di una scarsa illuminazione e un cancelletto di protezione posto all'entrata della cappella è stato quasi sempre impossibile apprezzare da vicino i dettagli di questi affreschi. Le sorti dell'opera cambiano però a partire dal mese di marzo dell’anno 2008 quando il fisico e ricercatore presso l'ENEA di Frascati (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile) Giorgio Fornetti e il suo staff, con l'utilizzo di un laser scanner 3D, l'RGB-ITR (Red Green Blue – Imaging Topological Radar) (Img.6) sono stati in grado di acquisire le immagini a colori relative alla cappella per poi riprodurne una fedelissima rappresentazione tridimensionale. Il sistema in questione utilizza tre sorgenti laser di lunghezza d'onda differenti e corrispondenti ai tre colori primari, rosso blu e verde, combinate a formare un singolo fascio che verrà mosso sulla superficie da analizzare, modulato ad altissima frequenza. I dati raccolti saranno poi trasferiti ad un computer per l'elaborazione virtuale. (1) Precedentemente questa tecnologia era usata per controllare lo stato delle strutture all’interno dei reattori nucleari a fusione e solo oggi trova applicazione nelle procedure diagnostiche volte al restauro nel campo della conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali. Attraverso quest’ultimo utilizzo infatti è possibile monitorare le opere d’arte ed intervenire con tempestività sui danni del tempo e dell’inquinamento come, ad esempio, i rigonfiamenti sub-millimetrici. (2) (3) L'utilizzo di queste apparecchiature non è affatto invasivo come si potrebbe pensare. Lo stesso Fornetti, durante un'intervista, ha affermato che i visitatori hanno avuto la possibilità di accedere normalmente per tutta la durata dell'intervento, dal momento che l'applicazione della tecnologia non richiede, come gli interventi convenzionali, il ricorso a ingombrati impalcature e numerosi operatori. (4) Per la riproduzione tridimensionale della Cappella Carafa sono state eseguite sei scansioni per un totale di 120 ore di acquisizione e il meraviglioso e dettagliato risultato è rimasto esposto per circa quattro mesi, insieme ad altre 170 opere, nella mostra dedicata al Quattrocento romano prodotta e organizzata dalla Fondazione Roma in collaborazione con Arthemisia: “Il Quattrocento a Roma. La Rinascita delle Arti da Donatello a Perugino”. (Img. 7-8-9-10) La mostra è stata ospitata dal Museo del Corso a Roma che ha messo a disposizione una postazione dotata di computer e di uno schermo per la visione 3D mediante appositi occhiali. In questo modo i visitatori hanno avuto l’opportunità di fruire interattivamente di una visione tridimensionale nitida e ravvicinata degli affreschi del Filippino Lippi. Nella sua totalità la mostra prodotto razioni di notevole interesse sui media nazionali e negli spettatori. A tal proposito è possibile evidenziare l’opinione del professore Marco Bussagli dell'accademia delle Belle Arti di Roma, suggeritore dell'iniziativa della scansione e curatore della mostra, riguardo la tecnologia applicata all’arte. Egli in una intervista doppia svolta insieme a Cecilia Frosinini, direttrice del Settore restauro pitture murali dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, tramite la rivista ‘’Punto & Contropunto’’, afferma ‘’ [...] l’ampia offerta delle attuali tecnologie permette un’acquisizione duratura del bene […] Al di là di questo impiego, per così dire estremo però, i dati acquisiti consentiranno di migliorare enormemente le conoscenze dell’opera, con la possibilità di memorizzarle con modalità immediatamente fruibili. I vantaggi per i beni culturali sono indubbi e tali da consentire uno studio accurato del bene sull’immagine virtuale, altrimenti impossibile se non sull’originale.’’ (5) Un ulteriore riscontro positivo a riguardo lo ritroviamo anche nelle parole del Presidente della Fondazione Roma, Emanuele F. M. Emanuele, che riferendosi alla mostra e più nello specifico all’utilizzo dell’ RGB-ITR si esprimerà dicendo: ‘’ questo strumento così intelligentemente utilizzato, con questa capacità di far vedere la bellezza in tutti i suoi dettagli e di ricostruirla, è un elemento che secondo me va al di là di quello che ci si prefigge nel campo specifico cioè uno strumento di cognizione. un'opera di grande dimensione culturale e pedagogica che permette sinceramente di capire meglio le cose che, a volte, con la semplice visione istantanea non si riescono a vedere e a capire ‘’. (6) Ci troviamo di fronte a due mondi differenti, quelli di tecnologia e arte, che comunque interagiscono e dialogano tra di loro e nonostante molti continuino a prediligere l'arte in loco rispetto una riproduzione non si può che guardare con ammirazione questo processo evolutivo tecnologico. SITOGRAFIA:
di Sara Bello
Dal 7 marzo al 26 maggio 2015 a Brescia, nella Galleria Paci Contemporary, si è svolta la mostra fotografica Unpublished Works dell’artista Sandy Skoglund, considerata tra i pionieri della Staged Photography. L’espressione Staged Photography indica quella prassi in voga almeno dalla metà del secolo scorso che consiste nel preparare ed allestire una scena allo scopo di fotografarla. La mostra presentava il ciclo di dodici lavori appartenenti alla serie Reflections in a Mobile Home del 1977, che era dedicata agli interni e alla vita quotidiana dentro una roulotte americana degli anni Settanta. In occasione di tale evento è stata presentata l’istallazione dal titolo The Grey Foxes, già esposta al Center Pompidou di Parigi come parte di una mostra collettiva dal titolo L’inventiond’un Art, ed ora entrata a far parte della collazione permanente del Museo di Denver. La scena di The Grey Foxes è ambientata in un ristorante dalle pareti rosse, invaso da una grande quantità di volpi che si muovono indisturbate in uno spazio che solitamente dovrebbe trovarsi affollato di figure umane. I lavori fotografici di Sandy Skoglund non sono manipolati con Photoshop: le scene e le ambientazioni che vengono preparate, per quanto esse appaiano irreali e fantasiose, sono state realmente allestite nel corso di un minuziosissimo lavoro che può richiedere un intero anno. L’artista vi realizza ogni singolo particolare, curando ogni singolo elemento, ogni minimo oggetto come si trattasse di una piccola opera d’arte. Una volta ultimati gli ultimi dettagli della scenografia, Sandy Skoglund vi inserisce le sue sculture, realizzate da lei stessa e dai suoi collaboratori in terracotta e resina dipinta. L’attenzione è focalizzata sugli interni e sui dettatagli dell'arredamento dove tutto appare immerso in una dimensione fiabesca, di sogno. Ma tra i temi delle sue opere si trovano anche paesaggi, stanze, giardini, strade dove quello che salta alla vista sono gli uomini le donne che sembrano restare indifferenti di fronte a certi strambi gatti verdi e ai pesci che volano per la stanza. I colori sono sempre molto vivaci, inverosimili, a volte marcati, come negli slogan e nelle pubblicità. Dopo aver allestito il set e messo in posa i vari personaggi la Skoglund utilizza la macchina fotografica come atto finale, per fissare lo sguardo su di un mondo unico. Alcune delle fotografie della Skoglund sono state utilizzate come copertine di libri, come nel caso, ad esempio, dell'edizione italiana, per i tipi di Bompiani, del recente romanzo Sottomissione di Michel Houllebecq, che uscì in concomitanza dell’attentato alla sede editoriale di Charlie Hebdo: romanzo ambientato nella Francia del 2022, in un scenario inquietante di pressoché completa islamizzazione della politica e della società francese. Sulla copertina completamente rossa, le volpi della Skoglund si moltiplicano prepotentemente e invadono lo spazio, come se fossero prodotte, in modo inarrestabile, da una moderna stampante tridimensionale. Sitografia : http://www.pacicontemporary.com http://www.arte.it https://www.vanillamagazine.it http://www.chebello.info http://www.exibart.com https://www.ilpost.it http://www.huffingtonpost.it https://www.luukmagazine.com http://espresso.repubblica.it http://bresciagiovani.it http://brescia.corriere.it romanzo: https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/charlie-hebdo-sottomissione-michel-houellebecq-lultima-copertina/1321176/ Crediti fotografici: http://www.pacicontemporary.com |
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