di Camilla De Acutis Nel settembre del 1940, un giovane di nome Marcel Ravidat scoprì una cavità nella collina di Lascaux. Quattro giorni dopo, accompagnato da alcuni amici, si addentrava nella grotta, e così si scoprirono le famosissime pitture rupestri. Maurice Thaon, professore del Collège de France ed esperto d’arte parietale, eseguì i primi disegni e schizzi delle pareti affrescate. Gli affreschi della grotta, realizzati con colori naturali applicati con le dita, datano a 17 mila anni fa e riproducono complessivamente 600 animali, di cui 355 cavalli, un centinaio di bovini tra bisonti e i vitelli uri, 90 cervidi, 35 stambecchi, alcuni felini, un orso e una renna. La grotta di Lascaux fu aperta al pubblico nel 1948; fin dai primi anni, essa attirò un grandissimo numero di visitatori. Tuttavia, a causa del grande afflusso, l’anidride carbonica emessa dagli stessi visitatori cominciò a danneggiare le pareti rupestri. Dunque, per salvaguardare e preservarne le pitture, André Malraux, allora Ministro della Cultura, ne decise la chiusura il 18 aprile del 1963. La grotta di Lascaux, denominata la “Cappella Sistina della preistoria”, fu riconosciuta Patrimonio Unesco nel 1979. In seguito alla chiusura nacque l’idea di realizzare una riproduzione identica all’originale ad un centinaio di metri dalla vera, e così, nel 1983, Lascaux II venne aperta al pubblico e fu la prima riproduzione al mondo di una grotta. Lascaux II. Fu dunque realizzata dal Centro internazionale dell'arte parietale una riproduzione di quasi tutta la grotta di Lascaux dove sono riproposti il 90% dei dipinti originali e le due gallerie più celebri del sito: la “Sala dei Tori” e il “Diverticolo Assiale”. Questa replica venne costruita sulla stessa collina della grotta originale, a pochi metri di distanza. Fin dalla sua apertura, Lascaux II ha ricevuto più di 10 milioni di visitatori. Lascaux III. Poiché Lascaux II riproduce solamente due delle gallerie della grotta originale, nel 2012 si decise di riprodurre altre cinque parti della grotta che da allora vengono esposte in occasione di mostre itineranti, presso i musei di tutto il mondo. La prima tappa fu a Bordeaux nell’ottobre del 2012. Nel marzo del 2013 fu la volta del Museo di Storia Naturale di Chicago. Quindi: Montréal, Bruxelles, Parigi, Genova, Corea del sud, Tokyo, Fukuoka. Si dice che la mostra itinerante non ritornerà in Francia prima del 2020. Lascaux IV. Il progetto Lascaux IV è consistito nel realizzare un'immensa replica di 900 metri quadri della grotta conosciuta come la “Sistina della Preistoria”, che fu aperta al pubblico il 10 dicembre del 2017. Si tratta di un museo che raccoglie i visitatori in un'esperienza formativa ed espone le pitture rupestri di Lascaux. L'architettura è stata concepita come una rivisitazione contemporanea della grotta e ed è stata realizzata da Snøhetta e SRA, insieme alla scenografa Casson Mann e un team di archeologi. Il percorso di visita dura circa due ore e mezza, e si viene accompagnati da un mediatore che all’arrivo consegna dei tablet interattivi: si giunge al Belvedere dove il pubblico, attraverso un particolare procedimento immersivo, prima viene proiettato, per così dire, nel paesaggio di Lascaux di 20 000 anni fa. Viene poi mostrato lo stesso paesaggio com'era nel 1940, anno in cui fu scoperta la grotta; quindi i visitatori entrano nella grotta dove è stata persino ricreata la stessa atmosfera umida della grotta originale, insieme al buio e ai suoni ovattati. La riproduzione dei dipinti è stata curata da “Perigord Facsimile Studio”, da “Artistic Concrete Atelier” e, infine, Dal laboratorio specializzato di Madrid, “Factum Arte”, diretto da Adam Lowe. Nel Teatro dell'Arte Parietale, grazie a due schermi giganti e degli occhiali 3D, si osserva un film diviso in tre atti in cui viene esplorata la grotta nei minimi dettagli e vengono confrontate le pitture rupestri con i capolavori dell'arte parietale. Sitografia:
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di Carlo Dell'Erba Nell’ambito della Biennale di Venezia del 2015, aperta al pubblico dal 9 maggio al 22 novembre, la mostra “Codice Italia” era ospitata all’interno del padiglione italiano, allestita da Giovanni Francesco Frascino, per quanto riguardava il progetto espositivo, e curata da Vincenzo Trione, docente universitario, collaboratore del “Corriere della Sera” e curatore di numerose mostre in musei italiani e stranieri. Sono stati invitati a esporre artisti diversi, accomunati dall’idea di rivolgere attraverso le loro opere e usando linguaggi diversi – pittura, scultura, disegno, fotografia, video, performance, cinema – uno sguardo sui momenti diversi della storia dell’arte italiana. Scriveva il curatore: “Pur seguendo strade differenti, gli artisti di Codice Italia vogliono reinventare i media e, insieme, frequentano in maniera problematica materiali iconografici e culturali già esistenti. Anche se in sintonia con gli esisti più audaci della ricerca artistica internazionale, si sottraggono alla dittatura del presente. Codice Italia vuole riattraversare significative regioni dell’arte italiana di oggi, facendo affiorare alcune costanti: assonanze poco manifeste, corrispondenze inattese, ripercorre rilevanti esperienze poetiche contemporanee, con l’intento di delineare i contorni di quella che, al di là di tante oscillazioni rimane l’identità italiana”. Insieme ai quindici artisti italiani, Trione ha chiamato a esporre le loro opere e a rendere omaggio al nostro Paese anche tre importanti artisti stranieri: il francese Jean-Marie Straub, il sudafricano William Kentridge e il gallese Peter Greenaway. Quest’ultimo parallelamente all’attività di regista cinematografico, iniziava sin dagli anni Novanta ad esporre soprattutto installazioni multimediali in numerose città europee. La sua arte, così come testimoniano i suoi film, è caratterizzata da un forte impatto visivo e da tematiche estreme come la sessualità e la morte: è l’arte stessa, intesa come strumento per interpretare la realtà, a diventare oggetto di riflessione alla base dei suoi lavori. Per quanto riguarda la pittura Greenaway è attratto specialmente dal Manierismo e dal Barocco, ritenendoli epoche molto affini alla nostra, in particolar modo perché in età manieristica e in età barocca non si fece altro che rielaborare spunti e motivi provenienti da età precedenti, come quella antica e quella rinascimentale. Greenaway è attratto soprattutto dalle opere di Bronzino, Veronese, Tiepolo. Il suo interesse per la storia della pittura si concretizza nel suo linguaggio cinematografico, a partire dalle singole inquadrature dei suoi film: queste sono realizzate come opere pittoriche, sia che si tratti di sceneggiature semplici e spoglie, sia che, al contrario, si tratti di scenari ridondanti e barocchi. L'obiettivo del regista non è quello di impressionare o emozionare lo spettatore con l'intreccio narrativo o con la spettacolarità dei suoi film, quanto quello di privilegiarne l'impatto visivo. Il suo desiderio è quello di far immergere chi osserva dentro il suo universo simbolico di forme, di sommergerlo con una serie infinita di dettagli e indizi, disseminati lungo tutte le sue inquadrature e facendo in modo che da ogni particolare sia possibile sempre dedurre nuove aperture e suggestioni. Greenaway, come Kentridge e Straub non fa altro che proporre una personale interpretazione del passato attraverso l’utilizzo di strumenti nuovi ed innovativi. Così a Venezia, nel 2015, Greenaway ha voluto proporre un vero e proprio viaggio attraverso la storia della pittura, dagli affreschi di Pompei ai dipinti di Morandi, passando per Leonardo, Raffaello e Michelangelo: il regista ha estratto una serie di "tasselli visivi" (libri, mani, sangue, occhi) per ricomporli inesieme mettendoli in dialogo tra loro. A proposito di questa installazione multimediale, Greenaway ha spiegato, in una sua intervista (https://www.youtube.com/watch?v=NKRTMKB2ijw) la sua idea di arte e, in particolare, il suo rapporto con l’Italia. di Eliana Famà Dal 1563 al 1797 le Nozze di Cana di Paolo Veronese avevano ornato la parete di fondo del palladiano refettorio di San Giorgio Maggiore a Venezia, prima di essere ‘trafugate’ dalle truppe napoleoniche e portate a Parigi, dove si trovano ancora oggi, al Museo del Louvre. A seguito della decisione di Pasquale Gagliardi, che dal gennaio 2002 ricopre la carica di Segretario Generale della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, in collaborazione con l’architetto Michele De Lucchi, la Factum Arte di Madrid è stata incaricata di realizzare un facsimile dell’opera da poter posizionare sulla stessa parete dove si era trovato l’originale (dove, dal 1815, si trovava collocato, per iniziativa di Antonio Canova, Il convito in casa di Simone di Charles Le Brun, e dove, nel 2005, si era provato già a proiettare una riproduzione digitale del dipinto originario). Factum Arte è una società che nasce a Madrid nel 2001 ad opera dell’artista inglese Adam Lowe. Essa si propone di unire nuove tecnologie e abilità artigianali in funzione della realizzazione di riproduzioni di opere d’arte antiche in scala di 1: 1. Contrariamente alle aspettative, la creazione di questi facsimili e la loro esposizione, che sono state accolte molto favorevolmente dal grande pubblico e dalla stampa, hanno suscitato un ampio dibattito riguardo a diversi argomenti, tra cui quello della moderna nozione di ‘copia’. Nel 2006 il Louvre ha garantito a Factum Arte l’accesso alla Nozze di Cana”, a patto che venissero rispettate alcune condizioni: non toccare il dipinto, non usare nessuna luce esterna o impalcatura, effettuare il lavoro solo nelle ore di chiusura. Factum Arte ha dunque ideato un sistema di scansione a colori no-contact, che utilizza luci e led integrati; lo scanner viene montato su un'asta telescopica che raggiunge gli 8 m di altezza e rimane ad 8 cm dal dipinto. I led generano una minima quantità di calore e non contengono raggi ultravioletti; le fotografie vengono realizzate con l'asta telescopica e sfruttano la luce naturale della sala. La parte inferiore del dipinto è stata scansionata con uno scanner realizzato da Nub 3D in Spagna. Factum arte è stata in grado di riprodurre, attraverso le più sofisticate tecniche di riproduzione, tutte le caratteristiche fisiche dell’originale, persino le imperfezioni della tela di supporto e i segni dell’usura del tempo. Non solo: grazie ad un lavoro di minuziosa ricostruzione filologica e restauro virtuale, è stato possibile evidenziare ciò che i rimaneggiamenti novecenteschi del dipinto avevano coperto. La digitalizzazione dell'originale è avvenuta tra novembre e dicembre 2006, mentre tutte le fasi della riproduzione del grande telero hanno avuto luogo all’interno dei laboratori di Factum Arte a Madrid tra gennaio ed agosto 2007. L’11 settembre 2007, dopo 210 anni di assenza, le Nozze di Cana di Paolo Veronese ‘sono tornate’ nella loro sede originaria nel Cenacolo Palladiano dell’isola di San Giorgio Maggiore e rese visibili al pubblico nel corso dell’inaugurazione della mostra Il miracolo di Cana: l’originalità della ri-produzione (rimasta aperta al pubblico fino al 16 dicembre 2007). Il progetto, in collaborazione con il Musée du Louvre di Parigi, è stato realizzato grazie al sostegno di Enel, Consorzio Venezia Nuova, Fondazione Banco di Sicilia, San Pellegrino e Casinò di Venezia. Nell’introduzione al catalogo della mostra Giuseppe Pavanello e Pasquale Gagliardi oltre a ribadire l’intenzione principale di questa iniziativa, ovvero quella di risarcire l’ambiente palladiano del dipinto che era stato sottratto nel 1797, si chiesero se un simile intervento potesse considerararsi falsificazione o restauro. Le opere d’arte non sono eterne: la tecnologia digitale contribuirà a preservarne il ricordo. La mostra del 2007 si divideva in due sezioni principali. La prima sezione, curata da Factum Arte, illustrava e ripercorreva tutte le diverse fasi di creazione del facsimile attraverso videoproiezioni, immagini, pannelli informativi e mediante l’esposizione di alcuni degli strumenti e dei più importanti materiali utilizzati per la creazione del facsimile. La seconda ripercorreva storia e fortuna del dipinto di Veronese attraverso l’esposizione di una notevole documentazione letteraria e visiva, costituita da antichi testi a stampa e da una serie di copie e derivazioni de Le Nozze di Cana. Questa sezione della mostra, sul tema dei facsimili – Originality through (digital) reproduction, a cura di Bruno Latour e Adam Lowe, organizzata da Factum Arte in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini – avrebbe fatto il giro del mondo. Nell'estate 2009 il facsimile diventava parte di un'esibizione multimediale ideata da Peter Greenaway. Molti si sono espressi riguardo questo progetto di Factum Arte. Jean Clair nel suo “L'inverno della cultura” si mostrava favorevole: “L'esempio della replica delle Nozze di Cana a Venezia porta a uno strano rovesciamento delle idee di Benjamin: è la riproduzione che, grazie alla perfezione tecnica, restituisce all'immagine deteriorata e snaturata, dopo la sua relegazione sulle pareti di un museo, un'aura nel luogo stesso dove e per il quale era stata concepita. [...] Walter Benjamin sembra essersi dimenticato che prima del romanticismo, e per secoli, l'idea di originale e la pratica della firma erano cose che nemmeno sfioravano la mente. Dopotutto, l'arte grafica, le stampe, le incisioni, di Durer e tanti altri, erano tecniche di riproduzione” (Jean Clair, L'inverno della cultura, Skira editore, Milano, 2011) Pierluigi Panza ne Il corriere della Sera scriveva: “Il Veronese riprodotto, una svolta per l'arte" La Repubblica ha dedicato un articolo alla mostra intitolandolo “Le false Nozze di Cana belle come l'originale” in cui riportava commenti positivi di storici dell’arte come Salvatore Settis che diceva: «Impressionante, l'impatto è straordinario, sin dalla soglia monumentale di accesso alla sala. È stato fatto un lavoro complesso con una tecnica mista digitale ma anche manuale, e il facsimile restituisce al luogo la sua completezza, ricreando un'unità che in qualche modo ricorda il suo stato originale. È una approssimazione molto interessante, anche se bisogna ricordarsi che non è l'originale». Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione Giorgio Cini, in apertura del catalogo della mostra dedicata al ritorno del telero ricorda che «il sentimento di perdita causato dalla rimozione del celebre dipinto è qualcosa che può pienamente comprendere solo chi si è trovato a sostare di fronte alla parete del Cenacolo palladiano orfana del suo capolavoro”. Nel medesimo articolo troviamo che l’opera commissionata da Lowe pare sia costata attorno ai 100 mila euro. A livello internazionale altri giornali si sono pronunciati riguardo al progetto. Per esempio The Times (15/11/2007): «Digital miracle restores water and wine masterpiece to monastery» («Il miracolo digitale restituisce il capolavoro dell’acqua e del vino al refettorio»). Oppure El País (15/11/2007): «El milagro de la reproducción. Venecia vuelve a poseer "Las bodas de Caná", de Veronés, gracias a la tecnología digital» («Il miracolo della riproduzione. Venezia recupera le “nozze di Cana" di Veronese grazie alla tecnologia digitale»). The Guardian (15/11/2007): «As the Italian government steps up its battle to win back looted antiquities from museums around the world, a Venice cultural foundation has chosen an alternative and high-technology path to retrieving a lost 16th-century masterpiece with the help of a British artist and some cutting-edge scanning equipment» («Come il governo italiano intensifica la sua battaglia per riconquistare antichità saccheggiate dai musei in tutto il mondo, così una fondazione culturale a Venezia ha scelto un percorso alternativo e tecnologico per recuperare un capolavoro perduto del XVI secolo con l'aiuto di un artista britannico e alcune attrezzature di scansione all’avanguardia»). Oppure, ancora, The New York Times (29/11/2007): «The facsimile, by the Madrid enterprise Factum Arte, is a stunningly accurate replica of the 732-square-foot canvas. Details are reproduced down to the most minute topography, including the raised seams rejoining the panels that Napoleon's troops cut the painting into when they transported it to France in 1797» («Il facsimile, dell’impresa madrilena Factum arte, è una replica incredibilmente accurata della tela di 732 quadrati. I dettagli sono riprodotti fino alla più minuta topografia, comprese le cuciture rialzate che ricongiungono i pannelli in cui le truppe di Napoleone avevano ridotto il dipinto quando l'avevano trasportato in Francia nel 1797»). Sitgrafia: http://www.factum-arte.com/pag/38/-p-A-facsimile-of-the-Wedding-at-Cana-by-Paolo-Veronese--p- http://www.cini.it/events/il-miracolo-di-cana-loriginalita-della-ri-produzione-it https://www.youtube.com/watch?v=zCWY6tMAzl4 http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/09/14/le-false-nozze-di-cana-belle-come.html?refresh_ce di Sara Serpilli Dal 3 dicembre al 21 aprile 2014 il convento di San Domenico Maggiore a Napoli ha aperto le porte a Una mostra impossibile. L’opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità, ideata da Renato Parascandolo, sotto la direzione scientifica di Ferdinando Bologna, e curata da Pina Capobianco. Bisogna premettere che l’idea delle ‘mostre impossibili’ riscuote grande successo già a partire dal 2003: all’inizio di quest’anno vengono, infatti, realizzate due mostre molto suggestive dedicate a Caravaggio e intitolate rispettivamente Bacco di Caravaggio a Capodimonte e Tutta l’opera del Caravaggio: la prima ha ospitato tre capolavori giovanili dell'artista lombardo nel Museo di Capodimonte (il ‘Bacco’ degli Uffizi, il ‘Bacchino malato’ della Galleria Borghese di Roma e il ‘Ragazzo morso da un ramarro’), la seconda a Castel Sant’Elmo, realizzata grazie ad una collaborazione tra Rai e Regione Campania, ha permesso di ammirare sia opere sicure che di dubbia attribuzione dell’artista, attraverso un processo di stampa digitale su diapositive ed in scala reale. A rendere 'possibile', invece, la mostra in questione a San Domenico Maggiore, nel luogo in cui insegnò Tommaso Campanella e soggiornò Giordano Bruno, è stata la sofisticata tecnologia di pannelli retroilluminati in scala 1:1 ad altissima risoluzione, i quali hanno permesso non solo di apprezzare le copie di 117 dipinti e affreschi, amplificandone la percezione, ma di incrementare sostanzialmente i vantaggi in termini di divulgazione di una mostra che, come ha affermato il sindaco di Napoli De Magistris, 'mette insieme la storia, le nuove tecnologie, la conoscenza e la didattica'. La mostra, che nel titolo cita un libro ben noto di Walter Benjamin, ha proposto una generosa selezione di opere su pannelli in tre nuclei indipendenti, dedicati rispettivamente a Leonardo, Raffaello e Caravaggio, non connessi tra di loro ma ordinati secondo un criterio strettamente cronologico e dalla sezione meno consistente alla sezione più vasta. Ad accogliere il visitatore nella prima sala era la celebre 'Annunciazione' di Leonardo, seguita da 16 dipinti tra cui 'La Vergine delle Rocce' fino ad arrivare al capolavoro de 'L'ultima cena’, la seconda sala è consacrata poi a Raffaello, nella quale troviamo, ad esempio, la 'Scuola di Atene' in cui Platone e Aristotele campeggiano la scena e la 'Madonna della seggiola' capolavoro del Rinascimento, a chiudere il cerchio, vi sono i capolavori di Caravaggio che rappresentano la parte più consistente dell'esposizione, 63 opere disposte in tre sale che testimoniano la grande rivoluzione operata dalla sua pittura, e, come si evince dal comunicato stampa, 'essa realizza una mostra dell’opera del Caravaggio senza precedenti; e non solo perché è molto più comprensiva di quanto non riuscirono a essere tutte le altre mostre organizzate durante l’ultimo mezzo secolo, a incominciare da quella foltissima e giustamente celebre del 1951 a Milano, bensì perché, a causa dei proibitivi impedimenti derivanti da ragioni diverse e intrecciate, quali lo stato di conservazione, la saldezza dei supporti, l’ampiezza delle dimensioni, la difficoltà della rimozione e i rischi del trasporto, una mostra di altrettante opere originali del Caravaggio era e resta impossibile in assoluto'. Si è parlato di mostra 'impossibile' perché sono sempre maggiori le difficoltà di ottenere in prestito capolavori per allestire mostre temporanee e perché si è trattato di un'esperienza unica che ha unito una gran quantità opere mai state visibili tutt'insieme (gli originali dei dipinti in questione sono, infatti, disseminati tra chiese e musei di tutto il mondo), perciò il convento ha promosso un'occasione unica di confronto tra le opere, impossibile da realizzarsi altrimenti se non a distanza di molto tempo (quello impiegato, ad esempio, per un viaggio da Roma a Malta dove l'idea di Parascandolo è approdata). Così Parascandolo: "con le 'mostre impossibili' si è consentito a un vastissimo pubblico di ammirare opere d’arte che finora potevano essere viste soltanto sul posto o che – tutt’al più – potevano essere intraviste in riproduzioni di piccolo formato: cataloghi, immagini a bassa qualità presenti sul web, poster e documentari televisivi". L'intenzione della mostra riflette, in particolare, un'esigenza degli ultimi dieci anni, cioè quella di utilizzare la tecnologia come mezzo per la diffusione e la conoscenza delle opere d'arte, anche tra i non specialisti, grazie al supporto del Ministero dei Beni culturali, intenzione apprezzata da diversi storici dell'arte, tra cui Claudio Strinati, Nicola Spinosa, Denis Mahon, Maurizio Calvesi, che a questo proposito, sottolinea: “L’effetto delle riproduzioni di questa mostra impossibile è di straordinaria drammaticità. Per esempio, fa quasi rabbrividire il corpo del San Giovanni caduto a terra, mentre dal collo sgorga il sangue nel cui rosso il Caravaggio ha apposto la propria firma: un particolare che si può quasi toccare con mano nella riproduzione, mentre nell’originale non sarebbe possibile avvicinarsi tanto". Walter Benjamin ne L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, famosissimo saggio citato appunto nel titolo della mostra, ragiona proprio sull’ ‘aura’ di un lavoro artistico che viene svalutata dalla sua riproduzione meccanica: nessuna riproduzione, se pur di alto livello, potrà mai eguagliare l'emozione che si prova davanti all'originale di un capolavoro con le increspature visibili della tela, tuttavia, la crisi attraversata nell'ultimo decennio dalle strutture museali, ha reso sempre di più necessaria un'apertura nei confronti della digitalizzazione, che alcuni storici dell'arte continuano a non apprezzare, basti citare il libretto Contro le mostre di Trione e Montanari che parlano addirittura di "un virus pericoloso", ma che al contrario soprattutto i giovani dimostrano di accogliere positivamente, giovani futuri storici dell'arte che si recheranno nei musei per vedere i quadri veri, magari della stessa Napoli! "Eccezionali le opere esposte e super il luogo scelto per l'esposizione", "Bella rappresentazione dei capolavori di questi artisti! Ci ho voluto portare le mie figlie e devo dire che ne è valsa la pena", "La visita dura più o meno un'ora e mezza, se si vogliono leggere le singole spiegazioni, poste al lato di ogni singola opera": sono solo alcuni dei commenti dei 50.000 visitatori, tra italiani e stranieri, che hanno potuto assistere a questo evento eccezionale, i cui punti di forza sono stati: il biglietto d'entrata dal costo ridotto di 5 euro, integrato alla visita delle principali strutture museali del centro antico, il luogo prescelto e la chiarezza delle informazioni fornite a supporto della lettura delle opere, unitamente alle audioguide a disposizione da utilizzare durante il percorso espositivo. LINK UTILIZZATI : - http://www.arte.rai.it/articoli/117-capolavori-riuniti-in-una-mostra-impossibile/24077/default.aspx -http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/napoli/2013/12/03/Mostra-impossibile-e-anche-Leonardo_9720817.html - http://www.europinione.it/leonardo-raffaello-e-caravaggio-una-mostra-impossibile/ - https://www.arte.it/calendario-arte/napoli/mostra-una-mostra-impossibile-6072 - http://mostreimpossibili.it/ - https://www.tvdaily.it/arte-cultura/napoli-leonardo-raffaello-e-caravaggio-per-una-mostra-impossibile.php di Giulia Baiocchi Il centro di ricerca italiano ENEA - Agenzia nazionale per l’energia alternativa e lo sviluppo sostenibile - in occasione della mostra tenutasi nel 2012 in Castel Sant’Angelo su «La favola di Amore e Psiche. Il mito nell’arte dall’antichità a Canova», ha presentato in mostra, attraverso un apposito schermo 3d, una riproduzione digitale altamente sofisticata della loggia di Amore e Psiche di Raffaello nella villa Farnesina a Roma. Tale riproduzione è stata realizzata utilizzando uno strumento unico al mondo, un radar topologico costruito nei laboratori ENEA di Frascati da Giorgio Fornetti e dal suo gruppo di lavoro. Questo strumento permette di scansionare grandi superfici di opere d’arte, anche se situate ad altezze elevate, restituendone una riproduzione in 3D. SITOGRAFIA http://www.enea.it/it/seguici/news/la-loggia-di-amore-e-psiche-scansionata-con-il-radar-topologico-enea-e-riprodotta-in-3d http://www.enea.it/it/seguici/events/la-favola-di-amore-e-psiche.-il-mito-nellarte-dallantichita-al-canova http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html_998339409.html di Chiara Ricci Dal 19/10/2017 al 03/06/2018 al complesso del Vittoriano, aula Brasini, è possibile ammirare sessanta opere di Claude Monet, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi. Come dichiara la curatrice Marianne Mathieu, la scelta delle opere rendono l’esposizione un evento unico in quanto si tratta degli stessi dipinti che Monet aveva conservato per tutta la vita nella sua casa a Giverny, in Francia, le opere a cui l’artista era più legato, che dunque rivelano la sua anima più profonda. Il percorso espositivo inizia con video e pannelli luminosi sui quali vengono proiettati i capolavori dell’artista. Le sue opere si snodano poi in sette sezioni che mostrano al pubblico l’evoluzione e la varietà dei soggetti dei suoi dipinti: dalle caricature (che contano tra le sue prime opere, risalenti agli anni 50 dell’ottocento) ai paesaggi rurali e urbani, ai viaggi, ai ritratti dei suoi figli, alle rappresentazioni delle sue dimore e infine ai fiori del suo giardino (tra cui le famosissime ninfee). La mostra intende infatti far luce sulle diverse fasi della carriera del pittore, allo scopo di indagare la sua persona e di ampliare la sua conoscenza oltre il periodo più famoso, quello impressionista. Già Artribune, in un articolo datato 21/05/2017, prospettava che la mostra sarebbe stata uno degli eventi artistici più interessanti dell’anno in quanto le prenotazioni dei biglietti erano già partite sei mesi prima dall’apertura dell’evento, tanto che la piattaforma web non esitò a comparare l’artista ad una “rockstar”. Il successo è stato poi ulteriormente confermato dalla proroga dell’esposizione: ancora oggi sull’homepage del Vittoriano si legge “A grande richiesta prorogata fino al 3 giugno”. Il forte interesse che si riscontra nei confronti dell’artista nasce forse proprio da quell’aura dolce e romantica che il pittore riuscì a trasferire nelle sue opere, nei suoi fiori come nei ritratti dei bambini, “bellezze senza fine”, come Romatoday le ha definite o anche, come afferma Fermata Spettacolo, “paradiso per gli occhi e magie senza tempo”. Benché far entrare le opere di Monet a Roma sia stata una grande occasione per tutti coloro che non le avevano mai viste prima, bisogna tuttavia osservare, a dispetto di tutte le operazion di marketing, che la mostra non è stata una grande novità in quanto, appunto, le opere si possono da sempre vedere al Musèe Marmottan di Parigi. Tuttavia all’evento si lega una speciale iniziativa curata da Sky arte HD: grazie ad un progetto d’eccezione, per la prima volta al pubblico è stata restituita “Water lilies”, opera di Monet del 1914 danneggiata gravemente in un incendio e rimessa in luce da Factum Arte in collaborazione con Sky arte HD: si tratta dell’unico elemento veramente inedito della mostra, esposto a fine percorso. La storia della sua ri–materializzazione è stata oggetto di un documentario targato Sky Arts–production Hub, inserito nella serie intitolata “Il mistero dei capolavori perduti”, che comprende sette documentari ciascuno dei quali dedicato ad un’opera segnata da un tragico destino. Il 15 Aprile 1958 infatti, al secondo piano del Moma di New York, alcuni operai stavano lavorando per sostituire l’impianto dell’aria condizionata. Per motivi di sicurezza, fortunatamente, molte opere vennero rimosse e rimasero in galleria solo le più grandi. Durante la pausa pranzo, uno dei lavoratori accese una sigaretta e fece cadere sbadatamente della cenere calda sulla segatura. Ne seguì un violentissimo incendio. Quando i pompieri spensero il fuoco trovarono un lavoratore morto, alcuni feriti e otto dipinti erano stati colpiti: tra questi dipinti ce ne erano due di Monet della collezione “water lilies” (le ninfee); la tela più grande era completamente distrutta, l’altra invece era irriconoscibile. Per il progetto Roberto Pisoni, amministratore delegato di Sky arte, ha dichiarato: “il nostro scopo è quello di suscitare una discussione sull’uso della tecnologia al fine di preservare, restaurare e ricostruire i capolavori durante incendi, furti e simili”. Factum Arte infatti è un’organizzazione specializzata nella conservazione e ricostruzione di opere d’arte usando mezzi all’avanguardia. LA RINASCITA DI WATER LILIES
Per accertarsi dei dati ottenuti con la fotogrammetria si passa poi a registrare la superficie anche con uno scanner laser (Factum’s 3D Lucida laser scanner) che cattura ogni rilievo della tela e trasforma le informazioni ottenute in un modello 3D. I dati acquisiti finora permettono una ricostruzione digitale del quadro.
Dalla stampa è stato possibile creare un calco in silicone e, grazie ad esso, con una colata di gesso, si è ricreata la superficie della tela danneggiata. Il calco in gesso è stato usato come base per il restauro: le crepe sono state livellate, i buchi lasciati dall’incendio sono stati riempiti e infine sono state reintrodotte le parti mancanti sotto i nastri conservativi, il tutto completato a mano dal laboratorio di scultura Factum Arte. Dopo aver ri–creato dal calco in gesso modificato a mano un secondo modello in silicone col proprio calco in gesso, quest’ultimo è stato fatto aderire perfettamente ad una tela di lino grazie al risucchio dell’aria tra i due. Questo processo ha permesso di far aderire ogni minimo particolare del calco in gesso alla tela.
“È assolutamente sensazionale” ha dichiarato Adam Lowe, direttore e fondatore di Factum Arte “penso che Monet in persona crederebbe che questo sia suo”. MONET AL VITTORIANO: http://www.ilvittoriano.com/mostra-monet-roma.html http://arte.sky.it/2017/10/da-parigi-a-roma-monet-conquista-il-complesso-del-vittoriano/ https://www.ilturista.info/blog/13093-La_mostra_di_Monet_a_Roma_Complesso_del_Vittoriano/ http://www.artribune.com/arti-visive/arte-moderna/2017/05/monet-come-una-rockstar-mostra-al-vittoriano-di-roma-a-novembre-corsa-ai-biglietti-6-mesi-prima-impressionismo/ http://www.romatoday.it/eventi/mostre/mostra-monet-roma-recensione.html https://www.fermataspettacolo.it/arte/monet-i-fiori-e-la-magia-senza-tempo-dellimpressionismo http://roma.repubblica.it/cronaca/2017/10/19/foto/roma_i_capolavori_di_monet_in_mostra_al_vittoriano-178711085/1/#1 WATER LILIES https://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/quando-la-tecnologia-salva-l-arte-il-mistero-dei-capolavori-perduti/287457/288072 http://arte.sky.it/temi/programmi-tv-25-dicembre-documentario-mostra-monet-roma/ http://arte.sky.it/2017/10/da-parigi-a-roma-monet-conquista-il-complesso-del-vittoriano/ http://arte.sky.it/evento/monet/ https://www.theguardian.com/artanddesign/2018/mar/17/art-painting-portraits-masterpiece-lost-scanning-alberge-churchill-klimt-van-gogh http://lostpaintings.net/en/artwork/monet/ http://www.recensito.net/rubriche/sentieri-dell-arte/monet-mostra-vittoriano-roma-arte.html http://arte.sky.it/2017/10/da-parigi-a-roma-monet-conquista-il-complesso-del-vittoriano/ http://arte.sky.it/temi/programmi-tv-25-dicembre-documentario-mostra-monet-roma/ http://www.factum-arte.com/resources/files/fa/press/articles-2018/2018033038673528.pdf http://www.factum-arte.com/resources/files/fa/press/articles-2018/monet_and_van_gogh_reborn_as_hi.pdf http://www.factum-arte.com/pag/1175/Reconstructing-MonetA-s-Water-Lilies di Federica Minicozzi Caravaggio - L'anima e il sangue è un film proiettato in sala il 19, 20, 21 febbraio 2018, prodotto da Sky e Magnitudo Film e diretto da Jesus Garces Lambert. Il film racconta la vita, le opere e i tormenti di Caravaggio, soffermandosi sui luoghi in cui l’artista ha vissuto, sulle commissioni ricevute, sui mecenati. In parte il film è girato in form di documentario, affidato alla consulenza scientifica del Prof. Claudio Strinati (storico dell'arte ed esperto di Caravaggio), alla Prof.ssa Mina Gregori (Presidente della Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi) e alla Dott.ssa Rossella Vodret (curatrice della mostra 'Dentro Caravaggio' recentemente svoltasi a Palazzo Reale di Milano). Ma la vicenda umana e artistica di Caravaggio è raccontata anche come un'indagine in stile CSI, sulla base di un’attenta ricognizione delle fonti, in particolare di quelle d’archivio (dal certificato di nascita, che lo dice milanese e non di Caravaggio, fino ai preziosissimi verbali dei processi e le denunce custodite nell'Archivio di Stato di Roma). Si tratta al tempo stesso di un’opera di cinematografia, nella quale particolare interesse assume la “fotografia”. I monologhi dell’artista sono volutamente ambientati in epoca attuale, affidati a una voce fuori campo: in essi Caravaggio si interroga sui temi fondamentali della sua esistenza: la costrizione, la ricerca della libertà, la sensualità, la paura, l'attrazione per il rischio, le esplosioni di violenza, la ricerca di misericordia e di redenzione. La voce fuori campo è del cantante degli Afterhours, Manuel Agnelli, appositamente scelto per essere un artista originale e procovatorio. Alcune scene "contemporanee" interpretate dall'attore Emanuele Marigliano forzano la lettura registica, riuscendo talvolta fastidiosa in certi punti, troppo insistite sul tormento interiore di Caravaggio letto in chiave contempornea. Al di là della storia dell’artista tormentato, è molto efficace l'incontro tra la sua arte e la videoarte contemporanea, capace di attrarre lo spettatore in modo diverso dai documentari tradizionali. Attraverso l’ultradefinizione si esalta ogni dettaglio, ogni porosità delle tele e dei dipinti, permettendoci di vedere particolari invisibili a occhio nudo, riuscendo addirittura a vedere, in tutta la sua profondità e intensità, il nero, famoso negli sfondi dell’artista. La materia pittorica si fa viva, presente, quasi da toccare. Infatti il film Caravaggio – l’anima e il sangue è una delle prime produzioni italiane a sperimentare l’8K, e quindi a essere stato girato con l’ultrarisoluzione di 7680×4320 pixel. Il formato scelto è il Cinemascope 2:40, che consente una visione più "allungata" e "orizzontale" dell'immagine, che si avvicina molto di più alla visione dell'occhio umano, rendendo l'immagine percepita meno rafforzata e artefatta. Infine ulteriori tecniche digitali permettono un avvenimento senza precedenti, ovvero il riposizionamento virtuale dell’opera La Madonna dei Parafrenieri, oggi alla Galleria Borghese, nella sede a cui era originariamente destinata prima di esser rifiutata, ovvero un altare della Basilica di San Pietro. Tale straordinaria operazione è ottenuta grazie alla realizzazione di una serie di fotografie a 360 gradi dell’altare che attraverso uno scanner 3D, produce un modello su cui è stata successivamente applicata in digitale l’immagine del dipinto. “ L’originalità e la contemporaneità di questo ritratto cinematografico è nello sguardo, nel modo di raccontare, perché è la voce dello stesso Caravaggio a esprimere in prima persona i pensieri, le emozioni, le sensazioni che lo animano” (Laura Allevi, sceneggiatrice). “La fama di Caravaggio, ha subito delle variazioni nel corso dei secoli. Se nel XVII secolo, viene glorificato come artista, subito dopo affronterà diverse critiche improntate sul suo eccesso di realismo, troppo vicino alla semplicità e all’immediatezza nel contatto con la realtà. Tale critica di volgarità si accentua sempre più, e la fama di Caravaggio inizia a declinare. Alla fine dell’800 però la grande revisione degli studi sulla storia dell’arte, porta ad una rivalutazione dell’artista come eroe e santo dell’arte, valutazione che rimarrà intatta per tutto il XX secolo e che culminerà con una grande mostra a Milano nel 1950 per opera di Longhi. Oggi dagli studiosi viene denominato uno dei più grandi artisti di sempre, la quinta essenza della storia dell’arte italiana, l’artista per antonomasia. Egli che veniva giudicato anticlassico e rivoluzionario, diventa oggi un classico di riferimento per il nostro tempo. I contenuti delle sue opere vengono avvertiti come contenuti eterni, trattando con contemporaneità i grandi argomenti della vita umana. Ed è questo che lo rende un eterno contemporaneo” (Claudio Strinati, storico d’arte). "Non è un personaggio semplice da approcciare. L'obiettivo era quello di non raccontare solo la sua vita ma far vivere allo spettatore i suoi vari stati d'animo"."Per un regista avere a disposizione un gruppo di lavoro ed una tecnologia del genere è stato come essere un bambino in un negozio di dolci. Volevo far sentire l'amore e la disperazione, oltre far affiorare gli aspetti di un'epoca paradossalmente simile a quella che viviamo oggi" (Lambert, regista). “Per quanto alcune scene di ambientazione contemporanea possano apparire claustrofobiche, surreali ed inadatte al contesto del tema narrato, da esse traspare in chiave metaforica la sofferenza di cui è pervasa la biografia di Caravaggio. L’alternarsi di scene contemporanee alle opere nel film appare indicativo del nostro rapporto con la classicità, a riprova del fatto che la cultura classica, per quanto venga quasi messa da parte in virtù di una plumbea modernità fatta di cemento, sia ancora oggi in grado di vantare un ascendente fortissimo sulla psiche umana” (blastingnews.com). “Il film compie un’operazione senza precedenti, grazie alla preziosa collaborazione con Vatican Media (già Centro Televisivo Vaticano), l’Arciconfraternita Vaticana di Sant’Anna dei Parafrenieri e la Fabbrica di San Pietro. Attraverso evolute tecniche digitali, il film effettua il riposizionamento virtuale dell’opera rifiutata ‘La Madonna dei Parafrenieri’ nella sede a cui era originariamente destinata, ovvero l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro, proprio di fianco al Baldacchino del Bernini” (www.dituttounpop.it). Citazioni
Trailer: https://youtu.be/FgkV46qpa_g Video stati d’animo: https://youtu.be/2TnWwApJdys Video 8K: https://pad.mymovies.it/cinemanews/2018/149528/clip.mp4 di Sara Giovannozzi Caravaggio Experience è stata ospitata, dal 24 marzo a luglio 2016, presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. La mostra proponeva un sistema di fruizione molto diverso da quello tradizionale: trentatre proiettori Canon Xeed offrivano ad alta definizione la visione di cinquantasette opere del Merisi su schermi scuri. Il percorso, che durava circa 48 minuti, era accompaganato addirittura da fragranze olfattive, oltre che da musiche originali composte da Stefano Saletti. L'intero progetto, coprodotto dall'Azienda Speciale Palexpo e da Medialart, era realizzato dai videoartisti di The Fake Factory, con la consulenza scientifica di Claudio Strinati e in collaborazione con Roma&Roma srl. L'evento ha suscitato reazioni molto diverse da parte del pubblico. In un articolo apparso sul «Messaggero», Luisa Mosello, che definisce l'iniziativa un "un omaggio davvero speciale", ha osservato che la "sorgente" di questa catena ormai serratissima di incontri tra l'arte e la tecnologia era stata la mostra "Uffizi Virtual Experience", che si tenne nella Fabbrica del Vapore di Milano agli inizi del 2016. Vincenzo Trione, sul «Corriere della Sera», ha scritto che eventi di questo tipo non sono altro che un modo per salvaguardare i quadri dai rischi legati ai continui e lunghi viaggi delle opere e che finiscono per assumere un carattere superficiale e "kitsch". "Nascono cloni intorno", le parole sono di Trione, "ai quali si costruiscono effimere macchine spettacolari. Simulacri in alta definizione vengono ingigantiti e proiettati su schermi. Sovente si monumentalizzano dettagli". Ma, continuava Trione, "dietro a questa macchina pedagogica, si nasconde solo furbizia commerciale". Perciò, per Trione, questi eventi sono semplicemente "trucchi orditi ai danni di ingenui spettatori". Yasmin Riyahi tentava di passare al vaglio i pro e i contro di un evento come Caravaggio experience. Vanno certamente a favore della mostra le seguenti motivazioni: - la lettura innovativa dell'arte, tramite la quale il fruitore non è più un semplice lettore, ma viene coinvolto dall'arte stessa del Merisi. -I video mostrano punti di vista diversi delle opere, entrano in maniera più aprofondita nel loro studio, focalizzandosi sui dettagli e isolando di sovente alcune figure sul fondo scuro degli schermi. Si dà pieno risalto alle tematiche pittoriche dell'artista. I contro: - Viene meno il rapporto diretto con l'opera. - Si accentuano certi aspetti drammatici delle opere di Caravaggio. - Le musiche che accompagnavano la mostra avevano poche variazioni di tono. - L'esperienza olfattiva era piuttosto inesistente. Fonti: https://www.palazzoesposizioni.it/mostra/caravaggio-experience https://spettacoliecultura.ilmessaggero.it/mostre/caravaggio_experience-1613259.html http://www.corriere.it/cultura/16_giugno_04/mostre-senza-opere-c3f0748a-29bd-11e6-aa4c-a2d9e3978e50.shtml http://www.unacasasullalbero.com/caravaggio-experience/ |
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