di Gaia Raccosta Dopo lunghi mesi di incertezza e sofferenze il 9 giugno 2020 la Pinacoteca di Brera e la Biblioteca Nazionale Braidense hanno finalmente riaperto le loro porte in riconoscimento della resistenza e della tenacia mostrata dalla città di Milano, che ha saputo ricostruirsi e reinventarsi anche in questo eccezionale momento storico. La ripresa di Brera è avvenuta nel nome dei milanesi, ma è stata dedicata anche a Fernanda Wittgens, direttrice della Pinacoteca dal 1940 al 1957, che il 9 giugno del 1950 inaugurò il Museo dopo i bombardamenti del 1943. Il 9 giugno, quindi, si configura come giorno speciale doppiamente simbolico. La Pinacoteca di Brera ha accolto i suoi primi visitatori il 23 giugno, dopo essere stata ripensata per un nuovo mondo. Ma lo spirito è sempre lo stesso e il piacere della visita non è cambiato. La prima grande novità è rappresentata dall’accesso gratuito. Per il direttore James Bradburne è questo il modo per ringraziare la città e per esserle riconoscente, perché «se Brera è nel cuore di Milano, i milanesi sono nel cuore di Brera». L’ingresso al Museo è, inoltre, contingentato: per garantire una visita sicura e serena è possibile entrare solo con una prenotazione che, per di più, è valida per tutta l’estate e che è replicabile più volte. Il percorso museale è a senso unico. Alcune sale sono chiuse per assicurare il distanziamento. Una grafica apposita fornisce indicazioni circa il numero massimo di persone che ogni ambiente può ospitare. Il tempo di visita è limitato a un’ora e mezza, ma permette comunque una conoscenza esauriente della collezione. Come stabilito dai protocolli ministeriali, dai decreti governativi e dalle procedure anti-contagio dell’INAIL, all’interno della Pinacoteca si entra con la mascherina, si rileva la temperatura corporea e si procede a una sanificazione periodica e regolare degli ambienti. In vari punti del museo sono erogati gel disinfettante e al personale di vigilanza sono forniti in dotazione dispositivi per la sicurezza personale. Nel Museo non vengono più distribuite brochure cartacee e audioguide, quindi il visitatore deve stampare a casa o salvare sul proprio dispositivo i materiali informativi, scaricandoli dal sito web della Pinacoteca. Terminata la visita, è possibile continuare l’esperienza navigando nel sito web, ascoltando le descrizioni dei dipinti di DescriviVedendo, leggendo gli approfondimenti tematici, guardando i video-racconti di #appuntiperunaresistenzaculturale, scoprendo i dettagli dei dipinti in Haltadefinizione, colorando i capolavori di Brera con i colorbook, costruendo il tempio dipinto da Raffaello nello Sposalizio della Vergine. Si tratta di iniziative create e promosse online già durante il lockdown: avevano provocato un aumento delle visite virtuali e ora sono state implementate e integrate dalla possibilità di entrare di persona nelle sale espositive. In questi mesi, la Pinacoteca di Brera ha saputo proteggere e divulgare la cultura ascoltando e coinvolgendo il suo pubblico in numerose iniziative come atto di affetto, rispetto e amore. È stato proposto di raccontare le esperienze vissute, di mostrare gli oggetti preziosi conservati e collezionati nelle proprie abitazioni, di commentare i dipinti del cuore, di inventare storie e fiabe, di parlare del libro che si stava leggendo, di esprimere la propria opinione sul sito web, sul riallestimento delle sale finalmente concluso e sulle misure di sicurezza adottate contro la diffusione della pandemia. Il direttore James Bradburne ha lavorato molto sull’idea di offrire online un’esperienza museale innovativa, che dia la possibilità ai visitatori di conoscere contenuti altrimenti invisibili e non disponibili. Il digitale deve permettere questo, ma poi deve lasciare i visitatori liberi di interfacciarsi direttamente con le opere e con i segni lasciati dai grandi Maestri del passato. Link utili:
https://pinacotecabrera.org/news-pinacoteca/la-pinacoteca-di-brera-riapre-martedi-9-giugno/ https://pinacotecabrera.org/visita/vademecum-per-la-visita/ https://pinacotecabrera.org/wp-content/uploads/2020/06/OpuscoloApertura_Brera.pdf https://pinacotecabrera.org/news-pinacoteca/brera-ti-ascolta/ https://www.youtube.com/watch?v=J9B3r79cK_M&app=desktop&fbclid=IwAR1kiDQ0fNfmrp8grgf-sLRNaXy259JFnGdZ97iPR546wYxQRtREbV8YrJU https://www.youtube.com/watch?v=zfwMuNBh3Mg&fbclid=IwAR0wptQSZoHb40UGHaYHt3fmrF_-6oH31FOJUjAhKZ7O2M9NKwpXTOge1WE
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di Federica Bertini Ho voluto confrontarmi – seppure virtualmente – con Giuliano Gaia, che insieme a Stefania Boiano è il co-fondatore di InvisibleStudio, per capire in che modo è cambiato il suo lavoro durante e dopo il lockdown. Il nome di Giuliano Gaia l’ho incontrato quando il Museo Poldi Pezzoli di Milano si è aggiudicato, nel 2018, il secondo premio per l’Innovazione digitale nei beni culturali del Politecnico con il progetto “Chatbot game per le Case Museo di Milano”[1]. Per intenderci, si tratta di «sistemi automatici che permettono di chattare con personaggi virtuali come se fossero persone reali» attraverso i quali è possibile «scoprire dettagli inediti e affascinanti delle case-museo milanesi e del quartiere che li circonda»[2]. Giuliano Gaia realizza progetti digitali dal 1998, molti di essi sono pensati per sperimentare vie alternative per il miglioramento della fruizione dei beni culturali da parte di un pubblico sempre più ampio. Il suo percorso è iniziato con il Museo della Scienza di Milano e il San Francisco Museum of Modern Art e poi, con InvisibleStudio, Giuliano ha poi continuato i suoi progetti con numerosi altri musei italiani e internazionali. Assieme alla sua socia ha accettando la sfida di rinnovare il museo tenendo conto delle esigenze espresse dalla società moderna senza però rinunciare ai valori culturali ad esso connessi. Si potrebbe pensare che InvisibleStudio punti quasi totalmente su quella che oggi si afferma come ‘innovazione digitale’, eppure durante il seminario da lui tenuto come ospite del master in “Nuove tecnologie per la comunicazione, il cultural management e la didattica della storia dell’arte” dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Giuliano ha voluto smascherare lo stereotipo ‘innovazione uguale digitale’ perché – come egli stesso ci ha tenuto a sottolineare – si può innovare anche fuori dal digitale e non è detto che tutto debba essere digitale per essere innovativo. Per essere più chiari, si può parlare di innovazione anche ripesando alle strategie o ai processi già utilizzati in passato o derivati da altri settori specifici oltre a quello della cultura. Così, anche se ha organizzato diversi workshop sullo strumento del Design Thinking, nato nell’ambito aziendale e rielaborato per essere applicato al museo (sperimentandolo con successo in diversi musei piccoli e grandi, dalle Case Museo di Milano al Museo Egizio di Torino e all’Imperial War Museum di Londra), Giuliano ci ha tenuto a raccontare in che modo abbia fortemente sostenuto anche la sperimentazione delle visite teatralizzate per i musei di Vercelli utilizzando in maniera innovativa una un format tradizionale come quello del teatro. In riferimento alle soluzioni adottate da InvisibleStudio per il miglioramento dell’esperienza fruitiva dei musei (che comprende anche e non solo l’impiego di tecnologie) prima e durante il lockdown, Giuliano ha raccontato delle visite virtuali da lui realizzate per il Museo Poldi Pezzoli ottenute utilizzando gli strumenti di Google Art&Culture. Si è trattato di una delle prime sperimentazioni di visite virtuali nell’ambito museale italiano nel periodo di chiusura che ha permesso ad alcuni studenti di ‘visitare’ questi spazi accompagnati da una ‘guida vera in tempo reale’; un progetto – come ci tiene a sottolineare Giuliano – che deriva dall’unione di «spinte umane con il prodotto tecnologico», senza dimenticare che la cosa più importante è «avere voglia di trasmettere contenuti culturali con passione» e – aggiungerei – con competenza e professionalità. Infatti, nonostante l’inevitabile perdita di «contesto rispetto a una visita guidata reale», attraverso il progetto di Giuliano è possibile garantire «la presenza di una guida umana, la compresenza visibile di altri visitatori e la possibilità di porre domande anche a voce», ma anche «mostrare dettagli normalmente quasi invisibili a occhio nudo, offrendo quindi un valore aggiunto rispetto alla visita reale»[3]. L’esperimento non si è esaurito con la fine del lockdown ma continua tutt’ora con una serie di visite guidate virtuali gratuite curate dal Gruppo Giovani del Museo su prenotazione online. È chiaro per Giuliano, avendo anche sperimentato in questo periodo workshop virtuali di scrittura creativa al Museo della Bora e al Museo Dolom.it e una serie di gite virtuali nei musei di Londra per la scuola media Leonardo Da Vinci di Bergamo, che per elaborare soluzioni efficaci, capaci di dare un valore aggiunto al museo, ogni progetto deve essere frutto di un lavoro già avviato che si avvale di strategie che mirano ad avere dei risultati concreti e soprattutto duraturi. Quello che Giuliano Gaia e Stefania Boiano hanno sottolineato in un loro recente articolo è che il museo possiede oggi due possibilità: «o tornare lentamente al “Business as usual”, lasciandosi alle spalle questo periodo di visite virtuali come un brutto ricordo, o tentare di capire se alcuni aspetti delle visite virtuali possono essere salvati, magari andando a integrare l’offerta di visite “live” tradizionali». Le loro esperienze hanno potuto intanto confermare è che «c’è un futuro per le visite virtuali, sia come anteprima della visita reale che per tutti quelli che comunque non possono visitare fisicamente il museo»[4]. Intervista a Giuliano Gaia
di Federica Bertini Giuliano come presenteresti il tuo lavoro? Il nostro studio si occupa di innovazione culturale, anzi vorrei parlare addirittura di “sperimentazione culturale”, nel senso che da quasi 25 anni proviamo a sperimentare continuamente nuove soluzioni per rendere la cultura sempre più accessibile a tutti. A cosa ti riferisci quando parli di ‘sperimentazione culturale’? Nel nostro caso si può parlare di innovazione culturale e distinguerla in digitale e di processo. Noi siamo nati col digitale, nel senso che io e la mia socia siamo stati tra i primissimi in Italia a occuparci del rapporto tra Internet e i musei, lavorando io al Museo della Scienza di Milano e Stefania alla Città della Scienza di Napoli, abbiamo creato le prime sperimentazioni digitali in entrambe le realtà. Il digitale ha quindi rappresentato la prima frontiera di sperimentazione per noi, e ancora oggi è un’area ancora largamente inesplorata che offre quindi ampi margini di approfondimento. Successivamente abbiamo capito che l’innovazione abbracciava un campo più ampio rispetto al solo digitale e che necessariamente doveva coinvolgere sia le strategie che i processi di lavoro. Per questo ad esempio siamo stati i primi in Italia ad applicare il Design Thinking al settore museale, con l’esperienza di training realizzata al Museo Egizio di Torino. Qui abbiamo formato l’intero staff al Design Thinking come metodo di lavoro innovativo e radicalmente collaborativo, grazie all’apertura dimostrata dalla dirigenza dello stesso Museo. Infine, l’attività didattica è assolutamente necessaria se si vuole avere un impatto duraturo sul settore. Oggi molti giovani si affacciano al settore culturale con grande passione ma con scarse conoscenze tecniche e con un sostanziale disorientamento. Per questo da anni insegniamo in corsi universitari e post-universitari (IULM, Politecnico di Torino, Sole 24 Ore Business School, RCS Academy solo per citarne alcuni) per cercare di colmare questa lacuna, esplorando non soltanto nuovi contenuti ma anche nuove modalità didattiche, fedeli alla nostra passione per la sperimentazione continua. Come è cambiata il tuo lavoro con la chiusura dei musei e il blocco del turismo? Una delle nostre attività riguarda il turismo culturale e l’organizzazione di attività turistiche di vario tipo legate alle risorse culturali milanesi. L’azzeramento del turismo conseguente alla crisi del Covid-19 ci ha portato a sperimentare immediatamente forme di visita virtuale, che si sono rivelate promettenti. Credo che la cosa più importante sia avere voglia di trasmettere contenuti culturali con passione, e questo si riflette in qualunque strumento venga utilizzato. Parliamo del progetto al museo Poldi Pezzoli. Come è nato e come si è evoluto nella fase 1? Le visite virtuali che abbiamo realizzato con il Museo Poldi Pezzoli in questi due mesi in verità sono state la conseguenza di un rapporto di intensa collaborazione che abbiamo da anni con il museo. Una collaborazione nata nel 2016 con un altro progetto molto innovativo, la realizzazione di un “chatbot game” che sfruttasse le caratteristiche dei chatbot e della gamification per coinvolgere un pubblico notoriamente molto difficile per i musei, gli adolescenti, in un gioco che li potesse spingere all’esplorazione delle quattro case museo di Milano. Come nel caso delle visite virtuali, noi non crediamo in una tecnologia in sé, ma solo nell’unione di spinte umane con un prodotto tecnologico. Nel caso delle visite virtuali, l’elemento umano è la guida, e la tecnologia è Zoom+Google Arts & Culture. Nel caso del chatbot game, l’elemento umano è la naturale spinta dell’essere umano a giocare e collaborare, e il chatbot è solo uno strumento per stimolare questa tendenza innata. Il progetto ha riscosso molto interesse all’estero, essendo stato presentato a Londra, Berlino e Vancouver; inoltre è stato oggetto di studio da parte del King’s College di Londra come modalità innovativa di esperienza didattica. Nel corso del prossimo anno verrà tradotto in inglese, per cui ne esploreremo anche le potenzialità turistiche. Cosa ti senti di dover dire riguardo a questo tipo di collaborazioni, quelle tra Musei e società che operano nel settore della cultura come la tua? In generale io credo che ogni museo dovrebbe aprirsi il più possibile a collaborazioni esterne, offrendosi come campo di sperimentazione. Io credo in un museo-API, per rubare un termine alla tecnologia digitale, in altre parole in un museo che mette i propri contenuti a disposizione di chiunque voglia utilizzarli, in modo da favorirne al massimo la diffusione nella società. Il Rejiksmuseum di Amsterdam è l’esempio più illustre di questo approccio, avendo creato Rijksstudio come piattaforma per scaricare ad alta qualità tutte le loro immagini, in maniera completamente gratuita e utilizzabili in piena libertà. «Se devono stampare le nostre immagini sulla carta igienica, che almeno sia una stampa ad alta qualità», è stata la loro provocatoria affermazione, ed è una posizione che mi trova totalmente d’accordo. Come vedi il futuro di queste sperimentazioni nate durante l’emergenza? In questo senso spero che tutti gli strumenti virtuali testati in questi giorni drammatici non vengano abbandonati al termine della crisi per tornare semplicemente al ‘Business as usual’. Pur ritenendo indispensabile la didattica museale in presenza, credo che la didattica online possa integrarla con grande efficacia, permettendo ad esempio di proporre contenuti di nicchia che non potrebbero essere economicamente sostenibili in presenza, oppure per tutti quei visitatori che per i motivi più vari non hanno possibilità di visitare il museo. [1] https://nova.ilsole24ore.com/esperienze/al-museo-col-chatbot/?refresh_ce=1 [2] https://casemuseo.it/chat-game-nelle-case-museo/ [3]https://www.artribune.com/progettazione/new-media/2020/04/musei-visite-virtuali-coronavirus/ Articolo pubblicato su Artribune il 9 aprile 2020 da Giuliano Gaia e Stefania Boiano. [4] https://www.musei-it.com/cosa-restera-di-queste-visite-virtuali/ Articolo pubblicato su Musei.it il 3 giugno 2020 da Giuliano Gaia e Stefania Boiano. di Dayan Gabancho Siamo ormai entrati nel futuro della comunicazione storico-artistica. La pandemia e la conseguente reclusione sono state le difficoltà che hanno fornito terreno fertile per la fioritura di nuove idee, possibilità, vie di comunicazione e fruizione. I musei italiani hanno fatto di necessità virtù, promuovendo svariate iniziative che sono state apprezzate dal grande pubblico, anche tramite i social. A tal merito, è necessario ricordare come la tecnologia moderna abbia fatto irruzione nelle nostre vite, grazie alla ormai estesissima diffusione di strumenti ormai indispensabili come gli smartphone e la connessione veloce. Contemporaneamente si offrono alla nostra fruizione l’immenso patrimonio virtuale che è stato archiviato negli ultimi anni: foto, video, scansioni laser e fotogrammetriche delle opere più o meno famose che sono conservate nei musei. La diretta: come i social possono rinnovare la fruizione dell’arte Il sito internet del Museo del Prado di Madrid offre un’impostazione abbastanza simile a quella di tantissimi altri musei di tutto il mondo, incentrata sulla collezione di fotografie ad alta risoluzione dei più grandi capolavori del museo. Alcune sostanziali novità, in risposta alla sempre più forte esigenza di interattività, si trovano nella sezione Aprende (‘impara’), dove si scoprono giochi per bambini e brevi presentazioni relative ad alcuni capolavori conservati nel museo. Fino nella pagina iniziale, si trovano segnalati video, presentazioni e confronti ogni giorno sempre nuovi, a cura dei responsabili del museo. I contenuti rimandano alle pagine social media del Prado, dove sono archiviati e agevolmente fruibili i video che compongono un vero e proprio mosaico di contenuti che ogni giorni si arricchisce di nuove aggiunte. Una sala, un’opera, un’esposizione oppure un artista sono al centro della quotidiana diretta del Prado online. Si tratta di una ripresa video, di una decina di minuti, dove un esperto interagisce con centinaia di persone in tempo reale, connesse anche solo con un telefonino sul quale viene inquadrata un’opera del museo, un Rubens come un Velázquez. L’impressione che ne riceve l’utente, è quasi quella di dialogare con un amico che ci videochiamasse direttamente dal museo, per rispondere alle nostre curiosità. Il dialogo e l’apprendimento partecipativo a distanza
L’appuntamento quotidiano riscuote grande successo. Gli argomenti sono numerosissimi: il restauro dell’Annunciazione del Beato Angelico, il Giardino delle Delizie di Bosch, i cui dettagli vengono illustrati da un esperto di botanica, la grande Lavanda dei Piedi del Veronese, presentata dal direttore Falomir... Il successo di pubblico (locale e internazionale) riscosso dall’iniziativa si deve alle potenzialità della piattaforma di comunicazione social utilizzata, dove ogni video trasmesso in diretta consente agli utenti di interagire e di postare commenti in tempo reale. Inoltre, ogni utente può richiedere una visione ravvicinata dei dettagli di ogni dipinto, rivolgendosi direttamente all’esperto che risponde a tutte le domande. Insomma, la modalità comunicativa si avvicina molto al dialogo. Ognuno può intervenire e dire la sua! In tal senso, le intenzioni di divulgazione del Prado sono state d’esempio per gli altri musei negli ultimi dieci anni, fin da quando la collaborazione con Google Earth rese possibile l’offerta delle prime passeggiate virtuali intorno ai quadri riprodotto ad altissima risoluzione. Sitografia http://www.artemagazine.it/attualita/item/11045-coronavirus-eike-schmidt-occasione-per-ripensare-il-rapporto-tra-musei-e-turismo https://www.eluniversal.com.mx/cultura/aumenta-numero-de-visitas-virtuales-al-museo-del-prado https://www.finestresullarte.info/1262n_vogliamo-davvero-tornare-a-prima-della-chiusura-coronavirus-intervista-eike-schmidt.php https://www.firenzetoday.it/cronaca/museo-arte-uffizi-direttore-eike-schmidt-coronavirus.html https://www.museodelprado.es https://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/tecnologia/google-world/museo-prado/museo-prado.html di Elisabetta La Rosa Nell’era della rivoluzione digitale sembra essere diventato fondamentale, soprattutto in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo a causa del COVID-19, continuare a far “rivivere” il nostro patrimonio storico-culturale.
Nella Città eterna l’arte non si ferma neanche con l’emergenza coronavirus. In queste lunghe giornate è possibile sfruttare tutte le potenzialità che il web ci offre, consentendoci di visitare indisturbati, a distanza, i più grandi musei del mondo, di solito sono sempre affollati. Hanno aderito al programma di apertura virtuale delle proprie collezioni anche Musei Vaticani che costituiscono uno dei poli museali più visitati al mondo. Essi rendono ora possibile i visitatori un tour a 360°. Accendendo alla sezione “Tour Virtuali” del sito www.museivaticani.va si aprono sette percorsi. Partendo dal “Museo Pio Clementino”, dove si conserva la prima raccolta papale di antichità greche e romane, che comprende statue famose come l’Apollo del Belvedere e il Laocoonte, si procede col “Museo Chiaramonti”, allestito da Antonio Canova. Spostandoci con il cursore è possibile avvicinarsi alle sculture romane, dove ritratti di imperatori e statue di divinità sono accostate a epigrafi, urne e sarcofagi. Percorrendo una lunga galleria di 68 metri, attraversiamo il “Braccio Nuovo” dove sono disposti i ritratti imperiali e le repliche romane di statue greche. Il terzo percorso proposto nel “Tour Virtuale” è quello che riguarda la “Cappella Sistina”. La visita virtuale consente di soffermarsi – senza la folla dei molti visitatori che quotidianamente popolano i Vaticani – sui singoli affreschi, permettendo una visione ravvicinata di tutti i dettagli delle scene dell’Antico Testamento illustrate sulla volta da Michelangelo, fino ad immedesimarsi fra le monumentali figure del Giudizio Universale, dove il Cristo si impone, in assenza dei turisti, nel più assoluto silenzio della Cappella deserta. La passeggiata virtuale prosegue nelle “Stanze di Raffaello”. La penultima tappa del tour virtuale ci conduce nella “Cappella Niccolina” che, situata nel cuore del Palazzo Apostolico e dedicata ai Santi martiri Stefano e Lorenzo, deve il suo nome a papa Niccolò V. L’esperienza immersiva prodotta dalla riproduzione tridimensionale dell’intero ambiente, ci consente di “salire” fino sulla volta, dove i quattro evangelisti si stagliano in un cielo blu intenso dominato da stelle, per poi scendere ai lati, dove i Dottori della Chiesa sono seduti su troni in stile gotico, lungo le pareti dove è raccontata la storia dei due martiri. Infine è possibile attraversare la “Sala dei Chiaroscuri” che, collocata nel nucleo medievale del Palazzo Apostolico, presenta una decorazione caratterizzata da un’architettura dipinta con finte colonne che sorreggono un fregio decorato da girali vegetali e coppie di putti. Straordinario è il cinquecentesco soffitto ligneo a cassettoni dorati di cui, grazie alla riproduzione 3D, possiamo avere una visione ravvicinata. Insieme al tour virtuale, i Musei Vaticani consentono la consultazione di un catalogo online di tutte le opere: basta suggerire una parola chiave, per risalire alle riproduzioni ad definizione, accompagnate dalle essenziali informazioni circa la provenienza e la realizzazione. Secoli interi di storia dell’arte, da Giotto a Caravaggio, rispondono alla ricerca dell’utente, che deve solo inserire una parola chiave ed eseguire un semplice clic. L’account Instagram ufficiale, “vaticanmuseums”, pubblica ogni giorno, con annessa didascalia, dettagli dei capolavori vaticani: l’intenzione è diraggiungere un pubblico vastissimo, che include anche chi di solito non frequenta i musei. di Donatella Garritano www.parcocolosseo.it, @parcocolosseo, #parcocolosseo Istituito con D.M. 12 gennaio 2017, il Parco archeologico del Colosseo comprende il Colosseo o Anfiteatro Flavio, il Foro Romano, il Palatino e la Domus Aurea. Sul sito ufficiale www.parcocolosseo.it, il ParCo offre un’ampia offerta culturale, ricca di contenuti storico-artistici sui propri monumenti e attraverso i canali social (@parcocolosseo di Facebook, You Tube, Istagram e Twitter), proponendo una serie di attività periodiche relative ad approfondimenti tematici, anche associati ad eventi promossi in collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. A seguito dell'emergenza CoVID-19 che ha imposto la chiusura di tutti i siti della cultura, Il Parco archeologico del Colosseo ha aderito alla campagna di comunicazione indetta dal Mibact, #La Cultura non si ferma, potenziando la fruizione a distanza dei monumenti antichi, conosciuti a livello mondiale come simbolo identitario di Roma, dell'Italia e dell'intera cultura classica occidentale. È stata inoltre realizzata una pagina collegata al profilo Instagram Colosseofromhome, che sulla scorta delle campagne nazionali e internazionali – #iorestoacasa, #laculturanonsiferma e #museumfromhome – riunisce tutte le iniziative e gli approfondimenti digitali presenti sulle diverse piattaforme online. Il sito web del ParCo si apre con una vista panoramica che esplora tutta l’area dal Foro al Colosseo, passando per le collezioni del Palatino e illustrando le novità multimediali e mirabilia dei siti. Nella homepage che si apre scorrendo la pagina verso il basso, a sinistra della cornice superiore, compare un riquadro contenente i link che permettono l'accesso alle principali informazioni riguardanti la visita al Parco. Data la conformazione territoriale del luogo, accessibile a tutti ma non totalmente agevole e pianeggiante, si segnala la consultazione del Decalogo della buona visita. Il menu in alto a destra indica ulteriori informazioni circa i percorsi di visita dei monumenti, delle mostre ed eventi, con particolare riguardo ad accessibilità, ricerca, didattica, contatti e cartella stampa. Un link denominato Sostieni e partecipa prevede la possibilità di raccogliere, da parte di esterni, sostegni economici in favore dei progetti in corso. Il sito è tradotto in inglese, francese, spagnolo e cinese ed è ricchissimo di immagini in HD, tutte catturabili liberamente. Alcuni contenuti multimediali sono fruibili in video e con podcasts audio per l’accessibilità totale del pubblico on line. Colosseo: numerose foto e un breve video panoramico del monumento più conosciuto al mondo consentono di esplorarlo dai sotterranei fino alla terrazza del Belvedere. È disponibile un'introduzione sulla storia del monumento e sulle attività culturali in corso. Tra le mostre e percorsi in evidenza sulla pagina web, si segnala: “Il Colosseo si racconta: la storia infinita di una icona tra archeologia, filmati e lingue orientali” che illustra la storia dell’esposizione permanente e il ruolo iconico del monumento; La rubrica il Grand Tour propone a un tuffo nel passato, mettendo a confronto la vista attuale del Colosseo con le vedute antiche, tra la fine del Cinquecento e l’Ottocento, quando gli artisti e i viaggiatori di tutta Europa percorrevano l’Italia per fermarsi in particolare a Roma, meta eletta per il perfezionamento della propria formazione culturale. Attraverso il canale You tube del Parco, è raggiungibile ancora per alcune settimane la mostra Carthago. Il mito immortale. A conclusione della mostra, che ha riportato Roma e Cartagine al centro di un acceso dibattito tra gli storici, il 29 marzo 2020 si è svolto il Finissage online: l’evento Facebook – destinato a essere rilanciato ancora per alcune settimane, per consentire a tutti coloro che non hanno avuto modo di visitare la mostra, di conoscerne i materiali – ha ripercorso la storia della mostra con una galleria di immagini e di video della serie “Carthago Diaries“, con interviste ai curatori. Infine, nell’ambito dell’iniziativa Mibact intitolata Gran Virtual Tour, il ParCo offre la possibilità di visionare gli esterni e gli interni del Colosseo, attraverso la piattaforma Google Art and Culture. Foro Romano. Il cuore politico e civile di Roma antica, caratterizzato da una complessa stratificazione di vie, piazze ed edifici offre un panorama archeologico unico al mondo. Il relativo sito internet offre numerose foto e descrizioni dettagliate dei siti che lo caratterizzano. Tra gli eventi in evidenza sulla propria pagina web e sui canali social, Medicina XXXIII è una nuova rubrica che prevede un percorso in cinque tappe. Ognuna di queste propone una diversa riflessione sul culto della dea Febris, invitando a scoprire nella valle del Foro le testimonianze legate alla presenza, sin dall’antichità, di luoghi legati alla pratica dell’ars medica. Punto di partenza, prima tappa del percorso, è la Chiesa di Santa Francesca Romana, dedicata alla Santa che curava i malati; da qui si prosegue verso la Basilica di Massenzio, dove si trovavano gli Horrea Piperataria e il laboratorio del medico Galeno. Si procede con il Tempio di Romolo e la Basilica dei Santi Cosma e Damiano, cosiddetti “santi medici”, per continuare in direzione di San Lorenzo in Miranda, sede del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico, arrivando infine alla Fonte di Giuturna, da cui sgorgava acqua considerata curativa e miracolosa. Altra novità è costituita dalle Passeggiate Dantesche legate alla ben nota iniziativa Mibact ed accessibili attraverso il canale You Tube#Dantedì e #IoleggoDante. Intitolate Nel mezzo del Cammin, e realizzate in occasione della ricorrenza dei 700 anni dalla morte di Dante, le Passeggiate Dantesche si propongono di raccontare alcune vicende della storia di Roma Attraverso la lettura e il commento di diverse terzine dantesche. Foro Romano, Palatino e Fori imperiali con la Colonna Traiana sono ancora oggi legate alla memoria di personaggi storici a cui Dante ha dato voce nelle cantiche della Divina Commedia. A guidare il pubblico, lungo quindici tappe, sono le voci degli attori Massimo Ghini, Giuseppe Cederna, Giandomenico Cupaiuolo e Rosa Diletta Rossi. La pagina web del Palatino, il sito che conserva le tracce della fondazione di Roma, permette l'accesso virtuale alle collezioni del Museo Palatino, alle Domus Imperiali, agli Horti Farnesiani, al Criptoportico, all’Arco di Tito. In evidenza si trovano le foto con i dettagli delle eccezionali decorazioni pittoriche e pavimentali, come quelle conservate nella Casa dei Grifi. Le visite nelle Domus sono arricchite dalle istallazioni multimediali e descritte con didascalie e video sul canale You Tube. L’iniziativa “#iorestoacasa e scopro la collezione del Museo Palatino con un click!” permette agli utenti di vedere i reperti e le statue conservate nella rispettiva. L’itinerario nel verde alle pendici del Palatino si snoda dalle Arcate Severiane alle Capanne romulee, dove si localizza il sito della prima fondazione di Roma, fino a ricongiungersi nel Foro all’altezza degli Horrea Agrippiana. Tra le rovine archeologiche, una ricca vegetazione di inflorescenze ed erbe, folti cespugli e macchie arboree con i loro colori e odori contribuisce a rendere la cornice unica al mondo. Attraverso la pagina web, si accede anche al progetto Storie di donne al PArCo, focalizzato sulla figura femminile e sul suo ruolo nella vita sociale e politica di Roma dalle origini all’età Imperiale. Il percorso sul Palatino è descritto e arricchito da alcuni video, dove la stessa Livia e la figlia dell’Imperatore Augusto, Giulia, accompagnano la visita alle Domus. Domus Aurea. Sulla pagina web è presentato il progetto Domus Experience, che consente una visita in situ arricchita dai visori 3D, ma che ora è proposta on line. Si tratta di un'esperienza immersiva incentrata su un videomapping delle grandi superfici della Domus Aurea. Si segnalano inoltre, sui social @parcocolosseo la #Maratonaraffaelonline e #iorestoacasa e aspetto, la grande mostra-evento “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” in concomitanza con la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520). La mostra, dedicata al tema delle grottesche, propone straordinari apparati interattivi e multimediali, curati da Vincenzo Farinella con Stefano Borghini e Alessandro D’Alessio, che illustrano l’eccezionale vicenda della riscoperta della pittura antica dentro le “grotte” dell’originaria Domus Aurea di Nerone. Sul canale You Tube del #parcocolosseo è visibile inoltre il video sulla recente scoperta della Sala Della Sfinge, presentata da rai 3 e dal Direttore Del Parco Alfonsina Russo, nonchè la presentazione della Domus Transitoria a cura di Studio Aperto e del Funzionario archeologo Alessandro D’Alessio. Eventi on line : #ParcoColosseo partecipa inoltre alla campagna #ArTyouReady con il flash mob fotografico dedicato al #paesaggioitaliano e condivide gli scatti – ricordo postati dai turisti di ogni provenienza nei siti del Parco e che in questi giorni ripercorrono la memoria dei bei momenti vissuti nei mesi appena trascorsi e preannunciano la bellezza della riapertura. Natale di Roma 2020 in occasione del Natale di Roma il Parco archeologico del Colosseo apre virtualmente i suoi cancelli con una speciale visita ad alcuni dei cantieri di restauro e manutenzione in programma nel corso del 2020. Didattica - Il Parco prevede la possibilità di approfondire alcuni contenuti in free download : A tavola con Apicio… oggi cucino con mamma e papà! Una presentazione di alcune ricette di facile realizzazione invita i bambini di tutte le età a sperimentarle e prepararle in famiglia. Un’ esperienza che riporta indietro nel tempo a sedersi a tavola in un banchetto con gli antichi romani, assaporandone prelibatezze e piatti preferiti. “Semplicemente mitico! La leggenda di Tarpea e le nostre origini”, il fumetto realizzato da Silvio Costa, il primo dei tanti Quaderni della Didattica in programma, è scaricabile dal sito. Per finire, il laboratorio “Crea la tua didascalia”, ambientato nel Museo Palatino, prevede la possibilità di creare una propria didascalia. Work in progress: -punti hotspots creati nel Museo Palatino e attivabili da smartphone con QR Code; -progetto sperimentale di tour virtuali in 3d e interattivi, fruibili tramite la piattaforma di Google Art&Culture; -percorso neroniano, una passeggiata nel PArCo in 6 tappe sulle tracce dell’imperatore Nerone. Credits
Concept e realizzazione: Parco archeologico del Colosseo in collaborazione con Electa Layout Design & Web Development: Amaranto Video con drone: Associazione A.S.S.O. o.n.l.u.s. – reworking: Mario Cristofaro Archivio Fotografico Parco archeologico del Colosseo Photo: Luigi Spina; Eugenio Monti; Andrea Jemolo Sitografia di riferimento: https://parcocolosseo.it/en/ https://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_asset.html_1239486882.html https://www.rivistasiti.it/colosseofromhome-mille-proposte-da-roma/ https://www.youtube.com/user/MiBACT https://www.facebook.com/parcocolosseo/posts/2704987996400104?__tn__=-R di Gabriele Gioni Esistono diverse istituzioni che nel corso della loro storia hanno subito battute d’arresto più o meno forti, che ne hanno minato non solo lo spirito vitale ma persino le fondamenta delle loro sedi. Fra queste, vi sono sicuramente quelle culturali, più fragili, poiché non producendo ricchezza economica diretta, nelle situazioni emergenziali non sono ritenute di necessità primaria e purtroppo in alcune circostanze vengono messe da parte anche nel caso di interventi di sostegno governativo. Nonostante tutto, è la grande capacità di resilienza che queste istituzioni sono capaci di dimostrare, nella maggior parte dei casi, che ne aumenta il prestigio, la resistenza e la loro entità culturale. Un esempio forse poco noto è il MuNDA o Museo Nazionale d’Abruzzo con sede a l’Aquila. Un museo senza una collezione di risonanza mediatica, sicuramente incapace di attrarre grandi flussi turistici, ma che racchiude interessanti tesori e soprattutto espone una raccolta organica che permette un viaggio completo nella storia regionale dalla preistoria al Novecento. Fondato nel 1951 dell’allora Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d’Abruzzo e Molise con il proposito di istituire un museo civico aquilano capace di rappresentare il patrimonio archeologico, medievale, rinascimentale e barocco abruzzese. Pertanto in esso confluì la collezione che era sita nell’ex monastero di Santa Maria dei Raccomandati, a cui si aggiunse già nel 1958 una vera e propria star ovvero il Mammuthus meridionalis, fra i migliori esemplari conservati in Italia. Infine, grazie ad un ottimo rapporto fra il Vaticano e la città, nella seconda metà degli anni Sessanta confluiranno anche le opere del Museo Diocesano d’Arte Sacra. Sede di questo importante museo divenne il cosiddetto Forte Spagnolo dell’Aquila, noto anche come Castello Cinquecentesco proprio perché la sua costruzione risale alla conquista spagnola del Regno di Napoli e alla conseguente volontà, nella seconda metà del Cinquecento, di potenziare le fortezze e fondarne di nuove. Oltre allo stesso museo che articolava la sua collezione su un totale di 41 sale, il forte fu sede della stessa soprintendenza locale e anche di importanti istituti nel panorama aquilano come: l’Osservatorio Aquilano, l’Istituto Nazionale di Geofisica e la Società Aquilana dei Concerti. La prima tragica battuta di arresto, a cui si accennava precedentemente, risale al 6 aprile 2009 ovvero al terremoto dell’Aquila, che fra le sue drammatiche e luttuose conseguenze danneggiò gravemente il Forte Spagnolo portando in parte al trasferimento di alcune opere, anch’esse severamente lesionate, oltre alla chiusura del museo in attesa della ricostruzione, ad oggi non ancora conclusa. In questa occasione il MuNDA, in quanto anche simbolo di una comunità così seriamente colpita dal sisma, riuscì a resistere alle lungaggini dettate dai lavori di rispristino, decidendo di delocalizzare temporaneamente parte della collezione all’interno dei locali dell’ex mattatoio aquilano nel dicembre del 2015. Sebbene meno della metà delle opere custodite nel Forte Spagnolo trovino spazio in questo progetto, restano del tutto meritori gli sforzi compiuti dal Polo Museale d’Abruzzo e dallo stesso museo per garantirne la fruizione da parte del pubblico e in particolar modo della comunità locale. Il MuNDA, una volta riaperto, ha cercato fin da subito di guardare al futuro, realizzando un tour virtuale dei nuovi percorsi espositivi e tentando di far tornare godibile lo scheletro del Mammuthus meridionalis, rimasto ancora prigioniero negli ambienti del forte e che da solo attirava quasi il 75% dei visitatori. Per questo, lo scorso dicembre era stato presentato il progetto di rendering 3D dell’elefante preistorico per poterlo ammirare tramite totem multimediali e visori tridimensionali. Il tour virtuale del nuovo museo, dislocato negli ambienti dell’ex mattatoio, è stato realizzato dal Polo Museale d’Abruzzo in sinergia con Archimetria Group nel settembre 2017. Si articola con un sistema di circa 23 punti di visualizzazione o hotspot a 360° in alta definizione. Sebbene la tecnica prescelta sia ormai desueta, a confronto con i nuovi sistemi di navigazione digitali che utilizzano mappe dinamiche ed esplorabili nella quasi totalità, essa trova la sua ragion d’essere nella sua economicità, rispetto ad un progetto che si spera possa essere il più possibile temporaneo, per poterlo poi sviluppare appieno nel Forte Spagnolo una volta che saranno completati i lavori di restauro. La visita inizia presso la piazza antistante l’ingresso del museo. L’aspetto grafico degli strumenti di navigazione è essenziale, lineare e, di conseguenza, molto intuitivo con un piccolo menù in basso al centro comprensivo: di frecce direzionali, dei segni + e - per poter ingrandire la visuale; di un comando per far partire una autorotazione a 360° del punto in cui ci si trova; di un tasto contrassegnato dalla lettera “i” che non solo dà i credits del progetto ma indica con precisione in che hotspot ci si trova; di un altro tasto con una mano, la cui funzione risulta però incomprensibile, forse perché inattiva. In alto a sinistra invece ci sono tre icone legate alla scelta delle visuali possibili: rettilinea, fisheye e stereografica. Va sottolineato che il tour si può svolgere solo in versione frontale, pertanto le altre due modalità risultano del tutto superflue, non arricchendo in nessun modo la visita e apparendo invece come un esercizio di stile da parte degli sviluppatori. Prima di entrare nel museo, ci viene offerta l’opportunità di ammirare uno spazio storico che si trova di fronte all’ingresso, la Fontana delle 99 cannelle. L’accesso e la navigazione all’interno del museo virtuale risulta un po’ confuso. Le icone circolari che rappresentano il prossimo hotspot non sempre saltano all’occhio velocemente, così è necessario passare il puntatore del mouse per scoprire a quale ambiente si riferisca. Questo fa emergere forse la più grande lacuna del progetto, ovvero l’assenza di una mappa che, anche se non interattiva, avrebbe permesso un rapido orientamento e comprensione degli spazi. Infatti se ogni icona porta il nome della sala di riferimento identificandola con una lettera (dalla A alla F) e dividendola in più settori contraddistinti da numeri, in alcuni casi il percorso non risulta conseguenziale all’ordine proposto e per seguirlo bisogna spostarsi più volte fra i vari hotspot. Nonostante le difficoltà di navigazione fra i vari punti di visualizzazione, il tour si arricchisce di numerosi strumenti interattivi che cercano di completare la visita sia dal punto di vista didattico che del diletto. Accanto ad alcune opere selezionate, che purtroppo rappresentano un piccolo gruppo, sono presenti delle nuove icone, le quali generalmente dovrebbero rinviare a dei materiali fotografici, ma che in questo caso consistono nelle didascalie delle opere, più o meno dettagliate: strumento sicuramente da potenziare e completare, per dare un’informazione più completa sugli oggetti esposti. Altre opere, invece, vengono contraddistinte da un’altra icona a forma di cubo che, anche se piccola, costituisce il vero fiore all’occhiello del progetto di tour virtuale del museo. Una volta selezionata, si viene collegati ad un sito esterno dove sono racchiuse le scansioni 3D degli oggetti prescelti che dunque si possono ammirare in ogni loro sfaccettatura, anche secondo prospettive che non sarebbero mai possibili visitando realmente il luogo. Inoltre, ogni opera è costellata di diversi numeri che racchiudono informazioni sui dettagli della zona dove essi sono posizionati. Questo sito esterno è ben realizzato ed intuitivo, anche perché ricorda nella struttura quello della più blasonata piattaforma multimediale; per di più oltre, alla visualizzazione a tutto schermo, il sito permette la resa in realtà virtuale delle opere grazie ad un visore stereoscopico, del quale ormai girano diverse versioni a portata di smartphone. Nel menù che si trova sulla destra si possono trovare tutti gli altri soggetti visionabili in tre dimensioni, tra cui il rendering del Forte Spagnolo ma, soprattutto, quello del Mammuthus meridionalis che virtualmente può essere ammirato per la seconda volta. Il Museo Nazionale d’Abruzzo rappresenta oggi un buon esempio di gestione digitale del patrimonio culturale da parte di una istituzione importante, tragicamente devastata da eventi naturali. Nonostante alcune mancanze, che si possono comunque colmare, sembra proprio che la direzione intrapresa sia quella giusta nella difesa del nostro patrimonio culturale e nella sua erogazione. Sitografia:
https://www.musei.abruzzo.beniculturali.it/musei?mid=63&nome=munda-museo-nazionale-dabruzzo https://www.archimetria.it/ https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=152898&pagename=50 https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo/collections/munda_museo-nazionale-dabruzzo-laquila https://www.archeomedia.net/laquila-riapre-il-munda-museo-nazionale-dabruzzo/ https://news-town.it/cultura-e-societa/10218-munda.html https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/aquila_lo_scheletro_del_mammut_esposto_al_munda-4940573.html https://www.ilcentro.it/l-aquila/il-mammut-che-corre-nella-visione-virtuale-allestita-al-munda-1.2343430 https://www.ilcentro.it/l-aquila/munda-chiuso-tour-virtuale-sbarca-sul-web-1.2388864 http://www.mammuthusmuseo.com/ di Novella Franco Il castello di Chantilly, a pochi chilometri da Parigi, è considerato un gioiello del patrimonio artistico francese. Il suo ultimo proprietario, Henri d’Orléans duca d’Aumale (1822-1897), vi riunì una ricchissima collezione di opere d’arte rimasta intatta e perfettamente conservata grazie alle sue ultime volontà testamentarie. Nel 1886 egli lasciò il domaine di Chantilly all’Institut de France precisando che, alla sua morte, le opere da lui riunite dovessero essere rese accessibili al pubblico grazie all’apertura del Museo Condé, ospitato nel castello, ma soprattutto richiedendo che persino la disposizione dei mobili e degli oggetti rimanesse inalterata. Il castello rappresenta dunque una testimonianza preziosissima che ci restituisce una fotografia fedele di come si presentava la dimora del duca alla fine dell’Ottocento, permettendoci di fare un vero e proprio salto nel tempo. Da raffinatissimo amatore e conoscitore delle arti, il duca acquistò opere di grande qualità. La presenza di capolavori di artisti come Lippi, Piero di Cosimo, Carracci, Domenichino, Guercino, Poussin, Watteau, Ingres e soprattutto Raffaello, fa del castello di Chantilly la seconda più importante collezione di quadri antichi in Francia dopo quella del museo del Louvre. Tali opere, vincolate alle volontà del duca, non possono lasciare il castello e, pertanto, non possono essere oggetto di prestiti. La mostra-omaggio di Raffaello al castello di Chantilly Oltre a vantare i tre splendidi quadri autografi di Raffaello (Le Tre Grazie, La Madonna d’Orléans e La Madonna di Loreto), la collezione di Henri d’Orléans conserva anche un ricco fondo di disegni di mano dell’Urbinate e dei suoi allievi. Per questa ragione il domaine di Chantilly si è unito alle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte del Sanzio proponendo l’unica mostra-omaggio a lui dedicata in Francia, curata dal conservatore Mathieu Deldicque e alla quale ho avuto la fortuna di collaborare come sua assistente e co-autrice del catalogo. La mostra si concentra sulla produzione grafica dell’artista e dei suoi allievi, i tre quadri fanno naturalmente parte del percorso espositivo ma, per motivi di conservazione, non hanno potuto raggiungere le sale e occupano la loro consueta collocazione all’interno del castello. Il percorso si snoda attraverso cinque sale che seguono cronologicamente le diverse fasi della carriera di Raffaello. Le prime tre sale sono dedicate alla giovinezza a Urbino e ai primi esperimenti in Umbria, sotto l’influenza del Perugino e di Pinturicchio, al periodo fiorentino caratterizzato dalle celebri madonne, e all’apice della carriera nella Roma di Giulio II e Leone X. La mostra prosegue con una sala interamente dedicata al primo discepolo di Raffaello, Giulio Romano, del quale il castello conserva un numero cospicuo di disegni; infine, l’ultimo ambiente accoglie l’eredità dell’Urbinate, illustrando gli aspetti della diffusione dei motivi raffaelleschi da parte di Polidoro da Caravaggio e Perino del Vaga. Si è inteso dunque riproporre per intero la produzione grafica del maestro e dei suoi allievi conservata a Chantilly, proponendo nuove attribuzioni e mettendo in evidenza gli aspetti inediti, alla luce degli studi più recenti. Per una visita virtuale della mostra e del castello al tempo del Covid-19 L’emergenza COVID-19 ha raggiunto la Francia con qualche giorno di ritardo rispetto all’Italia, il che ha permesso alla mostra di mantenere le porte aperte fino a metà marzo. Inizialmente previsto dal 7 marzo al 5 luglio 2020, l’evento è stato prolungato alla fine del mese di agosto. Per rendere i contenuti della mostra accessibili al pubblico, anche il domaine di Chantilly si è attivato realizzando un tour virtuale che si configura in realtà come una vera e propria visita privata. Il video, disponibile sul sito ufficiale del domaine, è stato realizzato dal blog dello Scribe Accroupi (allusione al celebre Scriba del Louvre) che, in questo particolare periodo, sta lavorando a una rubrica speciale “Confinement” in cui propone, per ogni giorno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, un filmato per riscoprire le mostre più belle degli ultimi anni in Francia. Durante questa speciale visita privata, Mathieu Deldicque accompagna il visitatore alla scoperta del percorso espositivo, spiegandone l’intento e il significato nell’ambito delle celebrazioni. Per ogni sala e quindi per ogni fase della carriera di Raffaello, il curatore si sofferma sull’opera più emblematica, analizzandone la tecnica, lo stile e il contesto storico-artistico. Offrendo un approfondimento che va oltre i pannelli esplicativi delle sale e, soprattutto, una serie di ingrandimenti ad altissima definizione dei disegni, la visita permette al fruitore una completa esperienza immersiva negli ambienti del museo. Si possono così cogliere i minimi dettagli delle opere, come la cura anatomica dei personaggi e dei loro drappeggi; allo stesso modo è possibile godere del sapiente impiego delle diverse tecniche (il tratto del carboncino, le sfumature dell’acquarello, i contorni puntinati dei cartoni, la trama della carta ecc.) difficilmente apprezzabili a occhio nudo. Successivamente Mathieu Deldicque guida il visitatore nel castello davanti ai tre splendidi quadri del maestro. Le Tre Grazie sono custodite nel cosiddetto Santuario, dietro a delle tende di raso celesti, generalmente tenute aperte per permettere ai visitatori di ammirare l’opera. Durante la nostra visita esclusiva, invece, il curatore scosta questo drappo svelando il piccolo gioiello davanti ai nostri occhi; così facendo ci sentiamo, seppur dal nostro divano di casa, in qualche modo più privilegiati rispetto, paradossalmente, a una visita dal vivo in cui avremo dovuto condividere la contemplazione dell’opera con altri spettatori. Ciò che il video non riesce a restituire è il piacere di percorrere l’itinerario attraverso le sale, girando intorno alle vetrine, osservando il recto e il verso di un disegno, tornare sui nostri passi per ammirare nuovamente un’opera che ci ha colpito e soffermarci su un dettaglio che ci è sfuggito. Costantemente attivo sui maggiori social network (Facebook, Instagram e Twitter), il domaine di Chantilly rimane vicino ai visitatori con una pagina, appositamente creata sul suo sito, dal titolo Restons connectés pendant la fermeture du domaine (Restiamo connessi durante la chiusura del domaine). Questo spazio riunisce molteplici attività, alcune delle quali già precedentemente disponibili sul sito, rivolgendole a tutti i tipi di pubblico, dai ricercatori-studiosi alle famiglie con bambini. Tra i numerosi video che sono stati caricati ritroviamo le trasmissioni e i servizi sul castello, alcuni “focus” sulle singole opere accompagnati da spiegazioni dei conservatori, dei podcast, delle riprese effettuate durante gli spettacoli equestri (il domaine comprende anche delle maestose scuderie) e addirittura un video in cui viene mostrato il procedimento per realizzare la celebre “crema chantilly”, nata naturalmente nelle cucine del castello. La pagina permette altresì di accedere a tutta la collezione del museo: quadri, disegni, incisioni, foto d’epoca, progetti e piante del castello, numerosi documenti d’archivio e il famosissimo manoscritto medievale delle Très Riches Heures du duc de Berry, interamente disponibile in formato digitale, pronto da sfogliare. Infine, un’interessante offerta rivolta ai bambini e agli insegnanti riguarda una serie di dossier pedagogici da stampare con percorsi alternativi, giochi, quiz e disegni da colorare. L’insieme del domaine è accessibile su Google Arts & Culture e, tramite Street View, è possibile beneficiare di una splendida visione globale dell’immenso parco in cui sorge il castello. Il colpo d’occhio del maestoso parterre, progettato da André Le Nôtre, che ci sorprende una volta giunti in cima al viale d’ingresso, è assicurato anche virtualmente. Sitografia:
https://www.domainedechantilly.com/fr/restons-connectes-ledomainealamaison/ https://www.domainedechantilly.com/fr/event/raphael-a-chantilly/ https://artsandculture.google.com/partner/chateau-de-chantilly?hl=fr https://artsandculture.google.com/streetview/ch%C3%A2teau-de-chantilly/SQHhRLdcbxeMTQ?sv_lng=2.486487779372879&sv_lat=49.19443737623073&sv_h=245.59&sv_p=14.719999999999999&sv_pid=8zzlCB3eKAuxi1k64AZVBA&sv_z=1 di Letizia Fiori In questi tempi straordinari – letteralmente fuori dall’ordinario – in cui tutti noi siamo costretti a stravolgere le nostre abitudini, confinati, per il nostro stesso bene, in casa, non bisogna mai perdere la speranza. Questo è il tempo di reagire. Di sfruttare l’inaspettata quantità di tempo libero che abbiamo a disposizione per impegnarci in qualcosa di costruttivo. In questo la risposta dei musei non è tardata ad arrivare. Si sono moltiplicati, dall’oggi al domani, i tour virtuali tra i capolavori che ora sono, anche loro, confinati in casa. Anche il museo dell’Ara Pacis è sbarcato online, come tutte le istituzioni facenti parte della rete dei Musei in Comune: si offre «un tour virtuale» – come riporta il sito ufficiale – «per una visita a tutto schermo delle sale e per consentire a tutti un'esperienza virtuale che supera i limiti spaziali»[1]. In realtà, il tour del museo dell’Ara Pacis è disponibile già dal 2012, a testimonianza della presa di coscienza dell’utilità di questo strumento molto prima dell’emergenza Covid-19. In pochi, però, ne erano a conoscenza. Forse perché si privilegiava la visita in loco, o perché la frenesia del quotidiano non lasciava sufficiente tempo libero da dedicare a questo tipo di esperienza. Sicuramente oggi è uno strumento prezioso, che ci avvicina a quei luoghi dai quali siamo distanti, almeno fisicamente. Il tour in questione permette la visita del museo simulando una passeggiata virtuale, l’unica che ci è consentita, per esplorare l’interno degli ambienti senza i fastidiosi tempi di attesa che la quantità di visitatori abituali avrebbe inevitabilmente provocato. Grazie al movimento del mouse è possibile ruotare la visuale a 360°, «zoomare fino ad avvicinarsi ai diversi elementi presenti nelle sale, oltre che approfondire la visita con foto e video»[2]. Tutto quello che occorre per la visita virtuale è un pc e un collegamento ad internet. Basterà poi collegarsi al sito http://tourvirtuale.arapacis.it/ita/index.html perchè la magia abbia inizio. Con il plug-in Adobe Flash Player muoviamo i primi passi nella realtà virtuale del museo: la visuale iniziale è esattamente la stessa che avremmo potuto apprezzare se fisicamente lì, in perfetta coerenza con la ‘visita reale’. Utilizzando il mouse e la tastiera, cliccando sugli hotspot inseriti negli ambienti e navigando le mappe interattive, la visita si approfondisce con elementi di contesto: foto, video e testi. Alle nostre spalle, proprio accanto alla porta di ingresso, un pannello e un plastico offrono un’interessante ricostruzione del contesto originario che faceva da cornice all’Ara Pacis: il Campo Marzio settentrionale, così come doveva presentarsi nel 14 d.C., alla morte di Augusto. L’idea del plastico è davvero vincente per restituire un’immagine di come doveva essere la città agli occhi di un civis Romanus dell’epoca, sicuramente molto diversa da quella odierna; d’altronde, sappiamo ormai tutti che le “immagini” sono più efficaci delle parole. Quello che però manca nel tour virtuale è uno zoom, magari dall’alto, proprio sul plastico, che invece risulta virtualmente non apprezzabile, ‘piatto’. Ne intuiamo la presenza ma non l’articolazione. Prima di proseguire verso l’ara, alla nostra sinistra una teoria di busti dei rappresentanti più famosi della gens Iulia, tutti corredati di una “i” soprastante, cliccando la quale si apre una finestra che fornisce brevi informazioni aggiuntive nell’opera, ma non esaustive sul personaggio rappresentato. Data la complessa articolazione della famiglia romana, si sarebbe potuto pensare ad un ulteriore approfondimento che chiarisse il ruolo dei personaggi rappresentati dai busti scelti. A questo proposito, giusta è l’idea di collocare, alla nostra destra, di fronte alla teoria di busti, un pannello trasparente autoportante che ricostruisce la genealogia della gens Iulia, molto utile per fare chiarezza dei rapporti di parentela esistenti ma, purtroppo, slegato dal resto del contesto, dal momento che i nomi non sono accompagnati da un riferimento grafico ai personaggi, seppur rappresentati nei busti presenti di fronte. Risulta complicato e assolutamente non immediato lo spostamento di visuale dal pannello ai busti per tentare di collegare nomi e volti. Dopo questo spazio introduttivo, necessario per inquadrare il contesto storico e paesaggistico, ci concentriamo sull’Ara Pacis, il fulcro di questa avanguardistica struttura museale progettata nel 2006 dall’archistar Richard Meier. Seppur il punto di osservazione iniziale sia distante, con uno zoom progressivo riusciamo ad arrivare ai piedi dell’ara, senza che la qualità e la risoluzione dell’immagine ne risentano minimamente. Purtroppo nessuno strumento di approfondimento è disponibile riguardo il prospetto principale dell’altare, così come, vedremo dopo, per gli altri prospetti. Qualcuno potrebbe obiettare che la magnificenza del monumento “parli” da sé, ed è certamente così, ma si sarebbe potuto pensare di integrare questi zoom con le ricostruzioni dello stesso realizzate con il progetto “L’Ara com’era”, non consultabile online se non attraverso dei brevi video, e la cui iniziativa è terminata lo scorso dicembre 2019. A questo punto il virtual tour ci consente di proseguire solo in una direzione, verso il corridoio ovest. Di nuovo non abbiamo a disposizione alcun approfondimento, anche solo minimo, per esempio riguardo i soggetti rappresentati nel fregio superiore. Un minimo di interattività avrebbe potuto rendere ancora più interessante e coinvolgente la visita. Passiamo al lato nord, il prospetto posteriore dell’ara. Sicuramente la maggiore profondità dello spazio architettonico a disposizione permette un’osservazione omogenea, con un unico colpo d’occhio, come invece non accade per i lati dell’altare, i cui corridoi sono molto più stretti. Ma questa è una considerazione strettamente legata al moderno contenitore. Nulla di più possiamo dire, a livello storico-artistico, su questo prospetto, nemmeno apprezzare, tramite lo zoom, i pannelli che incorniciano l’apertura posteriore perché lo strumento non risulta disponibile. A questo punto possiamo visitare gli spazi sottostanti il lato est dell’ara, che contengono i calchi riferiti alla Tellus e alla dea Roma, finalmente un approfondimento riguardo i due pannelli sul lato secondario. Un’altra sala contiene i frammenti del grande fregio a girali che caratterizza tutta la fascia inferiore dell’altare, come un grande nastro che lo avvolge completamente. Un pannello spiega la grande difficoltà incontrata nella ricostruzione del fregio, data la quantità di frammenti rinvenuti. La sala successiva, cosiddetta Ara Pietatis o Ara Claudii, contiene una serie di frammenti di svariate dimensioni e soggetti diversi. Così termina il tour del Museo dell’Ara Pacis. Grande assente la veduta del lato est dell’altare nonostante la scena più importante e meglio conservata sia proprio su questo fianco, quella con i personaggi della famiglia imperiale in processione, secondo un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C. Il tour, risalente al 2012, presenta molti punti che potrebbero essere facilmente implementati. Nel 2020 ci si aspetta di più da una visita virtuale immersiva, sia sul fronte della tecnologia che da quello storico-artistico, così come ancora preistorico è l’utilizzo che le istituzioni museali fanno dei canali social. Un salto andrebbe compiuto per avvicinare i musei, formula settecentesca, al nostro tempo. [1] http://www.arapacis.it/it/musei_digitali/tour_virtuali [2] http://www.arapacis.it/it/servizi/news/tour_virtuale_del_museo_dell_ara_pacis |
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