Alcuni studi dedicati a Cento, la città del Guercino, hanno portato a riflettere sul tema del viaggio e di come siano cambiati i viaggiatori nel corso del tempo. Il mutamento è avvenuto, gradualmente, sotto ogni aspetto: la pianificazione, l’attrezzatura, le motivazioni. Qualcosa però resta invariato, come un istinto primordiale e non soltanto come abilità cognitiva, ossia l’esigenza di orientarsi nel tempo e nello spazio. Non a caso, il più delle volte, siamo accompagnati da una guida, un’applicazione, mentre i nostalgici e gli alpinisti da una cartina o una bussola alla scoperta di nuovi territori, oltre che di se stessi. Per decenni abbiamo acquistato nelle librerie delle guide tascabili che ci potessero accompagnare durante i nostri viaggi per conoscere il loro patrimonio storico artistico, senza tralasciare le tradizioni, i prodotti autoctoni, gli alloggi e i locali caratteristici. Nei secoli precedenti, anche i cosiddetti forestieri scelsero l’ausilio di questi libretti, i quali erano ricchi di nozioni su luoghi ed edifici, specialmente di culto, con le opere più importanti, i restauri, gli aneddoti sulle famiglie più importanti. Oggigiorno questi libretti sono diventati principalmente materiale di studio per gli storici e gli storici dell’arte poiché il viaggiatore ormai è abituato a consultare blog, siti internet, applicazioni. Ultimamente si cercano le informazioni nelle pills o reel, della durata di sessanta secondi, lasciati dagli utenti su Instagram o Tik Tok. Il mercato delle guide non si è arrestato, ma sicuramente con l’avvento delle mappe satellitari è in netto calo. Restano poi gli amanti della storia, sognatori in viaggio che con le guide storiche nello zaino cercano di scoprire quel territorio, come se avessero tra le mani una macchina del tempo, consapevoli delle trasformazioni urbanistiche e ambientali, accrescendo la consapevolezza dell’importanza nel preservare i territori. Questa modalità di approccio con le guide antiche è stata ampiamente sfruttata dalla televisione britannica con il programma Trans Europe Express, condotto da Michael Portillo. Il conduttore ha realizzato un documentario per la BBC effettuando dei viaggi in treno per l’Europa continentale con l’ausilio della Bradshaw’s Guide, la celebre raccolta di guide per il turismo ferroviario creata da George Bradshaw a partire dal 1839, ripercorrendo i luoghi della guida e analizzando le differenze con il mondo contemporaneo. È stato un programma di enorme successo. In realtà molti dei nuovi ausili sono inscindibili dalle fonti antiche, in quanto la stessa applicazione aggiornata e ricca di contenuti, molto spesso non è altro che la presentazione finale di un back-end composto da una squadra di studiosi e specialisti che hanno realizzato i contenuti da trasmettere in modo digitale, cercando di essere efficaci ed efficienti. Una simpatica cittadina, ben costruita, di circa cinquemila abitanti, produttiva, linda, vivace, posta in una pianura coltivata a perdita d’occhio. […] A Cento il nome di Guercino è sacro, sulla bocca dei piccoli come dei grandi. Mi piacque molto il quadro che rappresenta l’apparizione del Cristo risorto alla Madre. Il Caso di Cento Molte città sono state descritte nelle Guide de’ Forestieri e in questa circostanza sembra utile mettere in luce il caso di Cento. Difatti, durante le ricerche storiografiche e cartografiche, si è iniziato a confrontare le varie guide della città: Memorie delle cose di Cento di Biagio Bagni, il primo storiografo di sua patria agli inizi del Seicento; Girolamo Baruffaldi nel Settecento con la Visita alle Pitture della Terra di Cento per istruzione del Passeggere e de’ Dilettanti del Dissegno; le Pitture di Cento [1] di Camillo Orazio Righetti nato Dondini del 1768; il Sunto storico della Città di Cento [2] di Gaetano Atti del 1853; le famose guide del Touring Club, uscite per la prima volta nel 1914; la recente e preziosa guida del 2012 di Valeria Tassinari, Cento, conoscerla, amarla; fino all’applicazione e sito internet Cento città del Guercino [3] realizzata dal Comune di Cento in collaborazione con l’Università di Bologna. Per esempio, il testo di Righetti, su cui vertono le mie ricerche, invita il lettore a servirsi di questo libretto ricco di annotazioni, dichiarando nel prologo che per redigerlo prese le parole da: Carlo Cesare Malvasia, Giovanni Baglione, Pellegrino Antonio Orlandi, Francesco Algarotti, Giovanni Paolo Lomazzo, per citarne alcuni. Gaetano Atti si ispirò a Righetti, ma aggiunse nuove informazioni, come la descrizione della pinacoteca comunale, costituita soltanto nel 1839 all’interno del palazzo del Monte di Pietà dove furono riunite numerose opere provenienti da vari edifici di culto soppressi in età napoleonica. Le guide edite dal Touring Club uscirono, a partire dal 1914, sotto forma di Guide di Italia, famose per la copertina rossa e divise per regioni, per rivalutare l’ambiente urbano e naturale e per sensibilizzare la popolazione senza tralasciare l’aspetto cartografico. Nel volume dedicato all’Emilia Romagna, troviamo il tragitto da Modena a Cento: qualche accenno alla storia dei nomi della città e dei personaggi illustri, primo tra tutti Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino; una breve panoramica dei luoghi di maggiore interesse con approfondimenti sulla Pinacoteca civica e sulla Chiesa del Rosario. Oggi, in questa quarta rivoluzione digitale, grazie all’applicazione Cento città del Guercino, realizzata dal laboratorio di ricerca FrameLab [4] (Multimedia & Digital Storytelling), le preziose informazioni di base si sono trasformate in storymaps e audioguide, nelle quali è possibile orientarsi attraverso una mappa per vedere i luoghi dell’artista: la casa, l’Accademia del Nudo, le chiese, le opere conservate in pinacoteca. Inoltre, i luoghi non registrati nelle stories si possono fotografare con il proprio dispositivo e una volta caricate le immagini nell’applicazione, questa fornirà agli utenti le informazioni sulla foto inserita appagando quell’esigenza dell’individuo di orientarsi, di contestualizzare quei luoghi, soddisfacendo il proprio bisogno di conoscenza e curiosità. Invece il sito internet accompagna lo studioso o il turista appassionato di Guercino alla scoperta delle sue opere. La città di Cento, che l’anno scorso ha ricordato il decennale del terremoto del 2012 – evento sismico che provocò la perdita di alcune persone e ingenti danni al patrimonio culturale – si è risollevata grazie alla tecnologia e il Comune ha potuto di nuovo accogliere i forestieri ricostruendo gli itinerari guerciniani [5]. Dopo il terremoto è stata organizzata soltanto la mostra Emozione Barocca nel 2019, mentre la Pinacoteca civica è ancora in fase di restauro e verrà riaperta verso la fine del 2023 [6]. Temporaneamente è stata allestita una pinacoteca dedicata al Guercino con poco più di dieci opere, all’interno della chiesa sconsacrata di San Lorenzo di proprietà della Fondazione Patrimonio degli Studi.
Sitografia [1]https://books.google.it/booksid=3IwlGQAACAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false [2]https://archive.org/details/suntostoricodell00atti/page/n5/mode/2upq=guercino&view=theater [3] https://centocittadelguercino.unibo.it/index.php/scarica-lapp/ [4] https://centocittadelguercino.unibo.it/index.php/credits/ [5] https://www.guercinoacento.it/itinerario-guerciniano/ [6]https://www.guercinoacento.it/pinacoteca-civica-il-guercino/
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di Rossana Buono I capolavori della Storia dell'Arte vivono in eterno non solo nella ammirazione dei fruitori delle diverse generazioni, ma anche nella reinvenzione degli artisti di epoche successive che ne traspongono su altri piani l’idea generatrice dell’opera. È il caso della Ultima Cena di Leonardo da Vinci la cui immagine è recentemente uscita dalla parete del Refettorio del Convento di S. Maria delle Grazie a Milano per riapparire nell’invaso della cupola della Basilica di S.Maria di Montesanto, detta la Chiesa degli Artisti, in piazza del Popolo a Roma, in occasione della festa del Corpus Domini il 6 giugno 2021. Miracolo della tecnica... e non solo! La visione estatica che rapisce chi è entrato nella chiesa dal 4 al 11 giugno si deve alla geniale invenzione di Armondo Linus Acosta (regista e autore) che ha creato un cortometraggio della durata di nove minuti: già presentato a Milano, nel Palazzo Reale, in concomitanza con l'esposizione dell'arazzo vaticano riproducente il Cenacolo leonardiano (8 ottobre - 17 novembre 2019), The Last Supper: the Living Tableau si rivela di una potenza ipnotica incredibile, per via dei lenti e solenni gesti dei personaggi e della drammaticità della colonna sonora dello Stabat Mater di Rossini. Nella penombra della chiesa la testa va in su per guardare la scena della Sacra Cena sullo sfondo architettonico delle tre finestre che inquadrano il paesaggio esterno, così come Leonardo lo dipinse. Gli apostoli, ripresi in controluce, sono già seduti in gruppi di tre per volta, come nel dipinto leonardesco che viene riproposto nella fedeltà di ogni dettaglio. Lentamente appare la figura di Gesù Cristo che prende posto al centro della tavola imbandita e inizia con lenta e ieratica gestualità a protendersi verso gli apostoli. Tutti i personaggi sono somiglianti, nella fisionomia e nei costumi, in maniera impressionante a quelli dipinti da Leonardo. Non sono attori professionisti ma addetti ai lavori su set cinematografici, notati dal regista per via della loro somiglianza con gli apostoli leonardiani, quindi scelti successivamente per il ruolo. Lo stesso Armondo Linus Acosta si è prestato ad impersonare l'apostolo Taddeo. Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo hanno provveduto ad animare la scena in modo originale, mettendo in opera uno stratagemma che desse una particolare postura e una resa eccezionale dei costumi ai personaggi. Si sono serviti di calchi di gesso in cui calare i corpi degli attori affinché potessero con più facilità mantenere la posizione data e annullare la percezione plastica e naturale dei corpi attoriali. Inoltre Vittorio Storaro ha dato al cortometraggio una impronta di perfezione stilistica che contraddistingue la sua maestria, tra l’altro affermando che la sua intenzione era quella di rendere la pittura viva. La proiezione vive di due momenti distinti: con i fotogrammi in “bianco-nero” durante la reale celebrazione della messa dell’officiante di turno nella sottostante zona absidale della chiesa e poi successivamente col passaggio “a colori” quando, finita la celebrazione, si raggiunge la piena oscurità in tutta la chiesa, a porte chiuse. Con lo sguardo all'insù si viene estaticamente rapiti in un mondo irreale che è alle radici della storia umana e religiosa. Non prevale esclusivamente il sentimento religioso, ma si insinua una serena e suggestiva meditazione sulla condizione umana e sui suoi valori. Parla direttamente al cuore questo living tableau, senza scadere in banali sentimentalismi. Questa opera di Acosta si differenzia nella tipologia e nella finalità dalla Ultima Cena di Peter Greeneway (2008 Milano) che con esperimenti digitali mostra sulla immagine dell’opera leonardesca una sovrapposizione di schemi grafici, giochi di luce e isolamento di particolari come le mani per una lettura critica e scientifica del dipinto. Del tutto differente dall’afflato poetico e magico del Last Supper di Acosta, che è stato proiettato già a Gerusalemme nella Basilica del Santo Sepolcro durante la scorsa Settimana Santa e poi per papa Francesco al Vaticano. In un prossimo tour mondiale l’opera di Acosta riapparirà, di volta in volta in altre sedi, in contesti ambientali imprevedibili. Patrocinio del Dicastero per la Cominicazione della Santa Sede,
Ufficio Comunicazioni Socilai del Vicariato di Roma, Ministero Beni e Attività Culturali del Comune di Roma, Fondazione Film Commission di Roma e del Lazio di Giusy Longo
Quante volte, dall’inizio del lockdown, ci siamo sentiti abulici e rassegnati? L’inerzia forzata, il giusto imperativo per sopperire alla corrente situazione emergenziale, si è insinuata prepotentemente nelle nostre vite, divenendo un vero abito, assieme alla tuta sportiva o al pigiama. C’è chi, alla fine, si è lasciato lusingare da un’ovattata indolenza e chi, d’altra parte, ha visto rarefarsi sempre più l’essenza di una quotidianità di interazioni, di “affetti” leonardeschi. Se si vive la vocazione per l’arte, non ci si lascia frenare, poiché l’immersione reiterata nei mirabili lasciti di pittori, scultori ed architetti educa a farsi trapassare dapprima dall’emotività, nella naturale reazione agli eventi, per cedere presto il posto alla sensibilità, il cui apporto presuppone un concorso intellettuale e attivo imprescindibile per elaborare l’emozione. Una dote preziosissima nel deflagrare di una realtà già preconizzata e in gestazione quando Walter Benjamin, nel 1936, pubblicò “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. Difatti, sebbene ormai frutti maturi dell’hi-tech, noi studiosi di storia dell’arte tendiamo a rifiutare il più possibile, per deformazione professionale, il potere immaginifico degli schermi: non siamo avidi consumatori di pixel, ma attenti fruitori del reale. Di conseguenza, sappiamo bene che per ovviare a siffatto impasse gnoseologico, è necessario scovare l’aura nell’inevitabile “iconificio digitale”, raccordandolo al contesto e alla storia dei suoi contenuti attraverso la lettura delle fonti storiografiche, attraverso il potere evocativo della parola. Pensiamo, per esempio, a Francesco Algarotti, intellettuale, scrittore nonché influente tuttologo veneziano immerso nella Respublica literaria europea del Settecento. Forte di una icastica sagacia, corroborata dall’animo cosmopolita, Algarotti era solito cimentarsi in arditi quanto efficaci esercizi di ecfrasi, riuscendo vividamente a transustanziare i capolavori ammirati ai propri interlocutori. Emblematico, a tal proposito, è l’incontro con l’adoratissima “Madonna di San Girolamo” di Correggio, presso l’Accademia di Pittura di Parma e il commento suggestivo resone all’amico Anton Maria Zanetti, in una lettera del 1759: «Mi perdoni il divino ingegno di Raffaello, se guardando a quel dipinto, io gli ho rotto fede, e sono stato tentato di dire in secreto al Correggio: ‘tu solo mi piaci’». E proseguiva: «Spirano veramente quelle inimitabili figure, paion create non dipinte, né mai d’accanto a loro ti vorresti partire». Immaginiamo Algarotti girovagare per la cittadina emiliana, entusiasta e attento. Restiamo ammaliati assieme a lui dinanzi all’affettuoso consesso di corpi sinuosi, dai volti tumidi e sereni, intrecciati nella contemplazione assorta del Bambino. A bilanciare il vigore muscolare e l’imponenza di San Girolamo sulla sinistra vi è, al lato opposto, la Maddalena, che, a mo’ di sorella maggiore, trova ristoro nel calore delle turgide carni infantili. Desta curiosità, tra l’altro, il vispo angioletto in basso che, schermatosi discretamente dall’idillio, sembra annusare il lacrimatoio della santa. Balena l’aneddoto di Francesco Scannelli, il quale narrava come un altro celebre pittore, Guido Reni, considerasse vivi bambini i putti della Pala di San Giorgio dell’Allegri al punto da adorarli con dolcezza quasi paterna, chiedendo a coloro che fossero andati a visitarli se stessero crescendo bene: chissà se, anche durante questo periodo di clausura, quei putti sono cresciuti bene! Che sussulto dovette pervadere lo scrittore veneziano, nel riportare all’amico come l’Italia corse il rischio di rimanere per sempre orba della tavola parmense, per poco non ceduta al re di Polonia nel 1756: essa, difatti, fu commissionata ad Allegri da Briseide Colla, vedova Bergonzi, nel 1528, per la chiesa di Sant’Antonio Abate, dove rimase esposta sino al 1749. Ben presto si sparse la voce che, per ultimare la chiesa, l’Abate ne concordò segretamente la vendita con il sovrano. Fortunatamente, il misfatto fu scampato grazie ad un moto di indignazione del popolo di Parma. Sebbene poi, nel 1756, l’opera fu acquisita dal Reale Infante di Spagna Filippo di Borbone, Algarotti esalò comunque un respiro di sollievo: meglio poterla apprezzare nelle collezioni ducali, malgrado il vistoso cambio di scena, piuttosto che perderla, svilendo quel variegato museo a cielo aperto incarnato dalla penisola italica intera. Quando abbiamo smesso di interrogare i nostri avi e la tradizione? Per quale motivo abbiamo ceduto una sostanziosa porzione della curiosità per abbracciare il vuoto dell’accettazione del contingente, lasciando appassire pagine e pagine come necrologi di vite vissute e, come mai prima, mortifere? Non possiamo essere oziosi, in quanto vivi, umani. Umberto Eco controbatterebbe che la pigrizia è prerogativa del testo. Dunque, a noi spetta, come attivi incubatori delle istanze della contemporaneità, aiutarlo a funzionare, rinnovarne il significato. E perché non farlo ripartendo proprio da Benjamin, provando però a fare un passo avanti, conferendo noi l’aura all’opera d’arte, qualunque essa sia. Solo così, saremo capaci di rompere quel guscio di incomunicabilità, orpello con cui abbiamo convalidato, edulcorato e giustificato la rottura del dialogo col passato e in cui ci siamo rannicchiati, passivi, arrogandoci il privilegio di essere tanti torpidi “gattopardi” nel divenire del tempo. Solo così, abbracciando questa consapevolezza, gli umanisti potranno tornare a salvare il mondo. di Eliana Monaca Principality of Monaco is not just luxury and glamour, but it’s also «a tourist destination with a remarkable heritage»[1]. On the Rocher, (Monaco Town, The Rock) the highest point of view in the Principality of Monaco, there are some of the most attractive places, like the nineteenth-century Cathedral built on the foundations of the thirteenth-century church dedicated to Saint Nicolas; the Palais Princier, the Prince’s Palace a residence since the thirteenth century of the reigning family Grimaldi and the Musée Océanographique (the Oceanographic Museum). In the Monte-Carlo district, between the Larvotto beach and the famous Tunnel of the Formula 1 Grand Prix circuit, there is the Grimaldi Forum built-in 2000. Caravage and the Seventeenth century at Grimaldi Forum The Grimaldi Forum is a congress center, where, thanks to its large spaces, is possible to program exhibitions and events also simultaneously, as in the case of the summer temporary exhibitions, when the Principality welcomes all its visitors (not Monegasque) for the summer holidays[2]. Last year, for example, was held the beautiful exhibition on Salvador Dalì, Dalì, A History of Painting (06th July – 08th September 2019), curated by the director of the Dalì Museums, Montse Aguer, and supported by the Fundacion Gala-Salvador Dalì, to celebrate the thirtieth anniversary of the artist's death, which has garnered widespread acclaim[3]. Two exhibitions were scheduled this year: the first one to celebrate the twenty years of the Grimaldi Forum, Monaco and the Automobile, from 1893 to the present day (11th July – 06th September 2020), now canceled[4], the second one Caravaggio – the power of the light in the Diaghilev Space (17th July – 06th September 2020) postponed[5]. The exhibition Caravaggio – the power of the light was organized by the Monegasque company Gaudio Group, with a highly respected scientific committee chaired by Professor Mina Gregori (student of Roberto Longhi, President of the Foundazione Roberto Longhi, Director of Paragone magazine, member of the Lincei Accademy and the Lègion d’honeur, emeritus professor of History of Modern Art at the University of Florence). Roberta Lapucci (art historian and Chief of Restoration Department of Studio Arts College International School of Florence); Susan Grundy (art consultant); Ubaldo Sedano (Director of Restoration Department of Thyssen-Bornemisza Museum in Madrid); Keith Sciberras (Professor of Art History at the University of Malta). An Honor Committee with Alessandro Cecchi (Director of Museo di Casa Buonarroti); Cristina Acidini Luchinat (former Superintendent of the city of Florence, Director of the Opificio delle Pietre Dure and now President of the Academia delle Arti del Disegno); Antonio Paolucci (Art historian and curator, former Superintendent of the Polo Museale Fiorentino, Director of the Vatican Museums and Minister of Cultural Heritage of Italy); Zerafa Fr Marius (Dominican father art historian, former Director of the Malta Museums) and Vittorio Sgarbi (politician and Art historian)[6]. The focus of the exhibition is the light, extremely important in Caravaggio’s compositions[7]. The Light in the Seventeenth century We know from Caravaggio’s contemporary sources how painters and art writers did not appreciate this absence of "light". Giulio Mancini (1559-1630), the first one who wrote about Caravaggio and his coloring «assai di negro»[8], in his book Considerazioni - composed between 1617 and 1628, but published only between 1956 and 1957 by Adriana Marucchi - remembered how the setting of Caravaggio’s works seemed to be in a room with a single «fenestra con le pariete colorite di negro, che così, havendo i chiari e l’ombre molto chiare e molto oscure, vengono a dar rilievo alla pittura», although the figures were still lacking «di moto e d’affetti, di gratia»[9]. Then there was the memory of the rival Giovanni Baglione (1573-1643) who in his book, Vite of 1642, he wrote that Merisi «con la sua virtù si aveva presso i professori qualche invidia acquistata», and then Federico Zuccari, seeing the Contarelli chapel «mentre io [scil. Baglione itself] era presente, disse: “Che rumore è questo?” E guardando il tutto diligentemente, soggiunse: “Io non ci vedo altro, che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo, quando Cristo il chiamò all’apostolato”; e sogghignando, e maravigliandosi di tanto rumore, voltò le spalle, e andossene con Dio»[10]. The doctor and art expert Francesco Scannelli (1616-1663) in his Microcosmo della pittura of 1657 criticized the darkness in the Contarelli chapel because it didn’t let to well see the paintings: the Calling of Saint Matthew and Saint Matthew and the Angelof 1602[11]. He thought that the Calling of Saint Matthew was «una delle più pastose, rilevate e naturali operazioni, che venga a dimostrare l’artificio della pittura per immitazione di mera verità»[12]. Another important information that Scannelli leaved in his book was about a paint in the collection of the Grand Duke of Tuscany «che fa vedere quando un ceretano cava ad un contadino un dente, e se questo quadro fosse di buona conservazione, come si ritrova in buona parte oscuro e rovinato, saria una delle più degne operazioni che avesse dipinto», the Tooth Puller of 1608 at the Pitti Palace in Florence[13]. Guercino, another painter friend of Scannelli since 1640 when they met in Bologna, explained the reason why «sufficienti e famosi maestri» like Guercino himself, Guido Reni, Rubens, Albani and Pietro da Cortona, changed their style and «poscia nel tempo del maggior grido inclinato il proprio modo di operare alla maggior chiarezza»[14]. Guercino in fact used to study and imitate the Annibale Carracci’s style and then he started to imitate and study the dark manner of Caravaggio. He saw in fact common affinities between the naturalism of Carracci and Caravaggio[15], and he told to his friend Scannelli that «aveva sentito più volte dolersi coloro che possedevano i dipinti della propria sua prima maniera, per ascondere (come essi dicono) gli occhi, bocca ed altre membra nella soverchia oscurità, e per ciò non avere stimato compite alcune parti», so «per sodisfare a tutto potere alla maggior parte, massime quelli che col danaro richiedevano l’opera, aveva [scil.Guercino] con modo più chiaro manifestato il dipinto»[16]. Last but not least it’s important for us to remind what Giovan Pietro Bellori (1613-1696) wrote in his book Vite of 1672. In fact «vecchi pittori assuefatti alla pratica», they had noticed that young painters, «presi dalla novità», celebrated Caravaggio «come unico imitatore della Natura, e come miracoli mirando l’opere sue lo seguivano a gara, spogliando modelli, ed alzando lumi; e senza più attendere studio, e ad insegnamenti, ciascuno trovava facilmente in piazza, e per via il maestro, o gli esempi nel copiare il naturale»[17]. And even if «vecchi pittori» continued to «sgridare il Caravaggio, e la sua maniera, divulgando ch’egli non sapeva uscir fuori dalle cantine, e che povero d’invenzione, e di disegno, senza decoro e senz’arte, coloriva tutte le figure ad un lume, e sopra un piano senza degradarle», they had not been able to slow down «il volo alla sua fama»[18]. Bellori appreciated the influence of Giorgione (saw at Venice) on the young Caravaggio, and he created his first paints «dolci, schiette, e senza quelle ombre, ch’egli usò poi»[19]. Bellori in fact thought that the darkness in Caravaggio’s paints erased the «storia», and every possible reference to the action[20]. However Caravaggio «facevasi ogni giorno più noto per lo colorito, ch’egli andava introducendo, non come prima dolce, e con poche tine, ma tutto risentito di oscuri gagliardi, servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi». In this way, he moved away from the pleasantness of Giorgione[21]. The Principality shelters from Covid-19 Covid-19 has obviously shocked Monaco: on March 19th, the main news agencies in fact beat the news of the positivity of Prince Albert II of Monaco to the Coronavirus[22]. Because of the lockdown imposed however a few day before the news[23], the Grimaldi Forum had to close to visitors and postpone the exhibition Caravaggio – the power of the light (probably on summer 2021). The reason why the Grimaldi Forum decided to close - even virtually - is that the Principality's tourism focus itself between May and September with a lot of Italian (from Lombardy and Piedmont), Arabs and sometimes Russians, who usually spent their vacation in Monaco. During the summer a lot of cruise ships with a huge number of visitors use to arrive at Port Hercule. Usually private buses drive them to the Rocher, where they can visit the Cathedral, the Prince's Palace and the Oceanographic Museum. Probably because of this difference in audience, the Oceanographic Museum has chosen to continue its activity even in this time of health emergency, using their social page on Facebook “Musée océanographique de Monaco”. On the other hand, the Grimaldi Forum is not a museum, but a congress center and thanks to its large space, since May 19th the Ravel Space is one the two centers set up by Monaco’s Government for its Covid-19 resident’s screening campaign[24]. Bibliography: Argan 1968 = Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, III, Sansoni, Firenze 1968. Baglione 1642 = Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetta dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Andrea Fei, Roma 1642. Bellori 1672 = Giovan Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Mascardi, Roma 1672. Borea 1970 = Evelina Borea, Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, Sansoni, Firenze 1970. Cinotti 1983 = Mia Cinotti, Michelangelo Merisi detto Caravaggio: tutte le opere, Poligrafiche Bolis, Bergamo 1983. Collezionismo mediceo 2002 = Collezionismo mediceo e storia artistica, a cura di P. Barocchi e G. Gaeta Bertelà, I, Da Cosimo I a Cosimo II 1540-1621, 2 voll., Spes, Firenze 2002. Gregori 1991 = Mina Gregori, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Come nascono i capolavori, Electa, Milano 1991. Gregori 2005 = Mina Gregori, Tre “cartelle” per tre mostre caravaggesche, in «Paragone, Arte», 56, n. 669, 64, november 2005, pp. 3-24. Gregori 2010 = Mina Gregori, scheda Cavadenti, in Caravaggio e caravaggeschi a Firenze, by G. Papi, Sillabe, Livorno 2010. Guttuso 1967 = Renato Guttuso, L’opera complete del Caravaggio, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1967. Longhi 1968 = Roberto Longhi, Caravaggio, Ed. Riuniti, Roma 1968. Marangoni 1922 = Matteo Marangoni, Il Caravaggio, Battistelli, Firenze 1922. Marini 2005 = Maurizio Marini, Caravaggio “Pictor praestantissimus”, Newton & Compton, Roma 2005. Occhipinti 2018 = Carmelo Occhipinti, Introduzione alle Vite de’ pittori, scultori e architetti di Giovan Battista Passeri (1772), by M. Carnevali and E. Pica, Fonti e Testi of “Horti Hesperidum”, 18, UniversItalia, Roma 2018, pp. 5-107. Scannelli [1657] 2015 = Francesco Scannelli, Il Microcosmo della pittura 1657, by E. Monaca with an essay by C. Occhipinti, Fonti e Testi of “Horti Hesperidum”, 5, UniversItalia, Roma 2015. Sitography:
[1] https://www.visitmonaco.com/us/place/16/museums. [2] Thanks to the virtual tour on https://www.grimaldiforum.com/en/visite-virtuelle, it is possible to realize how large the spaces of the Grimaldi Forum are, in particular the Ravel Space where the summer exhibition is usually set up. [3] https://www.artlimited.net/agenda/exhibition-dali-a-history-of-painting-monaco-grimaldi/en/7583188 andhttps://www.grimaldiforum.com/en/events-schedule-monaco/dali-une-histoire-de-la-peinture. [4] https://www.grimaldiforum.com/en/events-schedule-monaco/exhibition---monaco-and-the-automobile-from-1893-to-the-present-day. [5] https://www.grimaldiforum.com/en/events-schedule-monaco/exhibition-michelangelo-merisi-the-caravage. [6] https://www.caravaggioexhibition.com/exhibition. [7] https://www.caravaggioexhibition.com/exhibition. [8] Mancini 1956-1957, pp. 139-148 at https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=2ahUKEwii_4PSoJjpAhVT6qYKHaqkDI4QFjABegQIBxAB&url=https%3A%2F%2Flettere.aulaweb.unige.it%2Fmod%2Fresource%2Fview.php%3Fid%3D3181&usg=AOvVaw25A4IfgMhXU47Vo0y3QDaR. [9] Mancini 1956-1957, pp. 108-109 at https://it.wikiquote.org/wiki/Giulio_Mancini. [10] Baglione 1642, p. 137. [11] The Calling of Saint Matthew was «il primo germe – ed è lode altissima – di tanta della pittura spagnola e rembrandtiana» (Marangoni 1922, p. 29). For a study on the painting, see Guttuso 1967, pp. 94-95, n. 42; Cinotti 1983, pp. 528-530, n. 61A and Marini 2005, pp. 441-442, n. 36. More information about the Saint Matthew and the Angel, see Guttuso 1967, p. 95, n. 44, Cinotti 1983, pp. 412-416, n. 4 and Marini 2005, pp. 466-467, n. 53. See Argan 1968, III, pp. 275-277 and Longhi 1968, pp. 23-26 for the Contarelli chapel. [12] Scannelli [1657] 2015, p. 268. [13] Scannelli [1657] 2015, p. 269. Modern critics disagreed on Caravaggio autography’s, because Scannelli was the second one to talk about this painting. The first one was Tommaso Guidoni in a letter sent from Modena to Giovan Carlo de’ Medici on November 5th 1649, demanding an exchange of several paintings, like a Raphael’s «Madonna (…) in tondo», a Leonardo’s «Santa Caterina», the Caravaggio’s «Cavadenti», the Cigoli’s «Ecce Homo» and the Bronzino’s «San Giuliano». From a 1652 report in Giornaletto di galleria, it is possible to see that the painting wasn’t moved from Florence because it was «ruinato». The letter is entirely published in Collezionismo mediceo 2002, I, pp. 135-136, note 497, and mentioned in Gregori 2005, p. 14. On the controversial attribution, see Borea1970, pp. III, 12-13; Gregori 1991, pp. 328, 332; Gregori, 2005, pp. 15-16; Marini 2005, pp. 573-574 and Gregori, 2010, p. 122. [14] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [15] Occhipinti 2018, p. 72. [16] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [17] Bellori 1672, p. 205. [18] Bellori 1672, p. 205. [19] Bellori 1672, p. 202 and Occhipinti 2018, p. 53. [20] Occhipinti 2018, p. 51, n. 125. [21] Bellori 1672, p. 204. [22] https://edition.cnn.com/2020/03/19/europe/prince-albert-monaco-coronavirus-intl-scli/index.html. [23] https://www.hellomonaco.com/news/latest-news/closure-of-creches-and-schools-in-monaco-and-increasing-prudent-restrictions-due-to-coronavirus/. [24] https://www.grimaldiforum.com/en/index/from-may-19th-the-grimaldi-forum-monaco-is-one-of-the-centers-set-up-by-monaco and https://forbes.mc/article/free-covid-19-testing-in-monaco-for-residents-and-employees. di Eliana Monaca Il 1° giugno i Musei Vaticani hanno finalmente riaperto le loro porte al pubblico. Un numero esiguo di visitatori può finalmente tornare a godere delle collezioni papali. Per usare le parole del direttore Barbara Jatta, le famiglie romane e laziali possono così tornare ad «ammirare questi capolavori universali senza la folla di turisti degli ultimi anni»[1]. È doveroso infatti ricordare che «i Musei Vaticani sono visitati da 6 milioni di turisti in media l’anno»[2]. L’ingresso, però, è consentito solamente a chi ha precedentemente provveduto all’acquisto online del biglietto attraverso il sito internet dei Musei[3]. Sempre sul sito è disponibile un vademecum per i visitatori nel quale si ricorda l’uso corretto della mascherina a copertura di naso e bocca, da mantenere per tutta la durata della visita[4]. Dieci persone possono infatti prenotarsi gratuitamente in questo periodo post emergenza Covid-19, per fasce orarie di 15 minuti circa dalle 10.00 alle 17.45. L’ingresso di una persona per volta, distanziata di un metro l’uno dall’altro serve ad assicurare il controllo della temperatura corporea di ciascun visitatore, effettuato attraverso un termo scanner; passato poi il metal detector, il visitatore può recarsi alla cassa e convertire il pdf generato dal sistema di prenotazione, in biglietto vero e proprio. Addetti del personale, dall’altra parte del vetro, chiedono al visitatore di ingrandire il QRCODE sull’apposito dispositivo di cui si dispone e di consegnare il biglietto cartaceo, il tutto non prima però di aver fornito il vademecum cartaceo per l’emergenza Covid-19, nel quale si ricorda al visitatore di indossare sempre la mascherina, nonché, in caso di tosse e starnuti, di coprirsi naso e bocca con un fazzoletto o con l’incavo del gomito, oltre che naturalmente di mantenere oltre un metro di distanza dagli altri visitatori e di avarsi spesso le mani. Il percorso dalla porta di ingresso, passando per il termo scanner, il metal detector fino ad arrivare alla cassa, è ovviamente scandito dalla segnaletica a terra opportunamente distanziata per evitare assembramenti. La stessa segnaletica è apposta nei bagni e in prossimità degli shop, dove anche gli addetti del personale indicano gli accessi; invece essa è assente nelle sale e nelle gallerie, dove non sono mancati piccoli assembramenti. Il pubblico presente nel pomeriggio (siamo infatti entrati alle ore 15.00 e siamo usciti alle ore 19.00) era eterogeneo: prevalentemente composto da famiglie con bambini, ma non sono mancate coppie di ogni età, come anche gruppi di amici, studenti che si stavano preparando per un esame e qualche straniero (forse rimasto bloccato a Roma durante il lockdown). È stato non poco impressionante camminare per la Galleria degli Arazzi e per la Galleria delle Mappe, potendo fare liberamente foto senza folla. Chi ha infatti visitato i Musei fino a febbraio, ricorderà come nelle due Gallerie il numero dei visitatori fosse sempre notevole. Così come è stato di grande impatto anche vedere la famosa scala elicoidale novecentesca di Giuseppe Momo, vuota. Ovviamente le sale con più visitatori erano il Museo Gregoriano Egizio, il Museo Chiaramonti, il Braccio Nuovo, il Museo Pio Clementino, la Galleria degli Arazzi, la Galleria delle Mappe, la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello[5]. Purtroppo le bellissime sale del Museo Gregoriano Etrusco, ricche di vasi antichi, come la famosa anfora attica con Achille e Aiace mentre giocano ai dadi da un lato e Castore, con il suo cavallo Kylaros, Polluce e i genitori Tindareo e Leda dall’altro, non ha visto lo stesso numero di visitatori. Così come la Sala delle Nozze Aldobrandini, al cui interno erano infatti presenti pochissimi visitatori. Nella Cappella Sistina e nelle Stanze di Raffaello è stato impossibile mantenere il distanziamento sociale di almeno un metro. Nonostante infatti gli ingressi fossero stati inizialmente contingentati e organizzati secondo precise fasce orarie, i visitatori non ne volevano proprio sapere di lasciare quei luoghi tanto ammirati. Chi non aveva l’audioguida, o non era nel gruppo della visita guidata, ha provveduto indipendentemente attraverso le pagine di Wikipedia ad informarsi sugli affreschi presenti e sulle rispettive maestranze. Altri dopo aver goduto della vista degli affreschi, provvedeva a fotografarli con lo smartphone, in particolare attraverso le applicazioni che rendono le foto panoramiche o sferiche (Photo Sphere). In quell’occasione è stato infatti permesso ai visitatori di potere scattare liberamente fotografie, solitamente vietato. Grande attenzione è stata data anche alla Sala di Costantino, visibile finalmente dopo ben cinque anni di restauri[6]. Concludere le nostre quattro ore di visita nelle deserte sale della Pinacoteca è stato particolarmente impressionantw. Non mi era mai capitato infatti di godere liberamente e senza nessun ostacolo degli angeli di Melozzo, degli arazzi, della Trasfigurazione, della Madonna di Foligno e della Pala Oddi di Raffaello. Nella sala di Raffaello eravamo infatti in 8 (compreso il vigilante), che si è ravvivato quando una signora gli ha domandato se gli arazzi si fossero mai stati spostati da quella sala (ignara della polemica che era sorta proprio a metà febbraio)[7]. Ancora nella sala degli arazzi di Raffaello, rilegato in un angolo lontano dal suo originale e dietro a un cordone di sicurezza, si trova il bassorilievo prospettico della Trasfigurazione, realizzato come si legge sul sito «da esperti restauratori» per permettere a «visitatori ipo e non vedenti un servizio gratuito di Visite tattili plurisensoriali»[8]. Sitografia: Riaprono i Musei Vaticani: un giorno di festa per famiglie e gruppi di romani, di Alessandro Di Bussolo, 01 Giugno 2020: https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-06/musei-vaticani-riapertura-covid-19-visitatori-romani-jatta.html Nella Cappella Sistina senza folla. I Musei Vaticani riaprono dopo 80 giorni, 01 Giugno 2020: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/nella-Cappella-Sistina-senza-folla-I-Musei-Vaticani-riaprono-dopo-80-giorni-89960336-a9f5-4306-ac63-e8c7f6a09af4.html#foto-1 https://tickets.museivaticani.va/home http://www.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/pdf/pop_up/covid_musei_vaticani_it.pdf. Il restauro della sala di Costantino, un’occasione per tornare ai Musei Vaticani, di Giulia Silvia Ghia, 01 Giugno 2020: https://www.huffingtonpost.it/entry/il-restauro-della-sala-di-costantino-unoccasione-per-tornare-ai-musei-vaticani_it_5ed4b5b0c5b6bf06d590fddf Gli arazzi di Raffaello spostati nella Cappella Sistina, il Papa all’oscuro dei rischi, di Franca Giansoldati, 16 Febbraio 2020:https://www.ilmessaggero.it/vaticano/arazzi_raffaello_spostati_cappella_sistina_rischi_danneggiamento-5055482.html Evento storico. Dopo 400 anni gli Arazzi di Raffaello tornano nella Cappella Sistina, di Vera Monti, 18 Febbraio 2020: https://artslife.com/2020/02/18/un-evento-storico-dopo-400-anni-tutti-gli-arazzi-di-raffaello-tornano-nella-cappella-sistina/ http://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/visita-i-musei/servizi-per-i-visitatori/accessibilita/visitatori-ipo-e-non-vedenti--.html Si ringrazia Davide Simonetti per le fotografie. [1] https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2020-06/musei-vaticani-riapertura-covid-19-visitatori-romani-jatta.html. [2] http://www.rainews.it/dl/rainews/media/nella-Cappella-Sistina-senza-folla-I-Musei-Vaticani-riaprono-dopo-80-giorni-89960336-a9f5-4306-ac63-e8c7f6a09af4.html#foto-1. [3] https://tickets.museivaticani.va/home. [4] http://www.museivaticani.va/content/dam/museivaticani/pdf/pop_up/covid_musei_vaticani_it.pdf. [5] Il Museo Gregoriano Profano e il Museo Pio Cristiano erano purtroppo chiusi al pubblico per restauri e riallestimenti in corso. Così come tutta impacchettata era la Pigna michelangiolesca nel Cortile della Pigna. [6] https://www.huffingtonpost.it/entry/il-restauro-della-sala-di-costantino-unoccasione-per-tornare-ai-musei-vaticani_it_5ed4b5b0c5b6bf06d590fddf. [7] https://www.ilmessaggero.it/vaticano/arazzi_raffaello_spostati_cappella_sistina_rischi_danneggiamento-5055482.html e https://artslife.com/2020/02/18/un-evento-storico-dopo-400-anni-tutti-gli-arazzi-di-raffaello-tornano-nella-cappella-sistina/. [8] http://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/visita-i-musei/servizi-per-i-visitatori/accessibilita/visitatori-ipo-e-non-vedenti--.html. di Valeria Ferranti (di CliccArte) Avreste mai pensato che anche le opere d'arte potessero andare dal dottore? No, non intendo la fase del restauro, perché si sa che (ormai già da qualche anno) le moderne tecnologie corrono in soccorso dei manufatti più malmessi, su cui il tempo e l'incuria hanno lasciato tracce indelebili. Intendo, proprio, andare dal medico di base o da uno specialista, per farsi fare qualche controllino, insomma, una sorta di check-up completo: ebbene, da un po' di tempo è possibile anche questo. Un noto anatomopatologo di Palermo, Vito Franco, si è cimentato in un'impresa bizzarra quanto complessa: appassionato d'arte, ha provato a trattare i soggetti delle tele dipinte come veri e propri pazienti in carne ed ossa, andando alla ricerca della patologia "nascosta" anche quando questa non è il soggetto dichiarato dell'opera. Un esercizio di osservazione critica dell'immagine che è risultato un ottimo metodo per incrementare l'attitudine dei giovani medici a guardare, più che vedere, ciò che si trovano davanti. Un recente studio ha dimostrato in effetti come gli studenti delle accademie di Belle Arti o di discipline artistiche abbiano sviluppato in modo preponderante rispetto ai loro coetanei un occhio "clinico" che diventa poi critico, grazie ai costanti esercizi di osservazione e descrizione minuziosa di quadri, statue o architetture; dunque, una loro iniziale presenza accanto ai colleghi medici, sarebbe auspicabile proprio per allenare questi ultimi ad un utilizzo più consapevole dei dati visivi, a prestare maggiore attenzione alla valutazione del contesto sociale da cui proviene il paziente, a stabilire un'empatia maggiore con lo stesso. E tutto questo grazie alla storia dell'arte, oggi considerata un mondo distante dalla medicina, ma da secoli sua fedele ancella: non possiamo dimenticare gli studi anatomici di pittori del calibro di Pollaiolo, Leonardo, Raffaello, i grovigli di corpi morti del Gericault, la ben nota "Lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulpo" di Rembrandt o i disegni dei veri e propri anatomisti, come Andrea Vesalio. Per anni l'arte è stata l'occhio vigile della scienza medica e può continuare ad esserlo tuttora: l'osservazione attenta attiva in modo istintivo meccanismi di ragionamento logico che possono fare la differenza quando ci sono solo pochi secondi a disposizione per salvare una vita umana. Allo stesso modo, la scienza medica decifra e dà ragione di esistere a dettagli apparentemente insignificanti, attribuiti magari alla fantasia del pittore; si chiama Iconodiagnostica ed è la disciplina che applica la diagnosi medica allo studio delle opere d'arte, per rintracciare eventuali segni di patologie o stati morbosi nel soggetto raffigurato. Questa pratica nasce nel 1983 grazie ad un'intuizione dalla psichiatra di Harvard Anneliese Pontius, intenta a studiare le statue ritrovate sulle isole dell'arcipelago di Cook, che dimostrò perciò la presenza della Sindrome di Crouzon tra gli abitanti della zona. È così che la Gioconda di Leonardo deve rivedere tutta la sua dieta, perchè risulta affetta da ipercolesterlomia e ipertrigliceridemia: lo si deduce dalla presenza di uno xantelasma (rigonfiamento) nell'angolo interno dell'occhio sinistro e da un lipoma (accumulo di grasso sottocutaneo) sulla mano destra in primo piano. Lo studio sulla Gioconda del Prado a Madrid, attribuita ad un allievo del Da Vinci, ha evidenziato inoltre la presenza, stavolta sulla mano destra della donna, di un livido lasciato probabilmente da uno dei numerosi salassi subiti dalla modella: il dettaglio è compatibile con la biografia di Bianca Sforza, ipotesi che fa propendere gli esperti nell'identificarla come il soggetto della tela. E che dire della vecchia ritratta dal Caravaggio nella Crocifissione di sant'Andrea con quello che si dice "gozzo tiroideo", cioè il segno tangibile che i contadini medievali facessero uso di acqua piovana, attinta da cisterne e dunque povera di iodio? Raffaella Biancucci, con i suoi colleghi dell'Università di Torino, ha pubblicato su "The Lancet Oncology" una ricerca che dimostra come nella "Fornarina" di Raffaello, ne "La notte" del Ghirlandaio, trasposizione pittorica della scultura di Michelangelo per la tomba di Giuliano de' Medici nella Sagrestia Nuova a Firenze, ci siano rappresentazioni inconsapevoli del tumore femminile alla mammella; oltre a questi, potremmo fare altri numerosissimi esempi. Ecco dunque come arte e medicina non ci appaiono più così distanti e mi auspico che, almeno in un futuro prossimo, potranno tornare ad essere le sorelle di una volta. di Cetty Barbagallo Anche le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini hanno deciso di aderire alla campagna #iorestoacasa, non solo proseguendo tutta una serie di iniziative già avviate da tempo, ma anche creandone di nuove, conservando così attiva la mission del museo. Il calendario settimanale è predisposto con i seguenti appuntamenti: Ogni lunedì, su Instagram, con l’hashtag #vistidavoi e #conivostriocchi vengono pubblicate sulla pagina social del Museo (Instagram: @BarberiniCorsini), le foto più belle che i visitatori hanno scattato e condiviso sui loro profili utilizzando l’hashtag #palazzobarberini e #galleriacorsini. Tutti i martedì con la rubrica il #Settecentoilluminato vengono illustrati gli appartamenti settecenteschi di Cornelia Costanza Barberini, la distribuzione degli spazi, dagli ambienti di rappresentanza a quelli più intimi, le sue decorazioni e alcuni aneddoti che riguardano la famiglia. Il martedì, a partire dal 21 aprile, si è aggiunto un nuovo appuntamento, #FictionBarberini, in occasione del quale il Palazzo viene raccontato dal punto di vista di scrittori, sceneggiatori e registi che nelle loro opere ne hanno tratto ispirazione. Palazzo Barberini non solo ha fatto da sfondo a diversi film, ma i suoi ambienti monumentali, i giardini, gli affreschi e la collezione dei dipinti sono stati soggetto di diverse trame letterarie. Il mercoledì è il turno dell’#ABCBarberiniCorsini, dedicato all’alfabeto delle due sedi del museo, 21 parole chiave che, attraverso un gioco di lettere, ripercorrono la storia, ma anche l’attualità delle Gallerie. Partiti dalla «A…come api», quelle scolpite e dipinte nello stemma della famiglia siamo giunti alla lettera «Z…come zoom», con cui, in modo simbolico, si sono voluti indicare tutti quegli strumenti che, in questo momento, e più di prima, riescono ad avvicinare ciò che è lontano. Il sabato, come di consueto già da tre anni, con la rubrica #lacollezione, vengono illustratele opere esposte sia a Palazzo Barberini che alla Galleria Corsini. Inoltre sono attualmente in corso due esposizioni temporanee: Orazio Borgianni. Un genio inquieto nella Roma di Caravaggio, a cura di Gianni Papi, presso Palazzo Barberini, e Rembrandt alla Galleria Corsini: l’Autoritratto come san Paolo, a cura di Alessandro Cosma, presso la Galleria Corsini.
Naturalmente - in ottemperanza del DPCM dell’8 marzo 2020, che all’art.2 sancisce la chiusura su tutto il territorio nazionale dei musei e degli altri istituti e luoghi di cultura per il contenimento del contagio del Covid-19 - il Museo ha ritenuto opportuno far fruire al pubblico queste due esposizioni temporanee con modalità alternative a quelle tradizionali. Ogni giovedì e venerdì sui canali social, oltre ad essere postate storie, curiosità e backstage, verranno presentati dei brevi video dei curatori delle mostre. L’iniziativa è stata denominata #lepilloledelcuratore e si tratta, per l’appunto, di focus dei curatori, della durata di un paio di minuti, nei quali raccontano le esposizioni «in pillole». Ad aprire la serie, il 19 marzo, è stata la Direttrice, Flaminia Gennari Sartori, introducendo la mostra presso la Galleria Corsini. Giovedì 26 marzo Alessandro Cosma, curatore della mostra, ha descritto l’Autoritratto come San Paolo di Rembrandt, opera principale, concessa in prestito dal Rijksmuseum di Amsterdam, attorno alla quale ruota tutta la mostra. Flaminia Gennari Sartori, venerdì 27 marzo, ha introdotto la mostra di Orazio Borgianni. Il 3 aprile, Gianni Papi ha spiegato uno dei capolavori di Borgianni esposto in mostra: Cristo fra i dottori. Alessandro Cosma, giovedì 9 aprile, ha raccontato come l’autoritratto di Rembrandt venisseutilizzato dalla famiglia Corsini, nel 1799, per pagare le tasse imposte dal governo francese. Il dipinto passato poi nelle mani dei principali mercanti inglesi attivi a Roma, finì nel 1807 a Londra. Venerdì 17 aprile, Papi ha descritto l’autoritratto di Borgianni, concesso in prestito dall’Accademia Nazionale di San Luca, dipinto nel quale l’artista, in un momento drammatico della fase finale della sua vita, si ritrasse mostrandosi senza filtri nel suo stato di malattia e di depressione. La ricca collezione di stampe e disegni di Rembrandt raccolta dalla famiglia Corsini viene illustrata da Alessandro Cosma, giovedì 23 aprile. Il curatore si sofferma in particolare su due incisioni: I tre alberi, del 1643, opera ricca di tantissimi particolari, tra i quali ricorda la coppia di amanti nascosti tra i cespugli e la famosissima Stampa dei cento fiorini, così chiamata per il prezzo molto alto assegnatogli dallo stesso artista e che la rese tra le più ricercate dai collezionisti di ogni epoca. Per tutta la durata delle mostre i curatori si alterneranno - giovedì Alessandro Cosma e venerdì Gianni Papi - permettendo al pubblico, attraverso questi brevi filmati, di entrare nel vivo delle due esposizioni. Facebook: @BarberiniCorsini Twitter: @BarberiniCorsin Instagram: @BarberiniCorsini di Dayan Gabancho Siamo ormai entrati nel futuro della comunicazione storico-artistica. La pandemia e la conseguente reclusione sono state le difficoltà che hanno fornito terreno fertile per la fioritura di nuove idee, possibilità, vie di comunicazione e fruizione. I musei italiani hanno fatto di necessità virtù, promuovendo svariate iniziative che sono state apprezzate dal grande pubblico, anche tramite i social. A tal merito, è necessario ricordare come la tecnologia moderna abbia fatto irruzione nelle nostre vite, grazie alla ormai estesissima diffusione di strumenti ormai indispensabili come gli smartphone e la connessione veloce. Contemporaneamente si offrono alla nostra fruizione l’immenso patrimonio virtuale che è stato archiviato negli ultimi anni: foto, video, scansioni laser e fotogrammetriche delle opere più o meno famose che sono conservate nei musei. La diretta: come i social possono rinnovare la fruizione dell’arte Il sito internet del Museo del Prado di Madrid offre un’impostazione abbastanza simile a quella di tantissimi altri musei di tutto il mondo, incentrata sulla collezione di fotografie ad alta risoluzione dei più grandi capolavori del museo. Alcune sostanziali novità, in risposta alla sempre più forte esigenza di interattività, si trovano nella sezione Aprende (‘impara’), dove si scoprono giochi per bambini e brevi presentazioni relative ad alcuni capolavori conservati nel museo. Fino nella pagina iniziale, si trovano segnalati video, presentazioni e confronti ogni giorno sempre nuovi, a cura dei responsabili del museo. I contenuti rimandano alle pagine social media del Prado, dove sono archiviati e agevolmente fruibili i video che compongono un vero e proprio mosaico di contenuti che ogni giorni si arricchisce di nuove aggiunte. Una sala, un’opera, un’esposizione oppure un artista sono al centro della quotidiana diretta del Prado online. Si tratta di una ripresa video, di una decina di minuti, dove un esperto interagisce con centinaia di persone in tempo reale, connesse anche solo con un telefonino sul quale viene inquadrata un’opera del museo, un Rubens come un Velázquez. L’impressione che ne riceve l’utente, è quasi quella di dialogare con un amico che ci videochiamasse direttamente dal museo, per rispondere alle nostre curiosità. Il dialogo e l’apprendimento partecipativo a distanza
L’appuntamento quotidiano riscuote grande successo. Gli argomenti sono numerosissimi: il restauro dell’Annunciazione del Beato Angelico, il Giardino delle Delizie di Bosch, i cui dettagli vengono illustrati da un esperto di botanica, la grande Lavanda dei Piedi del Veronese, presentata dal direttore Falomir... Il successo di pubblico (locale e internazionale) riscosso dall’iniziativa si deve alle potenzialità della piattaforma di comunicazione social utilizzata, dove ogni video trasmesso in diretta consente agli utenti di interagire e di postare commenti in tempo reale. Inoltre, ogni utente può richiedere una visione ravvicinata dei dettagli di ogni dipinto, rivolgendosi direttamente all’esperto che risponde a tutte le domande. Insomma, la modalità comunicativa si avvicina molto al dialogo. Ognuno può intervenire e dire la sua! In tal senso, le intenzioni di divulgazione del Prado sono state d’esempio per gli altri musei negli ultimi dieci anni, fin da quando la collaborazione con Google Earth rese possibile l’offerta delle prime passeggiate virtuali intorno ai quadri riprodotto ad altissima risoluzione. Sitografia http://www.artemagazine.it/attualita/item/11045-coronavirus-eike-schmidt-occasione-per-ripensare-il-rapporto-tra-musei-e-turismo https://www.eluniversal.com.mx/cultura/aumenta-numero-de-visitas-virtuales-al-museo-del-prado https://www.finestresullarte.info/1262n_vogliamo-davvero-tornare-a-prima-della-chiusura-coronavirus-intervista-eike-schmidt.php https://www.firenzetoday.it/cronaca/museo-arte-uffizi-direttore-eike-schmidt-coronavirus.html https://www.museodelprado.es https://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/tecnologia/google-world/museo-prado/museo-prado.html |
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