di Valeria Ferranti (di CliccArte) Avreste mai pensato che anche le opere d'arte potessero andare dal dottore? No, non intendo la fase del restauro, perché si sa che (ormai già da qualche anno) le moderne tecnologie corrono in soccorso dei manufatti più malmessi, su cui il tempo e l'incuria hanno lasciato tracce indelebili. Intendo, proprio, andare dal medico di base o da uno specialista, per farsi fare qualche controllino, insomma, una sorta di check-up completo: ebbene, da un po' di tempo è possibile anche questo. Un noto anatomopatologo di Palermo, Vito Franco, si è cimentato in un'impresa bizzarra quanto complessa: appassionato d'arte, ha provato a trattare i soggetti delle tele dipinte come veri e propri pazienti in carne ed ossa, andando alla ricerca della patologia "nascosta" anche quando questa non è il soggetto dichiarato dell'opera. Un esercizio di osservazione critica dell'immagine che è risultato un ottimo metodo per incrementare l'attitudine dei giovani medici a guardare, più che vedere, ciò che si trovano davanti. Un recente studio ha dimostrato in effetti come gli studenti delle accademie di Belle Arti o di discipline artistiche abbiano sviluppato in modo preponderante rispetto ai loro coetanei un occhio "clinico" che diventa poi critico, grazie ai costanti esercizi di osservazione e descrizione minuziosa di quadri, statue o architetture; dunque, una loro iniziale presenza accanto ai colleghi medici, sarebbe auspicabile proprio per allenare questi ultimi ad un utilizzo più consapevole dei dati visivi, a prestare maggiore attenzione alla valutazione del contesto sociale da cui proviene il paziente, a stabilire un'empatia maggiore con lo stesso. E tutto questo grazie alla storia dell'arte, oggi considerata un mondo distante dalla medicina, ma da secoli sua fedele ancella: non possiamo dimenticare gli studi anatomici di pittori del calibro di Pollaiolo, Leonardo, Raffaello, i grovigli di corpi morti del Gericault, la ben nota "Lezione di anatomia del dottor Nicolaes Tulpo" di Rembrandt o i disegni dei veri e propri anatomisti, come Andrea Vesalio. Per anni l'arte è stata l'occhio vigile della scienza medica e può continuare ad esserlo tuttora: l'osservazione attenta attiva in modo istintivo meccanismi di ragionamento logico che possono fare la differenza quando ci sono solo pochi secondi a disposizione per salvare una vita umana. Allo stesso modo, la scienza medica decifra e dà ragione di esistere a dettagli apparentemente insignificanti, attribuiti magari alla fantasia del pittore; si chiama Iconodiagnostica ed è la disciplina che applica la diagnosi medica allo studio delle opere d'arte, per rintracciare eventuali segni di patologie o stati morbosi nel soggetto raffigurato. Questa pratica nasce nel 1983 grazie ad un'intuizione dalla psichiatra di Harvard Anneliese Pontius, intenta a studiare le statue ritrovate sulle isole dell'arcipelago di Cook, che dimostrò perciò la presenza della Sindrome di Crouzon tra gli abitanti della zona. È così che la Gioconda di Leonardo deve rivedere tutta la sua dieta, perchè risulta affetta da ipercolesterlomia e ipertrigliceridemia: lo si deduce dalla presenza di uno xantelasma (rigonfiamento) nell'angolo interno dell'occhio sinistro e da un lipoma (accumulo di grasso sottocutaneo) sulla mano destra in primo piano. Lo studio sulla Gioconda del Prado a Madrid, attribuita ad un allievo del Da Vinci, ha evidenziato inoltre la presenza, stavolta sulla mano destra della donna, di un livido lasciato probabilmente da uno dei numerosi salassi subiti dalla modella: il dettaglio è compatibile con la biografia di Bianca Sforza, ipotesi che fa propendere gli esperti nell'identificarla come il soggetto della tela. E che dire della vecchia ritratta dal Caravaggio nella Crocifissione di sant'Andrea con quello che si dice "gozzo tiroideo", cioè il segno tangibile che i contadini medievali facessero uso di acqua piovana, attinta da cisterne e dunque povera di iodio? Raffaella Biancucci, con i suoi colleghi dell'Università di Torino, ha pubblicato su "The Lancet Oncology" una ricerca che dimostra come nella "Fornarina" di Raffaello, ne "La notte" del Ghirlandaio, trasposizione pittorica della scultura di Michelangelo per la tomba di Giuliano de' Medici nella Sagrestia Nuova a Firenze, ci siano rappresentazioni inconsapevoli del tumore femminile alla mammella; oltre a questi, potremmo fare altri numerosissimi esempi. Ecco dunque come arte e medicina non ci appaiono più così distanti e mi auspico che, almeno in un futuro prossimo, potranno tornare ad essere le sorelle di una volta.
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Marzo 2024
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