di Claudia Trimboli Finalmente anche gli Uffizi riprendono vita! Dopo il lockdown che ha portato alla conseguente chiusura dei musei l’8 marzo scorso, molti di essi si sono riorganizzati velocemente sui social: un esempio per tutti il museo fiorentino, attraverso l’apertura della nuova pagina facebook. Essi sono tornati ad oggi in parte accessibili con le dovute precauzioni anti-contagio. La riapertura delle istituzioni culturali è stata fondamentale per una ripartenza del turismo, prevalentemente interno e incentrato verso una conoscenza del territorio italiano[1]. Ciò si evince dai decreti emanati nel corso delle ultime settimane, con le ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 e di quello del 16 maggio 2020, n. 33[2]. Inoltre, queste misure sono state recentemente modificate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con la firma del Dpcm 14 luglio 2020, che proroga al 31 luglio le misure del Dpcm 11 giugno 2020[3]. Il Ministero dei Beni e le Attività Culturali e del Turismo, in occasione della riapertura per gradi dei luoghi della cultura, a partire dalla fase 2 e conseguentemente con la fase 3 della gestione dell’emergenza da Codiv-19, intende promuovere una “rivelazione online presso il pubblico per comprendere le aspettative, rispetto all’offerta culturale che i musei potrebbero sviluppare”, attraverso la compilazione di un questionario online anonimo. Ad esso si accede o dalla pagina del Mibact, nella quale si invita inoltre il pubblico virtuale ad usare, sui social, gli hashtag ufficiali #museitaliani e #tornoalmuseo o, come nel caso delle Gallerie degli Uffizi, attraverso un link presente nel sito, del museo www.uffizi.it, in cui i visitatori sono invitati a partecipare al medesimo questionario[4]. Nel decorrere delle settimane, grazie alle procedure e i tempi comunicati e stabiliti dal governo e dal medesimo ministero lo scorso 21 maggio, il museo fiorentino ha riaperto al pubblico, con ingresso scaglionato, prima di tutto il Giardino di Boboli, come spiegò anche durante la conferenza stampa il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt : “ Aprire Boboli, il cuore verde di Firenze, alla fine della fase più critica e buia dell’ emergenza, è un segnale di rinascita molto potente, un augurio per tutti noi”[5]. Nel meraviglioso giardino i visitatori potevano accedere sia da Palazzo Pitti, sia dalla porta Annalena tutti i giorni della settimana, ad eccezione del primo e l’ultimo lunedì del mese, ammirando oltre al patrimonio botanico anche una collezione di oltre 300 sculture dell’età Classica, Rinascimentale e Barocca. Nel rispetto delle norme rimasero però chiusi al pubblico il Museo delle Porcellane e la Grotta Grande. Durante la conferenza stampa furono annunciate anche le due successive riaperture, quella di Palazzo Pitti del 28 maggio e quella degli Uffizi del 3 giugno scorso, video in diretta sui social[6]. Alla conferenza della riapertura di Boboli erano presenti, oltre al medesimo Direttore, anche il Sindaco di Firenze Dario Nardella e la coordinatrice del giardino Anna Maria Landi. Gli Uffizi si avvalgono di tutte le norme sia nazionali che regionali per contrastare la diffusione del contagio, come è possibile anche leggere sul sito ufficiale, nel quale sono indicate minuziosamente tutte le regole. Continua inoltre l’enorme successo sui social, sia con mostre virtuali, ipervisioni, visibili sempre nella medesima pagina ufficiale, sia attraverso altri canali social come la pagina Facebook, lanciata il 10 marzo scorso e attualmente seguita da 60.766 visitatori in tutto il pianeta. Tutto ciò si è rivelato davvero una grande attrazione, in cui il pubblico virtuale ha potuto continuare ad informarsi attraverso i tantissimi video postati ogni giorno. Tra essi, ad esempio, il breve filmato con l’hashtag #Uffizi4everyone dal titolo “Uffizi per tutti” del 18 maggio scorso, realizzato in occasione della Giornata Internazionale dei Musei, dedicata per l’appunto ai “musei per l’eguaglianza: diversità e inclusione” [7]. In seguito nella pagina si possono vedere tutte le varie conferenze stampe, inaugurazioni di nuove mostre e acquisizioni, in diretta, come quella svoltasi da Palazzo Pitti per la mostra dedicata alla grande pittrice del Seicento Giovanna Garzoni[8]; citiamo inoltre un altro video, la conferenza stampa per l’inaugurazione della mostra “Storie di pagine dipinte”, Galleria Palatina, Palazzo Pitti[9]. Recentemente non sono mancati anche video con l’hashtag #lamiasala, nei quali il curatore delle Gallerie degli Uffizi Fabrizio Paolucci ha illustrato la nuova acquisizione di marmi antichi, vantando una delle maggiori collezioni di statuaria d’Italia[10]. Ed ancora il 4 luglio scorso, in occasione della ricorrenza per la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, è stato presentato sulla pagina un video che illustra il nuovo progetto delle Gallerie degli Uffizi con l’hashtag #BlackPresence, “che racconta la presenza della cultura nera nell’ Europa del Rinascimento”. Nello stesso giorno è stata trasmessa anche una diretta live su Tik Tok con Justin Randoph Thompson, direttore di @BHMF[11]. Continuando ad osservare i velocissimi cambiamenti del “mondo virtuale”, possiamo citarne uno che, in particolar modo negli ultimi giorni, ha scosso gli animi. Il 17 luglio 2020, la blogger e influencer Chiara Ferragni ha visitato il celebre museo scatenando molte sentenze e giudizi; in realtà, come già osservato lo stesso direttore Eike Schimdt, la visita della giovane imprenditrice non ha fatto altro che attrarre nuovi visitatori, con ogni probabilità anche grazie alle varie polemiche suscitate. Infatti il dato interessante è stato proprio l’incremento di giovani che, nei giorni successivi, sono andati a visitare gli Uffizi[12]. Nella sostanza, il museo fiorentino non smette di meravigliarci ancora una volta con le innumerevoli novità in forte crescita, volte ad abbracciare un target sempre più vasto di persone, cercando d’incuriosire visitatori di tutte l’età, in ogni parte del mondo. [1] http://musei.beniculturali.it/wp-content/uploads/2020/05/Linee-guida-riapertura-musei-e-luoghi-della-cultura-statali.pdf [2] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/06/11/20A03194/sg [3] http://www.governo.it/it/articolo/coronavirus-il-presidente-conte-firma-il-dpcm-14-luglio-2020/14931 [4] http://musei.beniculturali.it/notizie/notifiche/rilevazione-online-sul-pubblico-dei-musei-fase-2-della-gestione-emergenziale-da-covid19 [5] https://www.gonews.it/2020/05/21/boboli-si-risveglia-dal-lockdown-riapertura-e-norme-per-i-visitatori/ [6] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/635554917036815 [7] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/1148967322124563 [8] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/1656881747799651 [9] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/264648514817140 [10] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/320343302314827 [11] https://www.facebook.com/107172910903804/videos/296941961500676 [12] https://www.leggo.it/italia/cronache/uffizi_chiara_ferragni_boom_visitatori-5359088.html
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di Gaia Raccosta Dopo lunghi mesi di incertezza e sofferenze il 9 giugno 2020 la Pinacoteca di Brera e la Biblioteca Nazionale Braidense hanno finalmente riaperto le loro porte in riconoscimento della resistenza e della tenacia mostrata dalla città di Milano, che ha saputo ricostruirsi e reinventarsi anche in questo eccezionale momento storico. La ripresa di Brera è avvenuta nel nome dei milanesi, ma è stata dedicata anche a Fernanda Wittgens, direttrice della Pinacoteca dal 1940 al 1957, che il 9 giugno del 1950 inaugurò il Museo dopo i bombardamenti del 1943. Il 9 giugno, quindi, si configura come giorno speciale doppiamente simbolico. La Pinacoteca di Brera ha accolto i suoi primi visitatori il 23 giugno, dopo essere stata ripensata per un nuovo mondo. Ma lo spirito è sempre lo stesso e il piacere della visita non è cambiato. La prima grande novità è rappresentata dall’accesso gratuito. Per il direttore James Bradburne è questo il modo per ringraziare la città e per esserle riconoscente, perché «se Brera è nel cuore di Milano, i milanesi sono nel cuore di Brera». L’ingresso al Museo è, inoltre, contingentato: per garantire una visita sicura e serena è possibile entrare solo con una prenotazione che, per di più, è valida per tutta l’estate e che è replicabile più volte. Il percorso museale è a senso unico. Alcune sale sono chiuse per assicurare il distanziamento. Una grafica apposita fornisce indicazioni circa il numero massimo di persone che ogni ambiente può ospitare. Il tempo di visita è limitato a un’ora e mezza, ma permette comunque una conoscenza esauriente della collezione. Come stabilito dai protocolli ministeriali, dai decreti governativi e dalle procedure anti-contagio dell’INAIL, all’interno della Pinacoteca si entra con la mascherina, si rileva la temperatura corporea e si procede a una sanificazione periodica e regolare degli ambienti. In vari punti del museo sono erogati gel disinfettante e al personale di vigilanza sono forniti in dotazione dispositivi per la sicurezza personale. Nel Museo non vengono più distribuite brochure cartacee e audioguide, quindi il visitatore deve stampare a casa o salvare sul proprio dispositivo i materiali informativi, scaricandoli dal sito web della Pinacoteca. Terminata la visita, è possibile continuare l’esperienza navigando nel sito web, ascoltando le descrizioni dei dipinti di DescriviVedendo, leggendo gli approfondimenti tematici, guardando i video-racconti di #appuntiperunaresistenzaculturale, scoprendo i dettagli dei dipinti in Haltadefinizione, colorando i capolavori di Brera con i colorbook, costruendo il tempio dipinto da Raffaello nello Sposalizio della Vergine. Si tratta di iniziative create e promosse online già durante il lockdown: avevano provocato un aumento delle visite virtuali e ora sono state implementate e integrate dalla possibilità di entrare di persona nelle sale espositive. In questi mesi, la Pinacoteca di Brera ha saputo proteggere e divulgare la cultura ascoltando e coinvolgendo il suo pubblico in numerose iniziative come atto di affetto, rispetto e amore. È stato proposto di raccontare le esperienze vissute, di mostrare gli oggetti preziosi conservati e collezionati nelle proprie abitazioni, di commentare i dipinti del cuore, di inventare storie e fiabe, di parlare del libro che si stava leggendo, di esprimere la propria opinione sul sito web, sul riallestimento delle sale finalmente concluso e sulle misure di sicurezza adottate contro la diffusione della pandemia. Il direttore James Bradburne ha lavorato molto sull’idea di offrire online un’esperienza museale innovativa, che dia la possibilità ai visitatori di conoscere contenuti altrimenti invisibili e non disponibili. Il digitale deve permettere questo, ma poi deve lasciare i visitatori liberi di interfacciarsi direttamente con le opere e con i segni lasciati dai grandi Maestri del passato. Link utili:
https://pinacotecabrera.org/news-pinacoteca/la-pinacoteca-di-brera-riapre-martedi-9-giugno/ https://pinacotecabrera.org/visita/vademecum-per-la-visita/ https://pinacotecabrera.org/wp-content/uploads/2020/06/OpuscoloApertura_Brera.pdf https://pinacotecabrera.org/news-pinacoteca/brera-ti-ascolta/ https://www.youtube.com/watch?v=J9B3r79cK_M&app=desktop&fbclid=IwAR1kiDQ0fNfmrp8grgf-sLRNaXy259JFnGdZ97iPR546wYxQRtREbV8YrJU https://www.youtube.com/watch?v=zfwMuNBh3Mg&fbclid=IwAR0wptQSZoHb40UGHaYHt3fmrF_-6oH31FOJUjAhKZ7O2M9NKwpXTOge1WE di Gaia Bobò Nel contesto dell’emergenza sanitaria, la necessità di intervenire sul rapporto tra patrimonio culturale immateriale e nuove tecnologie si è imposta nuovamente con forza. Si è riaperto così il dibattito su una tematica notoriamente critica, il cui potenziale è stato ampiamente riconosciuto in ambito scientifico, ma che non riesce ancora ad affermarsi come paradigma consolidato. Molti musei e istituti competenti si sono dunque trovati a dover fronteggiare questa problematica senza preavviso e in completa autonomia. In questo senso, appare rilevante segnalare l’azione del Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, con sede a Palermo, che ospita una ricchissima collezione di marionette storiche, impegnandosi da sempre in progetti divulgativi e rappresentazioni dal vivo per mantenere viva la tradizione dell’Opera dei pupi siciliana. Prima della pandemia, i rapporti con le nuove tecnologie si limitavano alla condivisione di contenuti tramite Facebook e Twitter, nonché ad alcuni progetti specifici volti ad integrare l’allestimento del museo, quali #CARINDA A.R. Pupi in ambiente di Realtà Aumentata, Pupi a 360 gradi e La rotta di Roncisvalle: cartello animato.[1] L’istituzione era inoltre attiva sulla piattaforma multilingue Izi Travel.[2] Con l’avvento della Fase 1, si è resa necessaria l’implementazione dell’utilizzo dei social network già avviati e l’attivazione di nuove piattaforme digitali come Youtube, strumento particolarmente utile per il caricamento di materiali didattici. Il progetto caratterizzante è stato rappresentato da #ILMUSEOPASQUALINOACASATUA che dal 30 marzo al 24 maggio ha accompagnato virtualmente i seguaci dei social network del museo con una ricca programmazione composta da video rappresentazioni e presentazioni di materiali di approfondimento. Tali azioni sono state mantenute anche nelle Fasi 2 e 3, soprattutto in vista della prolungata chiusura del museo legata alle difficoltà nella sanificazione, dovuta alla varietà dei supporti e dei materiali della collezione.[3] L’istituzione ha così aggiunto l’iniziativa #ILMUSEOPASQUALINOACASATUA. Si tratta del nuovo progetto “#ILMUSEORACCONTA...”, ovvero un appuntamento bisettimanale di approfondimento sulle opere del museo. È interessante anche segnalare la trasposizione online del seminario “Etnografie del contemporaneo: Gentrificazione e margini”, un ciclo di dieci appuntamenti dedicato alle nuove prospettive di sviluppo dello spazio urbano, tenutosi dal 17 aprile al 19 giugno 2020. L’iniziativa, accessibile tramite Google Meet, ha visto un’importante partecipazione del pubblico, arrivando ad una media di duecento utenze per incontro. Il Museo Pasqualino, referente della Rete italiana dell’opera dei pupi, riconosciuta dal Ministero dei Beni culturali, è inoltre sceso in prima linea durante la pandemia per farsi portavoce della condizione critica che ha interessato le compagnie dei pupari. In rappresentanza di tutte le compagnie attive sul territorio siciliano, il Museo si è esposto pubblicamente non solo per richiedere alle istituzioni i fondi necessari per contrastare la crisi,[4] ma soprattutto per farsi carico di un nuovo ambizioso progetto. Si tratta di un nuovo portale digitale per la catalogazione, schedatura e inventariazione digitale dei patrimoni materiali e immateriali custoditi dalle compagnie dei pupari. Il sito è attualmente in costruzione e sostituirà l’esistente portale www.operadeipupi.it, costituendo un unicum nel panorama italiano per completezza e portata innovativa. Sitografia
www.operadeipupi.it https://www.siciliaogginotizie.it/2020/05/27/coronavirus-la-crisi-del-teatro-dei-pupi-un-patrimonio-che-rischia-di-scomparire-per-sempre/ https://www.museodellemarionette.it/2014-07-05-07-57-08/2016-03-01-11-40-35/edizioni-passate/226-presentazione-software-carinda-a-r https://www.museodellemarionette.it/news/news-museo/1279-pupi-a-360-gradi https://www.museodellemarionette.it/news/news-festival/1194-xiii-fdm-presentazione-la-rotta-di-roncisvalle-cartello-animato-di-emanuele-romanelli. [1] Si rimanda ai seguenti link per approfondire: per #CARINDA A.R. Pupi in ambiente di Realtà Aumentata: https://www.museodellemarionette.it/2014-07-05-07-57-08/2016-03-01-11-40-35/edizioni-passate/226-presentazione-software-carinda-a-r: per Pupi a 360 gradihttps://www.museodellemarionette.it/news/news-museo/1279-pupi-a-360-gradi ; per La rotta di Roncisvalle: cartello animato:https://www.museodellemarionette.it/news/news-festival/1194-xiii-fdm-presentazione-la-rotta-di-roncisvalle-cartello-animato-di-emanuele-romanelli. [2] Per visitare il profilo sul portale Izi Travel del museo si rimanda al seguente link https://izi.travel/it/150a-museo-internazionale-delle-marionette-antonio-pasqualino/it. [3] Informazione risalente al 01/07/2020. [4] Per un approfondimento sulle richieste di finanziamento presentate, si rimanda al seguente articolo: Coronavirus, la crisi del teatro dei pupi: un patrimonio che rischia di scomparire per sempre, in Sicilia Oggi Notizie, 27 maggio 2020. Consultabile al link: https://www.siciliaogginotizie.it/2020/05/27/coronavirus-la-crisi-del-teatro-dei-pupi-un-patrimonio-che-rischia-di-scomparire-per-sempre/. Il caso di Chiara Ferragni agli Uffizi come simbolo del cambiamento della comunicazione dell’arte9/9/2020 La comunicazione dell’arte e della cultura è da sempre un tema importante tanto quanto l’arte e la cultura stesse. Come insegnano le scienze della comunicazione e la psicologia, il fondamento di una comunicazione efficace non è solo la qualità del messaggio, ma anche – forse di più – il modo di comunicarlo. Affinché un messaggio raggiunga il destinatario e venga compreso sono fondamentali il tono di voce, la direzione dello sguardo, il linguaggio del corpo e il mezzo scelto per veicolare il contenuto della comunicazione. Anche nella vita quotidiana, a seconda del contenuto del messaggio, dello scopo della conversazione e della relazione che ci lega al nostro interlocutore, scegliamo se fare una telefonata, inviare una mail o se ricorrere a un più rapido e confidenziale messaggio su Whatsapp o Telegram. Possiamo facilmente considerare queste note piattaforme di messaggistica come il simbolo di un cambiamento radicale delle modalità di comunicazione tipico del XXI secolo, le cui le cui origini si intuiscono facilmente nella rivoluzione digitale, nell’invenzione e nella diffusione di nuovi strumenti comunicativi. Dove prima c’erano telegrammi, cabine telefoniche e missive, oggi ci sono mail, chat e social network comodamente reperibili sugli schermi di pc, tablet e smartphone. Intavoliamo conversazioni virtuali continuamente e l’emergenza coronavirus non ha fatto altro che rivelarci questa realtà con forte evidenza, mettendoci davanti al fatto che, quello che nel periodo di lockdown è stato una scelta obbligata, in realtà rientra sempre più nelle nostre abitudini. Nelle relazioni umane il cambiamento delle strategie comunicative avviene secondo modalità che passano attraverso strumenti digitali nati per accorciare le distanze e facilitare gli scambi comunicativi. Tutto questo fa parte del progresso, di un andare avanti tecnologico che va prima compreso e poi accettato per poter essere impiegato al meglio, ma cosa significa ricorrere a questi strumenti nel caso di una comunicazione tra pubblico e istituzioni? Pensiamo al processo di rinnovamento intrapreso dai musei negli ultimi tempi: anche se con un incedere ancora esitante, i musei iniziano ad accogliere tra le loro fila social media manager, esperti di digitalizzazione, web designer, content designer e tutta una serie di professionalità nutrite dalla rivoluzione digitale. Accanto a incontri culturali, conferenze stampa e vernissage sono comparse dirette su Instagram e Facebook, campagne video su Youtube e persino apparizioni – più o meno gradite dal pubblico degli addetti ai lavori – su TikTok[1]. Anche in questo caso la quarantena causata dalla diffusione del nuovo coronavirus ha contributo ad accelerare una tendenza che già iniziava a manifestarsi e alla quale ogni museo ha dato una risposta diversa. Alcuni, come i Musei Vaticani, hanno scelto un approccio visivo realizzando veri e propri tour virtuali altri musei invece, come gli Uffizi, Galleria Borghese e le Scuderie del Quirinale, hanno percorso la strada dei social guadagnando l’interesse del pubblico attraverso campagne di comunicazione dei contenuti diffuse quotidianamente su diverse piattaforme. Così, anche le più prestigiose realtà museali partecipano a una comunicazione rinnovata adeguandosi – se in modo virtuoso o meno resta da chiarirlo – alle esigenze del pubblico contemporaneo con specifico riferimento al pubblico più giovane. Uno degli attori principali di questo cambiamento giovanilista sono le Gallerie degli Uffizi che, dopo il successo della campagna Uffizi Decameron[2] e la criticatissima decisione del direttore Eike Schmidt di cedere in prestito alle Scuderie del Quirinale il ritratto di Papa Leone X nonostante l’obiezione del comitato scientifico, tornano ad essere oggetto di discussioni e polemiche. Questa volta oggetto della discordia è la visita agli Uffizi della nota influencer Chiara Ferragni e soprattutto la foto ricordo scattata davanti alla Venere di Botticelli e pubblicata sulla pagina ufficiale delle Gallerie degli Uffizi[3]. Sin qui appare tutto normale, tanto più che, scorrendo lungo la pagina in questione, si nota che quello della Ferragni è l’unico volto noto a comparire, insieme a tanti altri volti di gente comune; ma a scatenare feroci polemiche è stata in buona parte la descrizione[4] della fotografia che suggerisce un parallelismo fra le due figure femminili e definisce la Ferragni “una sorta di divinità contemporanea”. Prima di entrare nel vivo della questione e di analizzare quelle che sono state le reazioni delle diverse parti in causa, occorre sapere ciò che è effettivamente accaduto nel museo fiorentino lo scorso 17 luglio. In quella giornata, oltre alla foto condivisa dalle Gallerie degli Uffizi, sul profilo personale della Ferragni è apparsa una collection[5] di nove foto che ritraggono l’influencer all’interno della Galleria, davanti alla Venere del Botticelli, una veduta di Palazzo Vecchio dalla terrazza e altri particolari dell’interno del museo tra cui una foto del Tondo Doni e del Doriforo. Niente di diverso da ciò che farebbe qualunque visitatore in uno dei più importanti musei del mondo – considerando anche l’abbigliamento sfoggiato dalla Ferragni che la cala nei panni della perfetta turista con calzoncini di jeans, top bianco e sandali – non fosse per l’allusione a un “progetto speciale” in collaborazione tra Vogue Hong Kong e la stessa Galleria degli Uffizi, informazione del tutto trascurata nella pagina Instagram del Museo. Un breve riassunto dei fatti lo ritroviamo nell’incipit dell’articolo pubblicato sul’ editoriale online di Vogue Italia[6] il 17 luglio: “Era in Galleria per un photoshoot[7], ma Chiara Ferragni non ha esitato a concedersi un tour del museo, alla scoperta dei suoi tesori d’arte. Accompagnata dal direttore Eike Schmidt, l’imprenditrice digitale ha molto apprezzato i dipinti di Botticelli: non solo le superstar Venere e Primavera, ma, soprattutto, Le storie di Giuditta e L’adorazione dei Magi con autoritratto dell’artista.” Ad onor del vero quindi, la presenza di Chiara Ferragni nelle Gallerie era dettata dalle esigenze di un progetto commerciale fra attori illustri che ha visto la giovane imprenditrice protagonista di un servizio fotografico a cui ha fatto seguito una visita turistica guidata proprio dal padrone di casa. Come titola eloquentemente un articolo di Tomaso Montanari pubblicato su il Fatto Quotidiano il 18 luglio “La Ferragni riduce la Venere a tormentone social”[8] una cosa che, ci piaccia o meno, non è lontana da quanto realmente accaduto. Montanari, noto storico dell’arte e intellettuale, è stato tacciato di presunzione e colpevolizzato dell’incapacità – dicono i più, comune a tutti gli intellettuali – di svecchiarsi e di adeguarsi alla modernità. Ma adeguarsi alla modernità per comunicare con il pubblico più giovane vuol davvero dire ridurre uno dei più importanti musei d’Italia e del mondo a una passerella, a uno “sfondo momentaneo per una influencer”[9]? Evidentemente per Eike Schmidt la risposta a questa domanda è orgogliosamente affermativa. Il direttore degli Uffizi – già in polemica con Montanari a causa del prestito del Ritratto di Leone X – si pronuncia in questo modo: “Noi abbiamo una visione democratica del museo: le nostre collezioni appartengono a tutti, non solo a un’autoproclamata élite culturale, ma soprattutto alle giovani generazioni. Anche perché, se i giovani non stabiliscono oggi una relazione col patrimonio culturale, è improbabile che in futuro, quando saranno loro i nuovi amministratori, vorranno investire in cultura. Per questo è importante usare il loro linguaggio, intercettare la loro ironia e il loro potenziale creativo.”[10] Schmidt punta l’attenzione sulla dimensione collettiva del museo screditando la classe intellettuale e sottolinea la volontà di attirare i giovani nei musei con l’intenzione di trasmettere loro un amore per il patrimonio culturale che, in futuro, farà dei bravi giovani anche dei bravi amministratori. Secondo Schmidt il modo migliore di raggiungere questo obiettivo è stabilire una relazione con i giovani catturando il loro interesse, adottando il loro linguaggio. Ma così i musei e i luoghi di cultura si trasformano in passerelle e in scenografie per video musicali. Di recente è stato diffuso un videoclip in cui Mahmood, giovane promessa della musica italiana, si esibisce all’interno del museo egizio di Torino: ma quanti dei giovani che guardano la fotografia di Chiara Ferragni o il videoclip di Mahmood sono in grado di riconoscere ciò che vedono e saranno realmente attirati in quel determinato luogo? Limitandosi ad una analisi superficiale, che tenga in considerazione solo i numeri senza soffermarsi sulla natura delle cose, la risposta è: il 27%. Nel fine settimana che ha fatto seguito alla pubblicazione della foto della Ferragni davanti alla Venere, è stato registrato un aumento dei visitatori under 25 pari proprio al 27%, un evento rinominato “Effetto Ferragni” e che ha tristemente contribuito ad avvalorare l’idea che mettere un luogo di cultura a disposizione privilegiata di un singolo individuo sia la strada giusta per comunicare e valorizzare il patrimonio artistico. Questo è ciò che si evince dai numeri ma un esame più attento e critico della questione porta a considerare l’Effetto Ferragni come un trend aleatorio e precario che non ha valore culturale bensì commerciale e mediatico. Se anche la crescita delle visite del pubblico giovane agli Uffizi fosse realmente dovuta alla visita della Ferragni, questa diminuirà drasticamente quando il clamore intorno all’Effetto Ferragni sarà svanito riportando le percentuali alle condizioni precedenti e questo semplicemente perché l’aumento delle visite non è dovuto a una operazione di sensibilizzazione ma a una banale – anche se redditizia - scelta di marketing. Un altro aspetto da considerare è la qualità di quelle visite: che significato ha la visita in un museo per qualcuno che vi è attirato solo dalla presenza di un personaggio illustre? Lo scopo sarà forse quello di fotografarsi davanti alla Venere, alla Primavera o al Tondo Doni unicamente per il gusto di usare l’hashtag di cui la direzione degli Uffizi va orgogliosa? Questi dubbi e osservazioni non nascono da un’idea antidemocratica di museo – nessuno di quella “autoproclamata élite” disprezzata da Schmidt ha come scopo quello di lasciare i musei deserti -, nascono bensì dalla volontà di rendere la cultura realmente aperta e inclusiva senza svenderla. Senza piegarla alle esigenze - per quanto illustri - di una élite diversa da quella culturale perché, diciamocelo, visitare gli Uffizi in “privilegiata solitudine”[11] e scortati dal direttore in persona questo sì, è davvero elitario. [1] Tik Tok è un social network cinese lanciato nel 2016 che attraverso un’app permette di creare videoclip musicali di durata variabile. [2] Uffizi Decameron è una campagna di comunicazione realizzata durante il lockdown in cui, in analogia con l’opera di Boccaccio, ogni giorno sulle pagine social degli Uffizi è stata raccontata un’opera o una collezione della Galleria fiorentina attraverso una serie di video. [3] Visitabile al link https://www.instagram.com/uffizigalleries/?hl=it [4] I canoni estetici cambiano nel corso dei secoli. L’ideale femminile della donna con i capelli biondi e la pelle diafana è un tipico ideale in voga nel Rinascimento. Magistralmente espresso alla fine del '400 da #SandroBotticelli nella Nascita di #Venere attraverso il volto probabilmente identificato con quello della bellissima Simonetta Vespucci, sua contemporanea. Una nobildonna di origine genovese, amata da Giuliano de’Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico e idolatrata da Sandro Botticelli, tanto da diventarne sua Musa ispiratrice. Ai giorni nostri l’italiana Chiara Ferragni, nata a Cremona, incarna un mito per milioni di followers -una sorta di divinità̀ contemporanea nell’era dei social. Il mito di Chiara Ferragni, diviso fra feroci detrattori e impavidi sostenitori, è un fenomeno sociologico che raccoglie milioni di seguaci in tutto il mondo, fotografando un’istantanea del nostro tempo. [5] Termine che identifica un insieme di più fotografie pubblicate in un unico post su Instagram. [6] Articolo scritto da Francesca Mill al link https://www.vogue.it/news/article/chiara-ferragni-visita-uffizi-di-firenze [7] Servizio fotografico. [8] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/ [9] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/ [10] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/21/chiara-ferragni-agli-uffizi-per-avvicinare-i-giovani-il-rischio-e-di-perdere-la-propria-identita/5874879/ [11] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/07/18/la-venere-chiara-riduce-botticelli-a-tormentone-social/5872399/ di Federica Bertini Ho voluto confrontarmi – seppure virtualmente – con Giuliano Gaia, che insieme a Stefania Boiano è il co-fondatore di InvisibleStudio, per capire in che modo è cambiato il suo lavoro durante e dopo il lockdown. Il nome di Giuliano Gaia l’ho incontrato quando il Museo Poldi Pezzoli di Milano si è aggiudicato, nel 2018, il secondo premio per l’Innovazione digitale nei beni culturali del Politecnico con il progetto “Chatbot game per le Case Museo di Milano”[1]. Per intenderci, si tratta di «sistemi automatici che permettono di chattare con personaggi virtuali come se fossero persone reali» attraverso i quali è possibile «scoprire dettagli inediti e affascinanti delle case-museo milanesi e del quartiere che li circonda»[2]. Giuliano Gaia realizza progetti digitali dal 1998, molti di essi sono pensati per sperimentare vie alternative per il miglioramento della fruizione dei beni culturali da parte di un pubblico sempre più ampio. Il suo percorso è iniziato con il Museo della Scienza di Milano e il San Francisco Museum of Modern Art e poi, con InvisibleStudio, Giuliano ha poi continuato i suoi progetti con numerosi altri musei italiani e internazionali. Assieme alla sua socia ha accettando la sfida di rinnovare il museo tenendo conto delle esigenze espresse dalla società moderna senza però rinunciare ai valori culturali ad esso connessi. Si potrebbe pensare che InvisibleStudio punti quasi totalmente su quella che oggi si afferma come ‘innovazione digitale’, eppure durante il seminario da lui tenuto come ospite del master in “Nuove tecnologie per la comunicazione, il cultural management e la didattica della storia dell’arte” dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Giuliano ha voluto smascherare lo stereotipo ‘innovazione uguale digitale’ perché – come egli stesso ci ha tenuto a sottolineare – si può innovare anche fuori dal digitale e non è detto che tutto debba essere digitale per essere innovativo. Per essere più chiari, si può parlare di innovazione anche ripesando alle strategie o ai processi già utilizzati in passato o derivati da altri settori specifici oltre a quello della cultura. Così, anche se ha organizzato diversi workshop sullo strumento del Design Thinking, nato nell’ambito aziendale e rielaborato per essere applicato al museo (sperimentandolo con successo in diversi musei piccoli e grandi, dalle Case Museo di Milano al Museo Egizio di Torino e all’Imperial War Museum di Londra), Giuliano ci ha tenuto a raccontare in che modo abbia fortemente sostenuto anche la sperimentazione delle visite teatralizzate per i musei di Vercelli utilizzando in maniera innovativa una un format tradizionale come quello del teatro. In riferimento alle soluzioni adottate da InvisibleStudio per il miglioramento dell’esperienza fruitiva dei musei (che comprende anche e non solo l’impiego di tecnologie) prima e durante il lockdown, Giuliano ha raccontato delle visite virtuali da lui realizzate per il Museo Poldi Pezzoli ottenute utilizzando gli strumenti di Google Art&Culture. Si è trattato di una delle prime sperimentazioni di visite virtuali nell’ambito museale italiano nel periodo di chiusura che ha permesso ad alcuni studenti di ‘visitare’ questi spazi accompagnati da una ‘guida vera in tempo reale’; un progetto – come ci tiene a sottolineare Giuliano – che deriva dall’unione di «spinte umane con il prodotto tecnologico», senza dimenticare che la cosa più importante è «avere voglia di trasmettere contenuti culturali con passione» e – aggiungerei – con competenza e professionalità. Infatti, nonostante l’inevitabile perdita di «contesto rispetto a una visita guidata reale», attraverso il progetto di Giuliano è possibile garantire «la presenza di una guida umana, la compresenza visibile di altri visitatori e la possibilità di porre domande anche a voce», ma anche «mostrare dettagli normalmente quasi invisibili a occhio nudo, offrendo quindi un valore aggiunto rispetto alla visita reale»[3]. L’esperimento non si è esaurito con la fine del lockdown ma continua tutt’ora con una serie di visite guidate virtuali gratuite curate dal Gruppo Giovani del Museo su prenotazione online. È chiaro per Giuliano, avendo anche sperimentato in questo periodo workshop virtuali di scrittura creativa al Museo della Bora e al Museo Dolom.it e una serie di gite virtuali nei musei di Londra per la scuola media Leonardo Da Vinci di Bergamo, che per elaborare soluzioni efficaci, capaci di dare un valore aggiunto al museo, ogni progetto deve essere frutto di un lavoro già avviato che si avvale di strategie che mirano ad avere dei risultati concreti e soprattutto duraturi. Quello che Giuliano Gaia e Stefania Boiano hanno sottolineato in un loro recente articolo è che il museo possiede oggi due possibilità: «o tornare lentamente al “Business as usual”, lasciandosi alle spalle questo periodo di visite virtuali come un brutto ricordo, o tentare di capire se alcuni aspetti delle visite virtuali possono essere salvati, magari andando a integrare l’offerta di visite “live” tradizionali». Le loro esperienze hanno potuto intanto confermare è che «c’è un futuro per le visite virtuali, sia come anteprima della visita reale che per tutti quelli che comunque non possono visitare fisicamente il museo»[4]. Intervista a Giuliano Gaia
di Federica Bertini Giuliano come presenteresti il tuo lavoro? Il nostro studio si occupa di innovazione culturale, anzi vorrei parlare addirittura di “sperimentazione culturale”, nel senso che da quasi 25 anni proviamo a sperimentare continuamente nuove soluzioni per rendere la cultura sempre più accessibile a tutti. A cosa ti riferisci quando parli di ‘sperimentazione culturale’? Nel nostro caso si può parlare di innovazione culturale e distinguerla in digitale e di processo. Noi siamo nati col digitale, nel senso che io e la mia socia siamo stati tra i primissimi in Italia a occuparci del rapporto tra Internet e i musei, lavorando io al Museo della Scienza di Milano e Stefania alla Città della Scienza di Napoli, abbiamo creato le prime sperimentazioni digitali in entrambe le realtà. Il digitale ha quindi rappresentato la prima frontiera di sperimentazione per noi, e ancora oggi è un’area ancora largamente inesplorata che offre quindi ampi margini di approfondimento. Successivamente abbiamo capito che l’innovazione abbracciava un campo più ampio rispetto al solo digitale e che necessariamente doveva coinvolgere sia le strategie che i processi di lavoro. Per questo ad esempio siamo stati i primi in Italia ad applicare il Design Thinking al settore museale, con l’esperienza di training realizzata al Museo Egizio di Torino. Qui abbiamo formato l’intero staff al Design Thinking come metodo di lavoro innovativo e radicalmente collaborativo, grazie all’apertura dimostrata dalla dirigenza dello stesso Museo. Infine, l’attività didattica è assolutamente necessaria se si vuole avere un impatto duraturo sul settore. Oggi molti giovani si affacciano al settore culturale con grande passione ma con scarse conoscenze tecniche e con un sostanziale disorientamento. Per questo da anni insegniamo in corsi universitari e post-universitari (IULM, Politecnico di Torino, Sole 24 Ore Business School, RCS Academy solo per citarne alcuni) per cercare di colmare questa lacuna, esplorando non soltanto nuovi contenuti ma anche nuove modalità didattiche, fedeli alla nostra passione per la sperimentazione continua. Come è cambiata il tuo lavoro con la chiusura dei musei e il blocco del turismo? Una delle nostre attività riguarda il turismo culturale e l’organizzazione di attività turistiche di vario tipo legate alle risorse culturali milanesi. L’azzeramento del turismo conseguente alla crisi del Covid-19 ci ha portato a sperimentare immediatamente forme di visita virtuale, che si sono rivelate promettenti. Credo che la cosa più importante sia avere voglia di trasmettere contenuti culturali con passione, e questo si riflette in qualunque strumento venga utilizzato. Parliamo del progetto al museo Poldi Pezzoli. Come è nato e come si è evoluto nella fase 1? Le visite virtuali che abbiamo realizzato con il Museo Poldi Pezzoli in questi due mesi in verità sono state la conseguenza di un rapporto di intensa collaborazione che abbiamo da anni con il museo. Una collaborazione nata nel 2016 con un altro progetto molto innovativo, la realizzazione di un “chatbot game” che sfruttasse le caratteristiche dei chatbot e della gamification per coinvolgere un pubblico notoriamente molto difficile per i musei, gli adolescenti, in un gioco che li potesse spingere all’esplorazione delle quattro case museo di Milano. Come nel caso delle visite virtuali, noi non crediamo in una tecnologia in sé, ma solo nell’unione di spinte umane con un prodotto tecnologico. Nel caso delle visite virtuali, l’elemento umano è la guida, e la tecnologia è Zoom+Google Arts & Culture. Nel caso del chatbot game, l’elemento umano è la naturale spinta dell’essere umano a giocare e collaborare, e il chatbot è solo uno strumento per stimolare questa tendenza innata. Il progetto ha riscosso molto interesse all’estero, essendo stato presentato a Londra, Berlino e Vancouver; inoltre è stato oggetto di studio da parte del King’s College di Londra come modalità innovativa di esperienza didattica. Nel corso del prossimo anno verrà tradotto in inglese, per cui ne esploreremo anche le potenzialità turistiche. Cosa ti senti di dover dire riguardo a questo tipo di collaborazioni, quelle tra Musei e società che operano nel settore della cultura come la tua? In generale io credo che ogni museo dovrebbe aprirsi il più possibile a collaborazioni esterne, offrendosi come campo di sperimentazione. Io credo in un museo-API, per rubare un termine alla tecnologia digitale, in altre parole in un museo che mette i propri contenuti a disposizione di chiunque voglia utilizzarli, in modo da favorirne al massimo la diffusione nella società. Il Rejiksmuseum di Amsterdam è l’esempio più illustre di questo approccio, avendo creato Rijksstudio come piattaforma per scaricare ad alta qualità tutte le loro immagini, in maniera completamente gratuita e utilizzabili in piena libertà. «Se devono stampare le nostre immagini sulla carta igienica, che almeno sia una stampa ad alta qualità», è stata la loro provocatoria affermazione, ed è una posizione che mi trova totalmente d’accordo. Come vedi il futuro di queste sperimentazioni nate durante l’emergenza? In questo senso spero che tutti gli strumenti virtuali testati in questi giorni drammatici non vengano abbandonati al termine della crisi per tornare semplicemente al ‘Business as usual’. Pur ritenendo indispensabile la didattica museale in presenza, credo che la didattica online possa integrarla con grande efficacia, permettendo ad esempio di proporre contenuti di nicchia che non potrebbero essere economicamente sostenibili in presenza, oppure per tutti quei visitatori che per i motivi più vari non hanno possibilità di visitare il museo. [1] https://nova.ilsole24ore.com/esperienze/al-museo-col-chatbot/?refresh_ce=1 [2] https://casemuseo.it/chat-game-nelle-case-museo/ [3]https://www.artribune.com/progettazione/new-media/2020/04/musei-visite-virtuali-coronavirus/ Articolo pubblicato su Artribune il 9 aprile 2020 da Giuliano Gaia e Stefania Boiano. [4] https://www.musei-it.com/cosa-restera-di-queste-visite-virtuali/ Articolo pubblicato su Musei.it il 3 giugno 2020 da Giuliano Gaia e Stefania Boiano. di Lucrezia Lucchetti 22.000 i biglietti venduti il 2 giugno, giorno della riapertura, per non parlare dei 70.000 in prevendita già andati prima dl lockdown. Sono questi i numeri con cui ha chiuso la mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale domenica 30 agosto, già sold out fin dal giorno della ripartenza. Molti appassionati infatti non sono riusciti a vederla. Le Scuderie del Quirinale hanno anche allungato gli orari di apertura infrasettimanali dalle 8.00 alle 23.00 e fino all’una di notte nel fine settimana per garantire a tutti i visitatori la migliore fruizione delle opere tenendo conto anche delle misure di distanziamento e delle entrate regolate. Ma non è solo Raffaello a beneficiare di tutta questa sete di cultura. È dalla fine di maggio che anche le Gallerie dell’Accademia di Venezia hanno contato un boom di 1.700 presenze fin dai primi giorni di apertura delle porte che hanno permesso a Giorgione e Tintoretto di rivedere la luce calda della Laguna. In Piemonte i Musei Reali festeggiano un nuovo inizio post covid, arricchendosi di un altro percorso oltre quello classico del Palazzo Reale, della Galleria Sabauda e del Museo dell’Antichità. Si chiama èreale, ed è il canale online dei Musei di Torino, partito durante l’emergenza sanitaria e che è rimasto per permette visite guidate in visual reality, il format Closed In- I musei visti da dentro, un tour sul restauro a vista dell’altare della Cappella della Sindone raccontato dalla direttrice Enrica Pagella, e uno all’interno della Biblioteca Reale che possiede i disegni di Leonardo. La Triennale di Milano ha lanciato “Triennale Estate- Un giardino di voci e colori” in cui fino al 30 settembre si può parlare nel Giardino Giancarlo di Carlo di arte, architettura, urbanistica, design con incontri, proiezioni, letture, spettacoli. Mentre nel centro città tutte le realtà museali, tra cui Mudec, Museo del Novecento, Pinacoteca Ambrosiana, e Hangar Bicocca continuano a essere fruibili dai primi di giugno con mascherina e distanziamento. Per non parlare dei nuovi appuntamenti in programma. A Rovigo, presso Palazzo Roverella ci si prepara per una monografica su Chagall dal 19 settembre al 17 gennaio con opere che provengono dal Museo di Stato Russo e Galleria Tretyakov di Mosca, dal Centre Pompidou di Parigi e dal Thyssen-Bornemisza Madrid, per avvolgere i visitatori con la leggerezza malinconica e agrodolce delle case, degli animali, e delle figure dell’artista francese. I capolavori trascinanti degli impressionisti lasciano invece il Musée Marmottan di Parigi per arrivare a Bologna e fermarsi a Palazzo Albergati. Monet, Degas, Pissarro, Renoir, Sisley sono gli esclusivi protagonisti della mostra “Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan” dal 29 agosto al 14 febbraio 2021, e raccontano uno dei più amati capitoli dell’arte contemporanea, quello della pittura di luce, dello sguardo rapido e fotografico, della fugacità del tempo e della vita che nelle pennellate dei maestri francesi trova la sua massima espressione. A Roma ai Musei Capitoli la mostra “Il tempo di Caravaggio” è prorogata fino al 10 gennaio 2021, con la raccolta dei capolavori della collezione di Roberto Longhi, tra cui Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio e altre opere di artisti del XVII secolo che ne subirono l’influenza. Longhi fu uno dei maggiori studiosi del Merisi, e raccolse nella sua casa fiorentina, villa Tasso, numerose opere che gli permisero lo studio e la ricerca dell’estro del maestro, della sua rivoluzione figurativa e del suo tempo. Dal 25 settembre al 27 giugno 2021 invece sempre ai Musei Capitolini troverà spazio la mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori” con 90 opere esposte tra i 620 marmi della collezione Torlonia e una riflessione sui rinvenimenti e sul collezionismo. Palazzo delle Esposizioni a Roma si prepara alla Quadriennale di fine ottobre mentre la GNAM ha aperto come scrive sul suo sito “per restituire la Galleria Nazionale al pubblico”. La mostra “A distanza ravvicinata” dal titolo provocatoriamente ossimorico, che durerà fino al 16 ottobre 2020, inaugura la nuova stagione espositiva della galleria. Dobbiamo mantenere le distanze fisiche previste dalla situazione di stallo in cui ancora ci troviamo, ma quelle che ci dividono dall’arte in fondo non sono mai esistite. Possiamo ancora essere in grado di toccare un’opera con la sola forza dello sguardo, di accarezzarla, di abbracciarla con trasporto e di amarla con gli occhi rimanendo per l’appunto a distanza ravvicinata. Il Covid da questo punto di vista non è riuscito a cambiare niente, se non forse il nostro modo di guardarci intorno, di guardare le cose, le persone, le emozioni, e quindi anche l’arte.
Gli orari sono ridotti, gli ingressi contingentati, le norme di sicurezza più ferree ma le realtà museali ed espositive in Italia ripartono. La quantità e la qualità dell’arte al loro interno non è diminuita, ma possiede sempre lo stesso inestimabile valore che parla di storia, di cultura, di fruizione, di valorizzazione del territorio, di identità. |
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Marzo 2024
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