di Eliana Monaca Sulla Rocher, ovvero sulla Rocca, il punto più alto del Principato di Monaco, si trovano insieme all’ottocentesca Cattedrale sorta sulle fondamenta della chiesa duecentesca dedicata a Saint Nicolas, il Palais Princier, ovvero il Palazzo del Principe, residenza dal Duecento della famiglia regnante Grimaldi e il Musée Océanographique (il Museo Oceanografico), mentre nel quartiere Monte-Carlo, tra la spiaggia del Larvotto e il famoso Tunnel del circuito del Gran Premio di Formula 1, si trova il Grimaldi Forum costruito nel 2000. Caravaggio e il Seicento al Grimaldi Forum Il Grimaldi Forum è un centro congressi che, grazie ai suoi grandi spazi, è in grado di programmare esposizioni ed eventi anche in contemporanea, come nel caso delle esposizioni temporanee che hanno luogo nel periodo estivo, quando il Principato accoglie tutti i suoi visitatori (non monegaschi) per le vacanze estive[1]. Lo scorso anno si è tenuta per esempio la bellissima mostra su Salvador Dalì, dal titolo Dalì, une histoire de la peinture(06 luglio – 08 settembre 2019), curata dal direttore dei Musei Dalì, Montse Aguer, e supportata dalla Fundacion Gala-Salvador Dalì, per celebrare il trentesimo anniversario della morte dell’artista, raccogliendo larghissimi consensi[2]. Quest’anno erano in programma ben due esposizioni: la prima per festeggiare i vent’anni del Grimaldi Forum, Monaco et l’automobile, de 1893 a nos jours (11 luglio – 06 settembre 2020), al momento annullata[3], la seconda Le Caravage – le pouvoir de la lumière nell’Espace Diaghilev (17 luglio – 06 settembre 2020) rinviata a data da destinarsi[4]. La mostra Le Caravage – le pouvoir de la lumière è stata organizzata dalla società monegasca Gaudio Group, con un comitato scientifico di tutto rispetto presieduto da Mina Gregori (allieva di Roberto Longhi, presidente della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi, direttrice della rivista Paragone, membro dell’Accademia dei Lincei e della Legion d’onore, professoressa emerita di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Firenze), insieme a Roberta Lapucci (storica dell’arte e direttrice del dipartimento di restauro della SACI – Studio Arts College International School of Florence), Susan Grundy (consulente d’arte), Ubaldo Sedano (direttore del dipartimento di restauro del Thyssen-Bornemisza Museum di Madrid), Keith Sciberras (professore di storia dell’arte presso l’Università di Malta) e un comitato d’onore composto da Alessandro Cecchi (direttore del museo Casa Buonarroti), Cristina Acidini Luchinat (già soprintendente della città di Firenze, direttrice dell’Opificio delle Pietre Dure e attualmente presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno), Antonio Paolucci (storico dell’arte e curatore, già soprintendente del Polo Museale Fiorentino, direttore dei Musei Vaticani e ministro per i beni culturali e ambientali), padre Marius Zerafa (padre domenicano storico dell’arte, già direttore dei Musei di Malta) e Vittorio Sgarbi (politico e storico dell’arte)[5]. Il tema che l’esposizione si pone di mettere in evidenza, come suggerito dal titolo, è quello della luce, in considerazione della sua enorme importanza, non soltanto simbolica, nelle opere del Merisi[6]. La luce nel Seicento Sappiamo dalle fonti coeve a Caravaggio come questa sua mancanza di «lume» non fosse molto apprezzata. Tra i primi a scrivere su Caravaggio e sul suo colorire «assai di negro»[7], spiccava Giulio Mancini (1559-1630) che, nelle sue Considerazioni – composte tra il 1617 e il 1628, ma pubblicate solo tra il 1956 e il 1957 da Adriana Marucchi – ricordava come l’ambientazione delle opere di Caravaggio pareva essere quella di una stanza con una sola «fenestra con le pariete colorite di negro, che così, havendo i chiari e l’ombre molto chiare e molto oscure, vengono a dar rilievo alla pittura», nonostante le figure risultassero però prive «di moto e d’affetti, di gratia»[8]. Non poteva mancare poi il ricordo dell’astioso rivale Giovanni Baglione (1573-1643) che nelle sue Vite del 1642 scrisse che il Merisi «con la sua virtù si aveva presso i professori qualche invidia acquistata», e che Federico Zuccari, avendo visto la cappella Contarelli «mentre io [scil. Baglione stesso] era presente, disse: “Che rumore è questo?” E guardando il tutto diligentemente, soggiunse: “Io non ci vedo altro, che il pensiero di Giorgione nella tavola del Santo, quando Cristo il chiamò all’apostolato”; e sogghignando, e maravigliandosi di tanto rumore, voltò le spalle, e andossene con Dio»[9]. Di poco successiva è la critica mossa da parte del medico e intendente d’arte Francesco Scannelli (1616-1663), che nel suo Microcosmo della pittura del 1657, rimproverava al Merisi come l’oscurità della Cappella Contarelli impedisse la completa fruizione anche delle altre opere come la Vocazione di San Matteo, da lui reputata come «una delle più pastose, rilevate e naturali operazioni, che venga a dimostrare l’artificio della pittura per immitazione di mera verità»[10] e il San Matteo e l’angelo del 1602[11]. Ancora Scannelli ricordava nel suo Microcosmo di aver visto nella collezione del Granduca di Toscana una tela «che fa vedere quando un ceretano cava ad un contadino un dente, e se questo quadro fosse di buona conservazione, come si ritrova in buona parte oscuro e rovinato, saria una delle più degne operazioni che avesse dipinto», ovvero il Cavadenti del 1608 alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze[12]. Come raccontato da Scannelli nel suo Microcosmo, l’amico pittore Guercino conosciuto a Bologna in giovane età, aveva avuto modo di spiegargli il motivo dietro al quale «sufficienti e famosi maestri» come lo stesso Guercino, Guido Reni, Rubens, Albani e Pietro da Cortona, avessero cambiato la loro maniera e «poscia nel tempo del maggior grido inclinato il proprio modo di operare alla maggior chiarezza»[13]. Guercino, che era uno di quei seguaci di Annibale Carracci che si era lasciato travolgere dall’ambizione di imitare la maniera scura di Caravaggio, per le affinità comuni tra il naturalismo carraccesco e quello caravaggesco[14], aveva infatti raccontato a Scannelli che «aveva sentito più volte dolersi coloro che possedevano i dipinti della propria sua prima maniera, per ascondere (come essi dicono) gli occhi, bocca ed altre membra nella soverchia oscurità, e per ciò non avere stimato compite alcune parti», e così «per sodisfare a tutto potere alla maggior parte, massime quelli che col danaro richiedevano l’opera, aveva [scil. Guercino] con modo più chiaro manifestato il dipinto»[15]. Come non ricordare poi le parole di Giovan Pietro Bellori (1613-1696) che nelle sue Vite del 1672 riportava il pensiero dei «vecchi pittori assuefatti alla pratica» che avevano notato come i giovani pittori, «presi dalla novità», celebrassero Caravaggio «come unico imitatore della Natura, e come miracoli mirando l’opere sue lo seguivano a gara, spogliando modelli, ed alzando lumi; e senza più attendere studio, e ad insegnamenti, ciascuno trovava facilmente in piazza, e per via il maestro, o gli esempi nel copiare il naturale»[16]. Nonostante ancora i «vecchi pittori» continuassero a «sgridare il Caravaggio, e la sua maniera, divulgando ch’egli non sapeva uscir fuori dalle cantine, e che povero d’invenzione, e di disegno, senza decoro e senz’arte, coloriva tutte le figure ad un lume, e sopra un piano senza degradarle», non erano stati in grado di rallentare «il volo alla sua fama»[17]. Bellori, che aveva apprezzato la fase giovanile di Caravaggio, in cui l’influenza di Giorgione visto a Venezia, lo aveva portato a realizzare le prime opere «dolci, schiette, e senza quelle ombre, ch’egli usò poi»[18], credeva infatti che l’oscurità delle tenebre nei quadri di Caravaggio, annullasse la «storia», ovvero ogni plausibile riferimento agli scenari dell’azione, resi così «antistorici e innaturali»[19]. Ma Caravaggio «facevasi ogni giorno più noto per lo colorito, ch’egli andava introducendo, non come prima dolce, e con poche tine, ma tutto risentito di oscuri gagliardi, servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi», allontanandosi così dalla gradevolezza di Giorgione[20]. Il Principato ai ripari dal Covid-19
Il Covid-19 ha ovviamente scosso la realtà del piccolo Principato, colpendolo nel cuore dell’amministrazione e del Regno: il 19 marzo le principali agenzie di stampa battevano infatti la notizia della positività del principe Alberto II di Monaco al Coronavirus[21]. Il lockdown imposto però qualche giorno precedente alla notizia[22] ha portato il Grimaldi Forum a chiudere le porte ai visitatori e a rinviare l’allestimento della mostra Le Caravage - le pouvoir de la lumière ad una data da destinarsi (anche se probabilmente avrà luogo nell’estate del 2021), aggiornando la propria agenda a partire dal mese di giugno 2020. È infatti notizia del 28 aprile che anche il Principato è entrato nella “Fase 2” dal 4 maggio. Per comprendere il motivo della chiusura – anche virtuale – da parte della direzione del Grimaldi Forum è doveroso ricordare come il turismo del Principato si concentri tra i mesi di maggio e settembre e sia costituito principalmente da italiani (provenienti dalla Lombardia e dal Piemonte), da arabi e sporadicamente da russi, che vi trascorrono poi anche le vacanze estive. I croceristi provenienti dalle grandi e numerose navi che affollano il Port Hercule vengono generalmente portati dai pullman provati alla Rocca, dove possono visitare la Cattedrale, il Palais Princier e il Museo Oceanografico. Probabilmente questa differenza di utenza ha fatto sì che un museo strutturato come il Museo Oceanografico stia continuando le sue attività anche in questo periodo di emergenza sanitaria attraverso i suoi canali social e in particolare sulla pagina Facebook “Musée océanographique de Monaco”, mentre il Grimaldi Forum in qualità di centro congressi abbia scelto di chiudere e rinviare le iniziative alla “Fase 2”. Bibliografia Argan 1968 = Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, III, Sansoni, Firenze 1968. Baglione 1642 = Giovanni Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetta dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 in fino a’tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Andrea Fei, Roma 1642. Barocchi 2002 = Paola Barocchi, Collezionismo mediceo e storia artistica: Da Cosimo I a Cosimo II. 1540-1621, I, Tomi I-II, Spes, Firenze 2002. Bellori 1672 = Giovan Pietro Bellori, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Mascardi, Roma 1672. Borea 1970 = Evelina Borea, Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, Sansoni, Firenze 1970. Cinotti 1983 = Mia Cinotti, Michelangelo Merisi detto Caravaggio: tutte le opere, Poligrafiche Bolis, Bergamo 1983. Gregori 1991 = Mina Gregori, Michelangelo Merisi da Caravaggio. Come nascono i capolavori, Electa, Milano 1991. Gregori 2005 = Mina Gregori, Tre “cartelle” per tre mostre caravaggesche, in «Paragone, Arte», anno 56, n. 669, serie terza, fasc. 64, novembre 2005, pp. 3-24. Gregori 2010 = Mina Gregori, scheda Cavadenti, in Caravaggio e caravaggeschi a Firenze, a cura di G. Papi, Sillabe, Livorno 2010. Guttuso 1967 = Renato Guttuso, L’opera complete del Caravaggio, Classici dell’arte, Rizzoli, Milano 1967. Longhi 1968 = Roberto Longhi, Caravaggio, Ed. Riuniti, Roma 1968. Marangoni 1922 = Matteo Marangoni, Il Caravaggio, Battistelli, Firenze 1922. Marini 2005 = Maurizio Marini, Caravaggio “Pictor praestantissimus”, Newton & Compton, Roma 2005. Occhipinti 2018 = Carmelo Occhipinti, Introduzione alle Vite de’ pittori, scultori e architetti di Giovan Battista Passeri (1772), a cura di M. Carnevali ed E. Pica, Collana Fonti e Testi di “Horti Hesperidum”, 18, UniversItalia, Roma 2018, pp. 5-107. Scannelli [1657] 2015 = Francesco Scannelli, Il Microcosmo della pittura 1657, a cura di E. Monaca con una introduzione di C. Occhipinti, Collana Fonti e Testi di “Horti Hesperidum”, 5, UniversItalia, Roma 2015. Sitografia:
[1] Dal tour virtuale accessibile dal sito https://www.grimaldiforum.com/en/visite-virtuelle si evince la grandezza degli spazi, soprattutto dell’Espace Ravel dove in genere ha luogo una delle esposizioni estive. [2] https://www.montecarlonews.it/2019/05/12/notizie/argomenti/eventi-2/articolo/dali-une-histoire-de-la-peinture-e-la-grande-mostra-dellestate-2019-a-monaco.html e https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/dali-une-histoire-de-la-peinture. [3] https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/exposition---monaco-et-l-automobile-de-1893-a-nos-jours. [4]https://www.grimaldiforum.com/fr/agenda-manifestations-monaco/exposition-michelangelo-merisi-le-caravage. [5] https://it.caravaggioexhibition.com/exhibition. [6] https://it.caravaggioexhibition.com/exhibition. [7]Mancini 1956-1957, pp. 139-148 in https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&ved=2ahUKEwii_4PSoJjpAhVT6qYKHaqkDI4QFjABegQIBxAB&url=https%3A%2F%2Flettere.aulaweb.unige.it%2Fmod%2Fresource%2Fview.php%3Fid%3D3181&usg=AOvVaw25A4IfgMhXU47Vo0y3QDaR. [8] Mancini 1956-1957, pp. 108-109 in https://it.wikiquote.org/wiki/Giulio_Mancini. [9] Baglione 1642, p. 137. [10] Scannelli [1657] 2015, p. 268. Come si legge in Marangoni 1922, p. 29, la Vocazione di San Matteo rappresentava «il primo germe – ed è lode altissima – di tanta della pittura spagnola e rembrandtiana». Per uno studio sull’opera si rinvia a Guttuso 1967, pp. 94-95, n. 42; Cinotti 1983, pp. 528-530, n. 61A e a Marini 2005, pp. 441-442, n. 36. [11] Scannelli [1657] 2015, p. 268. Per il San Matteo e l’angelo si vedano Guttuso 1967, p. 95, n. 44, Cinotti 1983, pp. 412-416, n. 4 e Marini 2005, pp. 466-467, n. 53. Per una trattazione generale sulla cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi rinvia ad Argan 1968, III, pp. 275-277 e a Longhi 1968, pp. 23-26. [12] Scannelli [1657] 2015, p. 269. La critica moderna era, però, divisa sul riconoscimento di questa opera a Caravaggio, in quanto non vi sono citazioni da parte di nessun altro biografo all’infuori di Scannelli e di una lettera inviata da Modena da Tommaso Guidoni a Giovan Carlo de’ Medici datata 5 novembre 1649, nella quale si chiedeva di poter scambiare i quadri di Raffaello, rappresentante una «Madonna (…) in tondo», la «Santa Caterina» di Leonardo, il «Cavadenti» di Caravaggio, l’«Ecce Homo» di Cigoli e il «San Giuliano» di Bronzino. Da un resoconto presso il Giornaletto di galleriadel 1652, però, notiamo che la tela non era stata trasferita da Firenze, in quanto una nota a margine lo definiva come «ruinato». La lettera è riportata per intero in Barocchi 2002, I, pp. 135-136, nota 497, lettera da Modena di Tommaso Guidoni a Giovan Carlo de’ Medici del 5 novembre 1649 e menzionata in Gregori 2005, p. 14. Sulla controversa attribuzione si rinvia a Borea 1970, pp. III, 12-13; Gregori 1991, pp. 328, 332; Gregori, 2005, pp. 15-16; Marini 2005, pp. 573-574; Gregori, 2010, p. 122. [13] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [14] Occhipinti 2018, p. 72. [15] Scannelli [1657] 2015, p. 193. [16] Bellori 1672, p. 205. [17] Bellori 1672, p. 205. [18] Bellori 1672, p. 202. Il passo è commentato in Occhipinti 2018, p. 53. [19] Occhipinti 2018, p. 51, n. 125. [20] Bellori 1672, p. 204. [21]https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/03/19/positivo-principe-alberto-ii-di-monaco_fceb7897-adc4-4cfd-a464-97f0f1899c26.html. [22]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/14/coronavirus-a-montecarlo-chiuso-casino_0258c66b-11b7-4ae8-9355-bfe9dd79c1fb.html.
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di Andrea Maresi Sotto l’hashtag #laculturanonsiferma, la campagna di comunicazione proposta dal Mibact continua a reclutare sempre più consensi e iniziative per il contrasto allo stop generale dettato dall’emergenza sanitaria. Sono numerose le azioni messe in atto dai poli museali italiani per garantire una condivisione dell’arte e della cultura che passa per il WEB. Tra di essi, anche il Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli ha applicato le proprie misure. Il Museo è stato aperto al pubblico nel dicembre 2003 con l’obiettivo di raccontare la straordinaria storia dell’argenteria e dell’oreficeria napoletana attraverso capolavori unici. Tra di essi si annoverano splendidi gioielli, dipinti, sculture, arredi e tessuti di vario genere. Fanno parte delle opere da ritenersi di particolare pregio la famosa Mitra gemmata, copricapo vescovile del 1713 realizzato dall’orafo Matteo Treglia, composto da 18kg d’oro e argento dorato in cui sono incastonate ben 3694 gemme tra cui smeraldi, rubini e diamanti; il Reliquiario per il sangue di San Gennaro donato dai sovrani angioini nel primo decennio del 1300, ossia una teca preziosa costruita in argento dorato utilizzata ancora oggi durante le processioni; o ancora la Collana del busto di San Gennaro, risultato di un lavoro che ha avuto origine nel 1679 con l’orafo napoletano Michele Dato e che è stata arricchita nel tempo con cimeli donati dai re e dalle regine passati per Napoli, che ne hanno accresciuto la preziosità. Queste opere rappresentano solo la punta dell’iceberg dell’imponente raccolta custodita dal Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli. Attraverso lo straordinario impegno di condivisione culturale messo in atto in prima persona dal curatore del progetto Paolo Jorio, è possibile immergersi in questa collezione di tesori che è tra i più preziosi al mondo, visitando il sito web e partecipando alle iniziative promosse sui canali social del Museo. Il Museo e le iniziative durante l’emergenza del Covid-19 Il Museo del Tesoro di San Gennaro ha incrementato questa sua presenza digitale condividendo con il visitatore virtuale molte delle informazioni e dei contenuti che era possibile fruire in situ. Tra le varie iniziative sono stati girati appositamente dei video che offrono una passeggiata virtuale nelle stanze del Museo e sono stati istituiti anche degli incontri in diretta streaming sui principali social network dove vengono offerte delle pillole di storia sul territorio napoletano e alcuni approfondimenti sulle opere in mostra. Messa a disposizione degli utenti è inoltre l’app per la Guida Multimediale-Interattiva, realizzata da ETT Solution, grazie al contributo di Kuwait Petroleum Italia, e che dal 2019 è scaricabile dai visitatori del Museo e compresa nel prezzo del biglietto. Durante la visita in situ, nei punti di interesse (POI), il visitatore riceve una notifica push in prossimità dei Beacon (trasmettitori Bluetooth low energy) attraverso i quali può decidere di seguire o meno gli approfondimenti proposti direttamente sul proprio smartphone, alcuni dei quali attivati in Realtà Aumentata, con la voce narrante di Philippe Daverio. L’attivazione dei contenuti in modalità AR avviene tramite riconoscimento di marker, immagini predefinite direttamente associate a specifici contenuti di approfondimento. Una tecnologia di supporto alla visita del Museo, un’App mobile, multipiattaforma e multilingue, che diventa anche “multiforma” adattandosi alle esigenze del momento. Numerosi sono gli altri eventi digitali proposti. Per la ricorrenza della giornata mondiale del disegno del 27 aprile, in collaborazione con il Museo Filangieri, sotto l’hashtag #giornatamondialedeldisegno adulti, adolescenti e bambini sono stati invitati a rappresentare graficamente la sconfitta del Covid-19 e il ritorno nei musei. I disegni sono stati pubblicati sulle pagine Facebook di entrambi i poli museali. La proposta di eventi coinvolgenti e l’adattamento a una fruizione virtuale delle opere in mostra presso il Museo del Tesoro di San Gennaro riesce in definitiva a mostrarsi completa ed accessibile. I numerosi progetti portati avanti con costanza e comunicati principalmente attraverso la pagina Facebook del Museo, si stanno dimostrando uno strumento efficace per contrastare il blocco derivato dall’emergenza Coronavirus. Sitografia
https://www.facebook.com/MuseoSanGennaro/ https://museosangennaro.it https://www.napolimagazine.com/cultura-gossip/articolo/l-iniziativa-museo-del-tesoro-e-filangieri-insieme-per-la-giornata-mondiale-del-disegno https://www.napolike.it/visite-virtuali-al-museo-del-tesoro-di-san-gennaro-a-napoli https://www.youtube.com/watch?v=nSejo2YfwjQ&list=PLEk_q1Bw_jAWf2ErduegMYoueRuABJp6V&fbclid=IwAR0kk9AX-4kT8-swd_ZIyrArOKvfxj_3M1uFx_lOM469lcdSopXODn1hDnM Di seguito il video informativo per la presentazione dell’applicazione: https://www.youtube.com/watch?v=nSejo2YfwjQ&list=PLEk_q1Bw_jAWf2ErduegMYoueRuABJp6V&fbclid=IwAR2je8qa6mVutOyyZ7RvBgiPDOqa0KOOCUGDi0J6pl1qq_8wPZez92899vc. di Claudia Trimboli “Anche se i musei hanno dovuto chiudere le loro porte, l’arte non si ferma”[1]. Ha esordito così, nel primo video di presentazione del 10 marzo 2020, sulla nuova pagina Facebook, il direttore Eike Schmidt, aderendo alla campagna di prevenzione del Ministero dei Beni culturali e del Turismo #iorestoacasa. A seguito della chiusura forzata dei musei, dovuta al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per contrastare la diffusione del Coronavirus, il museo fiorentino si è ampliato con la creazione della nuova pagina, dando inizio alla campagna culturale Uffizi Decameron(raggiungibile all’indirizzo www.facebook.com/uffizigalleries), che assieme ad altri canali social network quali Instagram, Twitter, Youtube e il sito web, fornirà “un rifugio virtuale”. In un momento così delicato per il nostro paese, la Galleria degli Uffizi ha scelto di ispirarsi al “Decameron” di Giovanni Boccaccio, una delle opere più importanti del Trecento, che narra per l’appunto di dieci giovani (sette donne e tre uomini), che si rifugiarono in una villa sulla collina di Firenze per sfuggire all’epidemia di peste nera trascorrendo il loro tempo raccontandosi una novella al giorno. L’hashtag #UffiziDecameron nasce con l’obiettivo di unirci tutti “nel nome della cultura” e di entrare nelle nostre case “per superare tutti insieme l’attuale momento di difficoltà”[2]. Ogni giorno saranno raccontate storie dedicate ai capolavori custoditi nella Galleria delle Statue e delle Pitture, in Palazzo Pitti e nel Giardino di Boboli. Nell’ambito di Uffizi Decameron è presente la serie La mia Sala, ovvero dei minitour virtuali in cui, grazie all’ausilio di foto, video e testi, i restauratori, gli assistenti museali, i curatori, i funzionari e così via, tutti i giorni ci illustreranno gli angoli più affascinanti e segreti dei tesori fiorentini. Tra i tanti video caricati in questi giorni che stanno avendo molto successo con migliaia di visualizzazioni e followers, troviamo tour dedicati alla natura come: “La fiaba del Giardino di Boboli”[3] che permette di addentrarsi in un dialogo tra sculture, natura, grotte artificiali, animali e meravigliosi specchi d’acqua, e poi ancora, “Che faccia ha la malinconia?”, tema illustratoci dalla curatrice delle Gallerie degli Uffizi, Valentina Conticelli[4]. A susseguirsi, anche il tour con l’hashtag #Dantedì, in occasione della giornata dedicata al grande poeta fiorentino Dante Alighieri[5]; e poi, #Caravaggioin cui la curatrice Maria Matilde Simari, parla del Sacrificio di Isacco del 1603, “Perché scegliere è sempre il più grande dei sacrifici!”[6]. Infine altre due particolarità: “Cosa bolle in pentola?[7]” dell’assistente Marta Pierini che ci consente di esplorare la bellissima cucina granducale e il vitigno storico illustratoci da Gianni Simonti, giardiniere del Giardino di Boboli[8]. La strategia del museo è semplice ma vincente. E allora viene da chiedersi se davvero stiamo scoprendo nuovi modi di vivere l’arte. Quando torneremo alla quotidianità, ci saranno delle modifiche? Come sarà affrontato da parte dei musei l’inevitabile disagio economico? Non abbiamo la certezza di cosa accadrà, ma potremmo iniziare a chiarire alcuni quesiti leggendo l’intervista a Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, pubblicata e realizzata da Federico Giannini, direttore della rivista Finestre sull’Arte, il 30/03/2020[9]. Sicuramente il mondo del Web ci offre strumenti efficaci per la comunicazione e la valorizzazione del patrimonio culturale grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, ma il più bell’augurio che possiamo farci, è di tornare fisicamente a rivivere l’atmosfera e l’incanto di questi luoghi pieni di storia. Ad arricchire ed affiancare l’hashtag #UffiziDecameron non sono mancati i contenuti dedicati al celebre pittore urbinate Raffaello Sanzio, data la temporanea sospensione della mostra organizzata dalle Scuderie del Quirinale e dagli Uffizi, in occasione della ricorrenza del cinquecentenario dalla sua morte avvenuta, secondo il Vasari, a Roma il 6 aprile del 1520. La data, associata anche alla ricorrenza cristiana del venerdì santo, è stata commemorata nei tour pubblicati con l’hashtag #Raffaello[10]. Il mistero che si cela dietro la sua vita fugace ma intensa come la sua pittura, un’unione di forme di pensiero che trasmette nella tela una grazia ineccepibile, ad esempio nell’opera della “Madonna della Seggiola”[11]. La scelta metodica degli Uffizi, in questo caso, vuole porre l’attenzione su un gesto semplice e molto espressivo, come quello di un tenero abbraccio protettivo. Il linguaggio fluido e modesto adottato dal museo fiorentino, attira da settimane non solo l’attenzione dei social ma anche quello dei media segnalando i tour realizzati in occasione della Pasqua. Tale celebrazione avviene sempre attraverso video virtuali illustrati da esperti, raccontando il significato della festività cristiana. Trasmettendoci messaggi forti, in un momento in cui ci sentiamo smarriti e ci sembra di aver perso la nostra retta via, in questo futuro incerto, forse sembrerà per noi ancor più chiara la parola “rinascita”. Inoltre, ciò fa comprendere come l’arte ci somigli, finendo sempre per mostrarci quella parte nascosta della nostra anima, seppur dopo aver superato secoli, costumi e modi di vivere. E così una delle gallerie più celebri al mondo, ancora una volta entra nelle nostre abitazioni, offrendoci la possibilità di contemplare la meraviglia contenuta in essa attraverso cinque capolavori. Si parte con l’opera “Ecce Homo” di Antonio Ciseri[12], una creazione teatrale, fotografica ed allo stesso tempo carica di dolore come la raffigurazione del Cristo esposto alla folla da Ponzio Pilato, una scelta che condizionerà la morte di Gesù e la storia, fino al dipinto sagomato con scene della passione, dell’artista del Duecento noto come maestro della “Croce 432”[13]. Si continua poi con la grande drammaticità del “Compianto sul Cristo Morto” di Fra Bartolomeo della Porta[14], dipinto che gli Uffizi ha dedicato a chi non ha potuto dare l’ultimo saluto ai propri cari. Ed ancora nel giorno della Pasqua al trionfo della “Resurrezione di Cristo” dell’artista Pieter Paul Rubens[15], ed infine a Pasquetta, l’opera del Pontormo la “Cena in Emmaus”[16]. La raffigurazione del Cristo risorto, un Dio fatto uomo che sconfigge le tenebre ed entrando nella quotidianità, ci dona la speranza di vedere un raggio di sole in questo mondo caotico e nebbioso. Senza dubbio una rinascita più significativa che mai: in momento in cui tutto sembra tacere, nel silenzio si eleva la gran voce della speranza, della lotta dei nostri medici italiani, del grande lavoro delle forze armate. Tutti uniti, anche i musei italiani, contro un unico nemico comune, pronti a rinascere, si spera, per un mondo meno imperfetto. [1] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/132904798157712/ [2] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/132904798157712/ [3] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/249421356087730/ [4] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/202707164319789/ [5] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/905467583237665/ [6] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/1073633383020806/ [7] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/206904200734075/ [8] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/220011055739539/ [9] https://www.finestresullarte.info/1262n_vogliamo-davvero-tornare-a-prima-della-chiusura-coronavirus-intervista-eike-schmidt.php [10] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/2421823521449334/ [11] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/1076879646030393/ [12] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/2327583314201000/ [13] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/259471998421743/ [14] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/250066656375762/ [15] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/2677881232430739/ [16] https://www.facebook.com/uffizigalleries/videos/1107048132962161/ di Gabriele Gioni Esistono diverse istituzioni che nel corso della loro storia hanno subito battute d’arresto più o meno forti, che ne hanno minato non solo lo spirito vitale ma persino le fondamenta delle loro sedi. Fra queste, vi sono sicuramente quelle culturali, più fragili, poiché non producendo ricchezza economica diretta, nelle situazioni emergenziali non sono ritenute di necessità primaria e purtroppo in alcune circostanze vengono messe da parte anche nel caso di interventi di sostegno governativo. Nonostante tutto, è la grande capacità di resilienza che queste istituzioni sono capaci di dimostrare, nella maggior parte dei casi, che ne aumenta il prestigio, la resistenza e la loro entità culturale. Un esempio forse poco noto è il MuNDA o Museo Nazionale d’Abruzzo con sede a l’Aquila. Un museo senza una collezione di risonanza mediatica, sicuramente incapace di attrarre grandi flussi turistici, ma che racchiude interessanti tesori e soprattutto espone una raccolta organica che permette un viaggio completo nella storia regionale dalla preistoria al Novecento. Fondato nel 1951 dell’allora Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d’Abruzzo e Molise con il proposito di istituire un museo civico aquilano capace di rappresentare il patrimonio archeologico, medievale, rinascimentale e barocco abruzzese. Pertanto in esso confluì la collezione che era sita nell’ex monastero di Santa Maria dei Raccomandati, a cui si aggiunse già nel 1958 una vera e propria star ovvero il Mammuthus meridionalis, fra i migliori esemplari conservati in Italia. Infine, grazie ad un ottimo rapporto fra il Vaticano e la città, nella seconda metà degli anni Sessanta confluiranno anche le opere del Museo Diocesano d’Arte Sacra. Sede di questo importante museo divenne il cosiddetto Forte Spagnolo dell’Aquila, noto anche come Castello Cinquecentesco proprio perché la sua costruzione risale alla conquista spagnola del Regno di Napoli e alla conseguente volontà, nella seconda metà del Cinquecento, di potenziare le fortezze e fondarne di nuove. Oltre allo stesso museo che articolava la sua collezione su un totale di 41 sale, il forte fu sede della stessa soprintendenza locale e anche di importanti istituti nel panorama aquilano come: l’Osservatorio Aquilano, l’Istituto Nazionale di Geofisica e la Società Aquilana dei Concerti. La prima tragica battuta di arresto, a cui si accennava precedentemente, risale al 6 aprile 2009 ovvero al terremoto dell’Aquila, che fra le sue drammatiche e luttuose conseguenze danneggiò gravemente il Forte Spagnolo portando in parte al trasferimento di alcune opere, anch’esse severamente lesionate, oltre alla chiusura del museo in attesa della ricostruzione, ad oggi non ancora conclusa. In questa occasione il MuNDA, in quanto anche simbolo di una comunità così seriamente colpita dal sisma, riuscì a resistere alle lungaggini dettate dai lavori di rispristino, decidendo di delocalizzare temporaneamente parte della collezione all’interno dei locali dell’ex mattatoio aquilano nel dicembre del 2015. Sebbene meno della metà delle opere custodite nel Forte Spagnolo trovino spazio in questo progetto, restano del tutto meritori gli sforzi compiuti dal Polo Museale d’Abruzzo e dallo stesso museo per garantirne la fruizione da parte del pubblico e in particolar modo della comunità locale. Il MuNDA, una volta riaperto, ha cercato fin da subito di guardare al futuro, realizzando un tour virtuale dei nuovi percorsi espositivi e tentando di far tornare godibile lo scheletro del Mammuthus meridionalis, rimasto ancora prigioniero negli ambienti del forte e che da solo attirava quasi il 75% dei visitatori. Per questo, lo scorso dicembre era stato presentato il progetto di rendering 3D dell’elefante preistorico per poterlo ammirare tramite totem multimediali e visori tridimensionali. Il tour virtuale del nuovo museo, dislocato negli ambienti dell’ex mattatoio, è stato realizzato dal Polo Museale d’Abruzzo in sinergia con Archimetria Group nel settembre 2017. Si articola con un sistema di circa 23 punti di visualizzazione o hotspot a 360° in alta definizione. Sebbene la tecnica prescelta sia ormai desueta, a confronto con i nuovi sistemi di navigazione digitali che utilizzano mappe dinamiche ed esplorabili nella quasi totalità, essa trova la sua ragion d’essere nella sua economicità, rispetto ad un progetto che si spera possa essere il più possibile temporaneo, per poterlo poi sviluppare appieno nel Forte Spagnolo una volta che saranno completati i lavori di restauro. La visita inizia presso la piazza antistante l’ingresso del museo. L’aspetto grafico degli strumenti di navigazione è essenziale, lineare e, di conseguenza, molto intuitivo con un piccolo menù in basso al centro comprensivo: di frecce direzionali, dei segni + e - per poter ingrandire la visuale; di un comando per far partire una autorotazione a 360° del punto in cui ci si trova; di un tasto contrassegnato dalla lettera “i” che non solo dà i credits del progetto ma indica con precisione in che hotspot ci si trova; di un altro tasto con una mano, la cui funzione risulta però incomprensibile, forse perché inattiva. In alto a sinistra invece ci sono tre icone legate alla scelta delle visuali possibili: rettilinea, fisheye e stereografica. Va sottolineato che il tour si può svolgere solo in versione frontale, pertanto le altre due modalità risultano del tutto superflue, non arricchendo in nessun modo la visita e apparendo invece come un esercizio di stile da parte degli sviluppatori. Prima di entrare nel museo, ci viene offerta l’opportunità di ammirare uno spazio storico che si trova di fronte all’ingresso, la Fontana delle 99 cannelle. L’accesso e la navigazione all’interno del museo virtuale risulta un po’ confuso. Le icone circolari che rappresentano il prossimo hotspot non sempre saltano all’occhio velocemente, così è necessario passare il puntatore del mouse per scoprire a quale ambiente si riferisca. Questo fa emergere forse la più grande lacuna del progetto, ovvero l’assenza di una mappa che, anche se non interattiva, avrebbe permesso un rapido orientamento e comprensione degli spazi. Infatti se ogni icona porta il nome della sala di riferimento identificandola con una lettera (dalla A alla F) e dividendola in più settori contraddistinti da numeri, in alcuni casi il percorso non risulta conseguenziale all’ordine proposto e per seguirlo bisogna spostarsi più volte fra i vari hotspot. Nonostante le difficoltà di navigazione fra i vari punti di visualizzazione, il tour si arricchisce di numerosi strumenti interattivi che cercano di completare la visita sia dal punto di vista didattico che del diletto. Accanto ad alcune opere selezionate, che purtroppo rappresentano un piccolo gruppo, sono presenti delle nuove icone, le quali generalmente dovrebbero rinviare a dei materiali fotografici, ma che in questo caso consistono nelle didascalie delle opere, più o meno dettagliate: strumento sicuramente da potenziare e completare, per dare un’informazione più completa sugli oggetti esposti. Altre opere, invece, vengono contraddistinte da un’altra icona a forma di cubo che, anche se piccola, costituisce il vero fiore all’occhiello del progetto di tour virtuale del museo. Una volta selezionata, si viene collegati ad un sito esterno dove sono racchiuse le scansioni 3D degli oggetti prescelti che dunque si possono ammirare in ogni loro sfaccettatura, anche secondo prospettive che non sarebbero mai possibili visitando realmente il luogo. Inoltre, ogni opera è costellata di diversi numeri che racchiudono informazioni sui dettagli della zona dove essi sono posizionati. Questo sito esterno è ben realizzato ed intuitivo, anche perché ricorda nella struttura quello della più blasonata piattaforma multimediale; per di più oltre, alla visualizzazione a tutto schermo, il sito permette la resa in realtà virtuale delle opere grazie ad un visore stereoscopico, del quale ormai girano diverse versioni a portata di smartphone. Nel menù che si trova sulla destra si possono trovare tutti gli altri soggetti visionabili in tre dimensioni, tra cui il rendering del Forte Spagnolo ma, soprattutto, quello del Mammuthus meridionalis che virtualmente può essere ammirato per la seconda volta. Il Museo Nazionale d’Abruzzo rappresenta oggi un buon esempio di gestione digitale del patrimonio culturale da parte di una istituzione importante, tragicamente devastata da eventi naturali. Nonostante alcune mancanze, che si possono comunque colmare, sembra proprio che la direzione intrapresa sia quella giusta nella difesa del nostro patrimonio culturale e nella sua erogazione. Sitografia:
https://www.musei.abruzzo.beniculturali.it/musei?mid=63&nome=munda-museo-nazionale-dabruzzo https://www.archimetria.it/ https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=152898&pagename=50 https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo/collections/munda_museo-nazionale-dabruzzo-laquila https://www.archeomedia.net/laquila-riapre-il-munda-museo-nazionale-dabruzzo/ https://news-town.it/cultura-e-societa/10218-munda.html https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/aquila_lo_scheletro_del_mammut_esposto_al_munda-4940573.html https://www.ilcentro.it/l-aquila/il-mammut-che-corre-nella-visione-virtuale-allestita-al-munda-1.2343430 https://www.ilcentro.it/l-aquila/munda-chiuso-tour-virtuale-sbarca-sul-web-1.2388864 http://www.mammuthusmuseo.com/ di Damiano Delle Fave In risposta alla sospensione dell’apertura di musei, parchi archeologici, cinema e teatri disposta dal DPCM dell’8 marzo 2020 sul contenimento della diffusione del Coronavirus, il ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, per permettere la fruizione delle opere d’arte anche comodamente da casa, ha chiesto a tutti gli operatori museali di aderire alla campagna #iorestoacasa. È stato chiesto di utilizzare al massimo i canali social e i siti web al fine di condividere video e immagini di opere appartenenti alle collezioni, monumenti, incisioni, manoscritti, incunaboli e documenti rari, insoliti o poco conosciuti. Allo stesso tempo il Mibact ha aperto sul proprio sito web la pagina www.beniculturali.it/laculturanonsiferma con 785 appuntamenti virtuali finora resi disponibili dai luoghi della cultura statali e da diverse istituzioni culturali nazionali, divisi nelle categorie “educazione”, “musei”, “archivi e biblioteche”, “teatro”, “musica” e “cinema”. A Bologna si è distinta la Pinacoteca Nazionale, che ogni giorno posta sui propri social (in particolare Facebook e Instagram) le proprie opere, accompagnandole con un piccolo testo, un aneddoto o una storia, che possa raccontarle e spiegarle a tutto il pubblico virtuale. Inoltre, la Pinacoteca ha messo a disposizione un’app in grado di permettere a tutti di effettuare una visita virtuale del museo. Altrettanto attivo è il MAMbo, il Museo di Arte Moderna di Bologna, che ha lanciato l’iniziativa “2 minuti di MAMbo”: un format di engagement digitale che prevede il caricamento di nuovi contenuti video girati con una tecnologia semplicissima, accessibile anche tramite smartphone, e contrassegnati dall’hashtag #smartMAMbo. Ogni giorno, dal martedì alla domenica, come nei giorni di apertura ordinari dei musei, alle ore 15, viene pubblicato un nuovo video sul canale YouTube MAMbo Channel, poi condiviso su Facebook, Instagram e Twitter. Queste “pillole d’arte” sono incentrate a rotazione su quattro tematiche: la mostra temporanea AGAINandAGAINandAGAINand, che indaga il tema del loop, della ripetizione e della ciclicità nel contemporaneo attraverso le opere di sette tra i più famosi artisti contemporanei (Ed Atkins, Luca Francesconi, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansson, Susan Philipsz, Cally Spooner, Apichatpong Weerasethakul); la collezione permanente MAMbo; il Museo Morandi; e il Dipartimento educativo MAMbo, realtà tra le più importanti nel settore della mediazione e della didattica dell’arte verso tipologie differenziate di pubblici che, questa volta, si stanno misurando con una nuova modalità di approccio alle opere d’arte. In particolar modo il progetto si deve alla disponibilità dell’artista Ragnar Kjartansson e della compagnia di attori Laminarie, che ha messo a disposizione lo streaming live dell’opera Bonjour dell’artista islandese, attualmente allestita nella Sala delle Ciminiere per la mostra AGAINandAGAINandAGAINand. In questo modo il MAMbo ha organizzato una serie di appuntamenti, invitando a intervenire volta per volta un esperto diverso – tra curatori, artisti presenti nella collezione permanente e nella mostra temporanea, mediatori culturali... –, cosicché il web possa diventare un’occasione di confronto tra punti di vista diversi, a proposito delle opere del museo momentaneamente non fruibili de visu. Inoltre, sul sito www.museibologna.it, si possono consultare: percorsi tematici e cataloghi delle opere, virtual tour, dirette Facebook ed è possibile il libero scaricamento di pubblicazioni didattiche ad uso dei bambini, come spiega il direttore artistico Lorenzo Balbi. Quest’ultimo prevede inoltre, finita l’emergenza, la prosecuzione di tali attività che imporranno un decisivo cambiamento circa «il ruolo stesso del museo e la sua funzione sociale che deve trovare delle nuove modalità». Un’altra iniziativa promossa è stata il “Dantedì”, ovvero il 25 marzo, quando è stato celebrato Dante Alighieri sui social media per tutta la giornata con gli hashtag #dantedì e #ioleggoDante. Infine, va menzionata la giornata di domenica 29 marzo, quando il MIBACT, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, ha lanciato un’ulteriore challenge sui social: non soltanto i fotografi professionisti, ma chiunque, ha potuto pubblicare proprie foto realizzate all’interno di musei, parchi archeologici, archivi e biblioteche, dando preferenza a quelle prive di persone. Le immagini dei luoghi della cultura deserti sono diventate protagoniste in tutto il mondo sui social e sono divenute note come Empty Museum. Oggi più che mai diventano così drammaticamente attuali e servono a ricordarci che il patrimonio culturale, nonostante sia momentaneamente inaccessibile, è fruibile anche a distanza. Ogni immagine deve essere taggata con gli hashtag #artyouready e #emptymuseum per essere condivisa da tutti i cittadini. Bibliografia in rete
www.beniculturali.it/laculturanonsiferma http://www.mambo-bologna.org/ www.museibologna.it https://agcult.it/a/16527/2020-03-26/coronavirus-mibact-la-cultura-non-si-ferma-migliaia-di-iniziative-su-social-e-web?fbclid=IwAR03e97p7cTQ_9EZhrTKnYHfXOaVTXnyLfSn1UGOAEHF6bxtga0A61vJexk http://www.artemagazine.it/attualita/item/10951-il-mambo-di-bologna-si-visita-virtualmente-da-casa Stefano Luppi, da Il Giornale dell’Arte, aprile 2020: https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/chiusi-ma-aperti-l-mambo-bologna-/133105.html?fbclid=IwAR1tcMl9A-21Io6eYsqWZKjzTYa9koOc0rGE_LJyPKWoC__-_pqeJPq1Nyw) di Novella Franco Il castello di Chantilly, a pochi chilometri da Parigi, è considerato un gioiello del patrimonio artistico francese. Il suo ultimo proprietario, Henri d’Orléans duca d’Aumale (1822-1897), vi riunì una ricchissima collezione di opere d’arte rimasta intatta e perfettamente conservata grazie alle sue ultime volontà testamentarie. Nel 1886 egli lasciò il domaine di Chantilly all’Institut de France precisando che, alla sua morte, le opere da lui riunite dovessero essere rese accessibili al pubblico grazie all’apertura del Museo Condé, ospitato nel castello, ma soprattutto richiedendo che persino la disposizione dei mobili e degli oggetti rimanesse inalterata. Il castello rappresenta dunque una testimonianza preziosissima che ci restituisce una fotografia fedele di come si presentava la dimora del duca alla fine dell’Ottocento, permettendoci di fare un vero e proprio salto nel tempo. Da raffinatissimo amatore e conoscitore delle arti, il duca acquistò opere di grande qualità. La presenza di capolavori di artisti come Lippi, Piero di Cosimo, Carracci, Domenichino, Guercino, Poussin, Watteau, Ingres e soprattutto Raffaello, fa del castello di Chantilly la seconda più importante collezione di quadri antichi in Francia dopo quella del museo del Louvre. Tali opere, vincolate alle volontà del duca, non possono lasciare il castello e, pertanto, non possono essere oggetto di prestiti. La mostra-omaggio di Raffaello al castello di Chantilly Oltre a vantare i tre splendidi quadri autografi di Raffaello (Le Tre Grazie, La Madonna d’Orléans e La Madonna di Loreto), la collezione di Henri d’Orléans conserva anche un ricco fondo di disegni di mano dell’Urbinate e dei suoi allievi. Per questa ragione il domaine di Chantilly si è unito alle celebrazioni per i cinquecento anni dalla morte del Sanzio proponendo l’unica mostra-omaggio a lui dedicata in Francia, curata dal conservatore Mathieu Deldicque e alla quale ho avuto la fortuna di collaborare come sua assistente e co-autrice del catalogo. La mostra si concentra sulla produzione grafica dell’artista e dei suoi allievi, i tre quadri fanno naturalmente parte del percorso espositivo ma, per motivi di conservazione, non hanno potuto raggiungere le sale e occupano la loro consueta collocazione all’interno del castello. Il percorso si snoda attraverso cinque sale che seguono cronologicamente le diverse fasi della carriera di Raffaello. Le prime tre sale sono dedicate alla giovinezza a Urbino e ai primi esperimenti in Umbria, sotto l’influenza del Perugino e di Pinturicchio, al periodo fiorentino caratterizzato dalle celebri madonne, e all’apice della carriera nella Roma di Giulio II e Leone X. La mostra prosegue con una sala interamente dedicata al primo discepolo di Raffaello, Giulio Romano, del quale il castello conserva un numero cospicuo di disegni; infine, l’ultimo ambiente accoglie l’eredità dell’Urbinate, illustrando gli aspetti della diffusione dei motivi raffaelleschi da parte di Polidoro da Caravaggio e Perino del Vaga. Si è inteso dunque riproporre per intero la produzione grafica del maestro e dei suoi allievi conservata a Chantilly, proponendo nuove attribuzioni e mettendo in evidenza gli aspetti inediti, alla luce degli studi più recenti. Per una visita virtuale della mostra e del castello al tempo del Covid-19 L’emergenza COVID-19 ha raggiunto la Francia con qualche giorno di ritardo rispetto all’Italia, il che ha permesso alla mostra di mantenere le porte aperte fino a metà marzo. Inizialmente previsto dal 7 marzo al 5 luglio 2020, l’evento è stato prolungato alla fine del mese di agosto. Per rendere i contenuti della mostra accessibili al pubblico, anche il domaine di Chantilly si è attivato realizzando un tour virtuale che si configura in realtà come una vera e propria visita privata. Il video, disponibile sul sito ufficiale del domaine, è stato realizzato dal blog dello Scribe Accroupi (allusione al celebre Scriba del Louvre) che, in questo particolare periodo, sta lavorando a una rubrica speciale “Confinement” in cui propone, per ogni giorno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, un filmato per riscoprire le mostre più belle degli ultimi anni in Francia. Durante questa speciale visita privata, Mathieu Deldicque accompagna il visitatore alla scoperta del percorso espositivo, spiegandone l’intento e il significato nell’ambito delle celebrazioni. Per ogni sala e quindi per ogni fase della carriera di Raffaello, il curatore si sofferma sull’opera più emblematica, analizzandone la tecnica, lo stile e il contesto storico-artistico. Offrendo un approfondimento che va oltre i pannelli esplicativi delle sale e, soprattutto, una serie di ingrandimenti ad altissima definizione dei disegni, la visita permette al fruitore una completa esperienza immersiva negli ambienti del museo. Si possono così cogliere i minimi dettagli delle opere, come la cura anatomica dei personaggi e dei loro drappeggi; allo stesso modo è possibile godere del sapiente impiego delle diverse tecniche (il tratto del carboncino, le sfumature dell’acquarello, i contorni puntinati dei cartoni, la trama della carta ecc.) difficilmente apprezzabili a occhio nudo. Successivamente Mathieu Deldicque guida il visitatore nel castello davanti ai tre splendidi quadri del maestro. Le Tre Grazie sono custodite nel cosiddetto Santuario, dietro a delle tende di raso celesti, generalmente tenute aperte per permettere ai visitatori di ammirare l’opera. Durante la nostra visita esclusiva, invece, il curatore scosta questo drappo svelando il piccolo gioiello davanti ai nostri occhi; così facendo ci sentiamo, seppur dal nostro divano di casa, in qualche modo più privilegiati rispetto, paradossalmente, a una visita dal vivo in cui avremo dovuto condividere la contemplazione dell’opera con altri spettatori. Ciò che il video non riesce a restituire è il piacere di percorrere l’itinerario attraverso le sale, girando intorno alle vetrine, osservando il recto e il verso di un disegno, tornare sui nostri passi per ammirare nuovamente un’opera che ci ha colpito e soffermarci su un dettaglio che ci è sfuggito. Costantemente attivo sui maggiori social network (Facebook, Instagram e Twitter), il domaine di Chantilly rimane vicino ai visitatori con una pagina, appositamente creata sul suo sito, dal titolo Restons connectés pendant la fermeture du domaine (Restiamo connessi durante la chiusura del domaine). Questo spazio riunisce molteplici attività, alcune delle quali già precedentemente disponibili sul sito, rivolgendole a tutti i tipi di pubblico, dai ricercatori-studiosi alle famiglie con bambini. Tra i numerosi video che sono stati caricati ritroviamo le trasmissioni e i servizi sul castello, alcuni “focus” sulle singole opere accompagnati da spiegazioni dei conservatori, dei podcast, delle riprese effettuate durante gli spettacoli equestri (il domaine comprende anche delle maestose scuderie) e addirittura un video in cui viene mostrato il procedimento per realizzare la celebre “crema chantilly”, nata naturalmente nelle cucine del castello. La pagina permette altresì di accedere a tutta la collezione del museo: quadri, disegni, incisioni, foto d’epoca, progetti e piante del castello, numerosi documenti d’archivio e il famosissimo manoscritto medievale delle Très Riches Heures du duc de Berry, interamente disponibile in formato digitale, pronto da sfogliare. Infine, un’interessante offerta rivolta ai bambini e agli insegnanti riguarda una serie di dossier pedagogici da stampare con percorsi alternativi, giochi, quiz e disegni da colorare. L’insieme del domaine è accessibile su Google Arts & Culture e, tramite Street View, è possibile beneficiare di una splendida visione globale dell’immenso parco in cui sorge il castello. Il colpo d’occhio del maestoso parterre, progettato da André Le Nôtre, che ci sorprende una volta giunti in cima al viale d’ingresso, è assicurato anche virtualmente. Sitografia:
https://www.domainedechantilly.com/fr/restons-connectes-ledomainealamaison/ https://www.domainedechantilly.com/fr/event/raphael-a-chantilly/ https://artsandculture.google.com/partner/chateau-de-chantilly?hl=fr https://artsandculture.google.com/streetview/ch%C3%A2teau-de-chantilly/SQHhRLdcbxeMTQ?sv_lng=2.486487779372879&sv_lat=49.19443737623073&sv_h=245.59&sv_p=14.719999999999999&sv_pid=8zzlCB3eKAuxi1k64AZVBA&sv_z=1 di Paola Scalise Ci sono voluti tre anni di preparazione perché le Scuderie del Quirinale potessero aprire i battenti sulla mostra “Raffaello 1520-1483”, realizzata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, con la Galleria Borghese, i Musei Vaticani e il Parco Archeologico del Colosseo. Era l’occasione per celebrare anche i vent’anni di attività delle Scuderie del Quirinale. Il 10 febbraio un comunicato stampa del Museo informava della vendita dei primi 50.000 biglietti. Grande l’orgoglio degli organizzatori, per aver riunito ben centoventi opere dell’artista urbinate. Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, la annunciava come «la più grande mostra su Raffaello che vedremo nella nostra vita!», con prestiti eccezionali, provenienti da musei pubblici e collezioni private di tutto il mondo che, nel cinquecentenario dalla morte dell’artista, si sono privati dei loro masterpiece. A cominciare dal contestatissimo Ritratto di papa Leone X, fino alla Madonna del Granduca e alla Velata delle Gallerie degli Uffizi, alla Santa Cecilia della Pinacoteca Nazionale di Bologna, alla Madonna d’Alba della National Gallery di Washington, alla Madonna della Rosa del Prado, al Ritratto di Baldassare Castiglione e l’Autoritratto con amico dal Louvre, per non parlare della preziosa lettera mantovana... La mostra è rimasta aperta per soli quattro giorni, durante i quali le Scuderie del Quirinale hanno dovuto contingentare l’accesso dei visitatori, prima di chiudere definitivamente per effetto del DPCM dell’8 marzo. Una grande delusione! Tre incontri tenutisi a Palazzo Altemps avevano anticipato l’apertura della mostra: vi erano intervenuti Silvia Ginzburg sul periodo giovanile di Raffaello, Antonio Natali sull’attività fiorentina e Alessandro Zuccari su quella romana. I biglietti sono stati rimborsati, ma il danno economico è stato ingente. Le Scuderie del Quirinale hanno allora proposto Una passeggiata in mostra: un filmato della durata di quasi tredici minuti, girato lungo le sale deserte dal video-maker Thomas Battista, su progetto grafico di SuperHumans, reso disponibile sul sito del Museo a partire dal 26 marzo. La voce narrante guida la visita della mostra che si presenta, come indicato dal titolo stesso “Raffaello 1520-1483”, come à rebours, all’indietro. La chiusura della mostra è prevista da calendario per il 2 giugno, in coincidenza con la Festa della Repubblica. Ma ad oggi non ci è dato sapere se sarà possibile visitarla prima che le opere vengano restituite ai Musei che le hanno prestate. La morte di Raffaello ha segnato la fine di un’epoca. Con l’emergenza COVID-19 sembra che stia spalancandosi un’epoca nuova: quella dei tour virtuali, che escludono la nostra presenza fisica di fronte alle opere d’arte, data l’attuale necessità del distanziamento sociale. Ma quando sarà finita l’emergenza sanitaria globale, che ci ha privati delle nostre libertà di movimento, nei gesti e nei comportamenti di tutti i giorni, è inevitabile chiedersi se tutto tornerà come prima. Forse le esigenze del progresso e dell’innovazione tecnologica, che vanno in direzione di un progressivo alleggerimento di tutte le attività lavorative, ci porteranno sempre più lontani dalla pura e semplice godibilità del patrimonio artistico che un museo dovrebbe offrirci, secondo quanto enunciato dall’ICOM in riferimento alle prerogative di un istituzione museale che dovrebbe porsi al servizio dell’istruzione, dello studio, del diletto? Per il momento dobbiamo accontentarci della cosiddetta passeggiata virtuale proposta sul sito delle Scuderie del Quirinale, che ci offre in realtà una visita parziale e frettolosa della mostra; le immagini, spesso decentrate, non rendono merito ai meravigliosi colori, alla lucentezza degli incarnati e alle pieghe dei panneggi. Una passeggiata che non ha niente a che vedere col vero e proprio tour virtuale proposto da Sky Arte nel programma Raffaello Principe delle Arti. Ovviamente la speranza è quella che entro il 2 giugno la mostra possa essere riaperta al pubblico: ma sarebbe auspicabile l’utilizzo di strumenti tecnologici più adeguati per documentarla in modo più efficace, cercando di renderla meglio godibile attraverso suggestive riprese al buio, come per esempio consigliava Heinrich Wölfflin per la scultura. Le opere esposte ci avrebbero restituito non solo la fisionomia del pittore, ma anche i suoi vastissimi interessi di archeologo, architetto, decoratore, scenografo ed inventore. Molti incontri, laboratori e visite guidate erano state a questo riguardo programmate; ma per sopperire alla necessità, il Museo ha realizzato il programma Raffaello oltre la mostra, disponibile anche in lingua inglese, che include interviste on-line di curatori e storici dell’arte. Particolarmente interessante il video intitolato Rimaterializzare la tomba di Raffaello, che ci offre lo sguardo sul backstage dell'impresa che ha prodotto una riproduzione a grandezza naturale della monumentale tomba del divino Raffaello al Pantheon, commissionata per l’occasione alla Factum Foundation for Digital Tecnology in Conservation. Vi si spiega in dettaglio come, nel corso di cinque sessioni notturne, sono stati acquisiti digitalmente i dati relativi alla tomba, attraverso dispositivi non-contact; si è fatto quindi uso di stampanti 3D coadiuvate da tecniche artigianali. È scaricabile dal sito delle Scuderie del Quirinale anche il divertente gioco lo Scorrimostre, un modo piacevole per passare il tempo in casa, in attesa di tornar a veder fiorir le rose. Sitografia:
https://www.scuderiequirinale.it/ https://artslife.com/2020/02/25/mostra-raffaello-roma/ https://www.ilsole24ore.com/art/il-divino-raffaello-capovolto-AC2VosLB https://www.scuderiequirinale.it/pagine/il-video-in-mostra-con-sky-arte https://www.scuderiequirinale.it/pagine/raffaello-oltre-la-mostra di Federica Lixi Giovanni Torlonia nel 1797 acquistò la Vigna Colonna, situata nei pressi della via Nomentana, commissionando quindi all’architetto Giuseppe Valadier, tra il 1802 e il 1806, la monumentale e fastosa ristrutturazione dell'edificio, nonché la sistemazione dell’intero parco. Tali lavori di ampliamento del Casino Nobile inglobarono la vecchia struttura, aggiungendovi avancorpi, porticati ed ampie terrazze; spetto più tardi a Giovan Battista Caretti di aggiungere il maestoso pronao della facciata (1835-1840). Dal 1925 al 1943 il Casino fu utilizzato come residenza da Benito Mussolini, che fece costruire due bunker interrati, uno anti-gas ed uno anti-aereo, ancora oggi visitabili su appuntamento. Dal 1944 al 1947 la Villa venne occupata dal comando Anglo-Americano di stanza a Roma, e solamente nel ’77 la villa fu acquistata dal Comune di Roma per essere aperta al pubblico dal 1978. In queste settimane di emergenza sanitaria, anche i Musei di Villa Torlonia si sono attrezzati per dendere possibile una visita virtuale a distanza delle collezioni e degli ambienti interni del Casino. Infatti sul sito ufficiale di Villa Torlonia è stato approntato l'accesso verso un tour virtuale che offre e consente allo spettatore di visitare in piena libertà, usando la propria postazione pc, oppure anche solo uno smartphone, il monumento nella sua totale interezza. I percorsi di visita virtuale includono: il Casino delle Civette, il Museo di Villa Torlonia e il Casino Nobile. Ciò avviene tramite la tecnologia della realtà virtuale immersiva, che presuppone il montaggio fotografico di immagini ad altissima risoluzione. Il tour virtuale che viene offerto dà allo spettatore la possibilità di scegliere tra due tipologie di visita: cliccando con il mouse sulle due frecce poste in basso a destra inizia un tour prestabilito, che l’utente può interrompere in qualsiasi momento; con un semplice movimento del mouse o con l’uso della tastiera, l'utente può altrimenti decidere di muoversi liberamente, a 360°, all’interno del Casino; attraverso l’uso del change control mode, può anche avvicinarsi alle singole opere esposte, per apprezzarne i dettagli. La visita virtuale offre all'utente diversi contenuti digitali di approfondimento: foto, video e testi informativi. Il tour ha inizio da una delle sale più importanti: la Sala centrale, oggi comunemente chiamata Sala da Ballo, attorno alla quale sono disposti gli altri ambienti, Camera di Psiche, Sala di Alessandro, Stanza a “Bercerau” , Sala di Bacco, Camera Egizia, Camera da letto di Giovanni Torlonia, dove è possibile ammirare gli arredi insieme a numerose opere provenienti dalla stessa Villa nonché dalla ricchissima collezione statuaria della famiglia Torlonia. È compresa nel percorso espositivo e virtuale la ricostruzione della Camera da letto di Giovanni Torlonia con i mobili che vennero rinvenuti per caso nel 1997, in un deposito ministeriale. Sitografia
http://www.museiincomuneroma.it/ http://tourvirtuale.museivillatorlonia.it/ http://www.specchioromano.it/fondamentali/Lespigolature/2006/Marzo%202006/Il%20Casino%20Nobile%20di%20Villa%20Torlonia.htm https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sitoMiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=151246&pagename=57 |
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