di Letizia Fiori In questi tempi straordinari – letteralmente fuori dall’ordinario – in cui tutti noi siamo costretti a stravolgere le nostre abitudini, confinati, per il nostro stesso bene, in casa, non bisogna mai perdere la speranza. Questo è il tempo di reagire. Di sfruttare l’inaspettata quantità di tempo libero che abbiamo a disposizione per impegnarci in qualcosa di costruttivo. In questo la risposta dei musei non è tardata ad arrivare. Si sono moltiplicati, dall’oggi al domani, i tour virtuali tra i capolavori che ora sono, anche loro, confinati in casa. Anche il museo dell’Ara Pacis è sbarcato online, come tutte le istituzioni facenti parte della rete dei Musei in Comune: si offre «un tour virtuale» – come riporta il sito ufficiale – «per una visita a tutto schermo delle sale e per consentire a tutti un'esperienza virtuale che supera i limiti spaziali»[1]. In realtà, il tour del museo dell’Ara Pacis è disponibile già dal 2012, a testimonianza della presa di coscienza dell’utilità di questo strumento molto prima dell’emergenza Covid-19. In pochi, però, ne erano a conoscenza. Forse perché si privilegiava la visita in loco, o perché la frenesia del quotidiano non lasciava sufficiente tempo libero da dedicare a questo tipo di esperienza. Sicuramente oggi è uno strumento prezioso, che ci avvicina a quei luoghi dai quali siamo distanti, almeno fisicamente. Il tour in questione permette la visita del museo simulando una passeggiata virtuale, l’unica che ci è consentita, per esplorare l’interno degli ambienti senza i fastidiosi tempi di attesa che la quantità di visitatori abituali avrebbe inevitabilmente provocato. Grazie al movimento del mouse è possibile ruotare la visuale a 360°, «zoomare fino ad avvicinarsi ai diversi elementi presenti nelle sale, oltre che approfondire la visita con foto e video»[2]. Tutto quello che occorre per la visita virtuale è un pc e un collegamento ad internet. Basterà poi collegarsi al sito http://tourvirtuale.arapacis.it/ita/index.html perchè la magia abbia inizio. Con il plug-in Adobe Flash Player muoviamo i primi passi nella realtà virtuale del museo: la visuale iniziale è esattamente la stessa che avremmo potuto apprezzare se fisicamente lì, in perfetta coerenza con la ‘visita reale’. Utilizzando il mouse e la tastiera, cliccando sugli hotspot inseriti negli ambienti e navigando le mappe interattive, la visita si approfondisce con elementi di contesto: foto, video e testi. Alle nostre spalle, proprio accanto alla porta di ingresso, un pannello e un plastico offrono un’interessante ricostruzione del contesto originario che faceva da cornice all’Ara Pacis: il Campo Marzio settentrionale, così come doveva presentarsi nel 14 d.C., alla morte di Augusto. L’idea del plastico è davvero vincente per restituire un’immagine di come doveva essere la città agli occhi di un civis Romanus dell’epoca, sicuramente molto diversa da quella odierna; d’altronde, sappiamo ormai tutti che le “immagini” sono più efficaci delle parole. Quello che però manca nel tour virtuale è uno zoom, magari dall’alto, proprio sul plastico, che invece risulta virtualmente non apprezzabile, ‘piatto’. Ne intuiamo la presenza ma non l’articolazione. Prima di proseguire verso l’ara, alla nostra sinistra una teoria di busti dei rappresentanti più famosi della gens Iulia, tutti corredati di una “i” soprastante, cliccando la quale si apre una finestra che fornisce brevi informazioni aggiuntive nell’opera, ma non esaustive sul personaggio rappresentato. Data la complessa articolazione della famiglia romana, si sarebbe potuto pensare ad un ulteriore approfondimento che chiarisse il ruolo dei personaggi rappresentati dai busti scelti. A questo proposito, giusta è l’idea di collocare, alla nostra destra, di fronte alla teoria di busti, un pannello trasparente autoportante che ricostruisce la genealogia della gens Iulia, molto utile per fare chiarezza dei rapporti di parentela esistenti ma, purtroppo, slegato dal resto del contesto, dal momento che i nomi non sono accompagnati da un riferimento grafico ai personaggi, seppur rappresentati nei busti presenti di fronte. Risulta complicato e assolutamente non immediato lo spostamento di visuale dal pannello ai busti per tentare di collegare nomi e volti. Dopo questo spazio introduttivo, necessario per inquadrare il contesto storico e paesaggistico, ci concentriamo sull’Ara Pacis, il fulcro di questa avanguardistica struttura museale progettata nel 2006 dall’archistar Richard Meier. Seppur il punto di osservazione iniziale sia distante, con uno zoom progressivo riusciamo ad arrivare ai piedi dell’ara, senza che la qualità e la risoluzione dell’immagine ne risentano minimamente. Purtroppo nessuno strumento di approfondimento è disponibile riguardo il prospetto principale dell’altare, così come, vedremo dopo, per gli altri prospetti. Qualcuno potrebbe obiettare che la magnificenza del monumento “parli” da sé, ed è certamente così, ma si sarebbe potuto pensare di integrare questi zoom con le ricostruzioni dello stesso realizzate con il progetto “L’Ara com’era”, non consultabile online se non attraverso dei brevi video, e la cui iniziativa è terminata lo scorso dicembre 2019. A questo punto il virtual tour ci consente di proseguire solo in una direzione, verso il corridoio ovest. Di nuovo non abbiamo a disposizione alcun approfondimento, anche solo minimo, per esempio riguardo i soggetti rappresentati nel fregio superiore. Un minimo di interattività avrebbe potuto rendere ancora più interessante e coinvolgente la visita. Passiamo al lato nord, il prospetto posteriore dell’ara. Sicuramente la maggiore profondità dello spazio architettonico a disposizione permette un’osservazione omogenea, con un unico colpo d’occhio, come invece non accade per i lati dell’altare, i cui corridoi sono molto più stretti. Ma questa è una considerazione strettamente legata al moderno contenitore. Nulla di più possiamo dire, a livello storico-artistico, su questo prospetto, nemmeno apprezzare, tramite lo zoom, i pannelli che incorniciano l’apertura posteriore perché lo strumento non risulta disponibile. A questo punto possiamo visitare gli spazi sottostanti il lato est dell’ara, che contengono i calchi riferiti alla Tellus e alla dea Roma, finalmente un approfondimento riguardo i due pannelli sul lato secondario. Un’altra sala contiene i frammenti del grande fregio a girali che caratterizza tutta la fascia inferiore dell’altare, come un grande nastro che lo avvolge completamente. Un pannello spiega la grande difficoltà incontrata nella ricostruzione del fregio, data la quantità di frammenti rinvenuti. La sala successiva, cosiddetta Ara Pietatis o Ara Claudii, contiene una serie di frammenti di svariate dimensioni e soggetti diversi. Così termina il tour del Museo dell’Ara Pacis. Grande assente la veduta del lato est dell’altare nonostante la scena più importante e meglio conservata sia proprio su questo fianco, quella con i personaggi della famiglia imperiale in processione, secondo un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C. Il tour, risalente al 2012, presenta molti punti che potrebbero essere facilmente implementati. Nel 2020 ci si aspetta di più da una visita virtuale immersiva, sia sul fronte della tecnologia che da quello storico-artistico, così come ancora preistorico è l’utilizzo che le istituzioni museali fanno dei canali social. Un salto andrebbe compiuto per avvicinare i musei, formula settecentesca, al nostro tempo. [1] http://www.arapacis.it/it/musei_digitali/tour_virtuali [2] http://www.arapacis.it/it/servizi/news/tour_virtuale_del_museo_dell_ara_pacis
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Marzo 2024
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