di Cetty Barbagallo Le “passeggiate del Direttore” sono un’iniziativa che da tempo viene proposta dal Museo Egizio di Torino. Si tratta di un incontro mensile, riservato a un gruppo ristretto di circa trenta persone che, previa prenotazione, vengono guidate davanti ai reperti dell’antico Egitto direttamente da Christian Greco, direttore del Museo. In tale occasione, i visitatori sono ammessi a porte chiuse a passeggiare insieme al Direttore tra le sale del museo, per scoprire alcuni dei capolavori che di volta in volta vengono scelti, a sorpresa, secondo il tema del giorno. Per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato l’8 marzo 2020 per contrastare e contenere la diffusione del virus Covid-19, tutti i luoghi e istituti di cultura italiani sono stati chiusi. Il Museo Egizio ha dunque deciso di reinventare la sua iniziativa riproponendola in versione digitale. Come? Due volte la settimana, il giovedì ed il sabato, sul canale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UCu0NN4cZekeB2KKha2XwYyQ) il museo mette a disposizione un nuovo video, ognuno della durata di circa 10 minuti. In ogni videotour è sempre il direttore del Museo a condurre gli spettatori/visitatori tra le sale, illustrando alcune delle opere e condividendo, quindi, le sue spiegazioni con la comunità intera del web. L’obiettivo di questo progetto, come dichiarato dallo stesso Greco, è di aprire il museo verso il mondo esterno: «da anni dichiariamo che il museo è di tutti, è la casa di tutti, e da oggi lo vogliamo rendere ancora più visibile regalando a chiunque voglia una passeggiata con il direttore». Così, attraverso la promozione dell’hashtag #laculturacura, il Museo Egizio ha potuto sviluppare un progetto che già da tempo era partito, non solo per raccontare la prestigiosa collezione, ma anche per avvicinare l’istituzione alla collettività Il Trailer dell’iniziativa è disponibile al seguente indirizzo internet:
https://www.youtube.com/watch?v=I-QxzdwQnQo&list=PLg2dFdDRRClGtp33i7xqUwFO82TEVnMz2 Episodio 1 - L’Egitto e i Savoia Il primo oggetto che si incontra entrando nel museo, il ritrattomonumentale di Ramses II, in granito rosa, è una delle prime statue faraoniche che hanno raggiunto l’Europa. È arrivata a Torino nel 1759, grazie a Vitaliano Donati, il quale era stato mandato in Egitto dai Savoia. Episodio 2 - Sekhmet, i colossi di Memnon e la Iside di Copto Vitaliano Donati, professore di botanica all’Università di Torino, inviato in Egitto per conto dei principi di Savoia, riportò con sé circa seicento oggetti, tra cui due statue monumentali oltre a quella di Ramses II: i coloddo della dea Sekhmet e della dea Iside. Episodio 3 - L’Epoca dei Consoli Nel 1798 Napoleone organizzò la famosa campagna militare in Egitto, portando con se centosessantasette studiosi, per documentare tutto ciò che vedono. La documentazione prodotta confluirà poi in un’opera monumentale, intitolata Description de L’Égypte, il cui primo volume, pubblicato nel 1809, farà divampare una ondata di egittomania. Episodio 4 - Il libro dei Morti di Iuefanhk Il Museo Egizio ha deciso di esporre il papiro di Iuefanhk, lungo oltre 19 metri, noto come «Libro dei Morti». Esso contiene una serie di formule che permetteranno al defunto di superare gli ostacoli che gli si presenteranno dopo la morte, per potere proseguire la vita nell’aldilà. Episodio 5 – Le sale storiche e il Canone Regio Le statuette funerarie lignee esposte in questa sala appartengono alla collezione che fu formata da Carlo Vidua durante il suo viaggio in Egitto intorno al 1819. Acquistata da Vittorio Emanuele I, la collezione giunse nel Palazzo delle Scienze (quello che oggi ospita il Museo Egizio) nel 1824. Nel 1832 si decise di unirla alla collezione conservata presso l’Università per dare vita al Regio Museo di Antichità ed Egizio. Episodio 6 - Ernesto Schiaparelli, la M.A.I e il Partage Nel 1894 assunse la direzione del Regio Museo Ernesto Schiaparelli, il quale comprese subito che bisognava acquisire nuovi reperti, ma anche promuovere delle campagne di scavo che permettessero di raccogliere informazioni sul contesto archeologico da cui gli oggetti provenivano. Nel 1903 venne fondata la MAI (Missione Archeologica Italiana) che fino al 1920 riucì a realizzare dodici fondamentali campagne di scavo, che permisero di documentare e scavare vari siti, nonché di incrementare la collezione. Schiaparelli porterà oltre 35.000 reperti a Torino riuscendo a trasformare il museo Egizio da un museo antiquario a un museo archeologico. Episodio 7 - Rituali e sepolture nel predinastico Uno degli argomenti più affascinanti della cultura dell’antico Egitto riguardava la preservazione del corpo dopo la morte, giacché dopo la vita terrena iniziava una nuova vita. Il video presenta una serie di esempi di mummificazione del corpo, con particolare attenzione alle grandi sepolture dell’antico Regno. Episodio 8 - La Tomba di Ignoti La tomba scoperta nel 1911 da Virginio Rosa, che ne lasciò una documentazione estremamente minuziosa, si trova integralmente ricostruita nel Museo Egidio di Torino. Episodio 9 - La tomba di Iti e Neferu Nel 1911 viene ritrovata e scavata la tomba di Iti e Neferu, sita a 30km a sud di Tebe, una tomba semi-rupestre con sedici pilastri che delimitavano un corridoio interno, da un lato del quali si aprivano poi una serie di cappelle. Questa tomba aveva una peculiarità molto importante: le pareti erano decorate da pitture che furono strappate e portate a Torino. Lo studio degli archivi fotografici e dei documenti conservati nell’archivio storico del museo ha permesso di ricostruire l’originario contesto archeologico della tomba.
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di Francesca Colonnelli
“Il museo è straordinariamente chiuso, in ottemperanza alle disposizioni per il contenimento del rischio da contagio COVID-19 (DPCM 08.03.2020)”. Straordinario è questo messaggio che troviamo nella home page del Museo Madre di Napoli, come in tutte quelle di musei italiani e stranieri, di teatri, cinema, etc… Ma straordinari sono anche gli strumenti che dai primissimi giorni sono stati messi in campo in risposta alla chiusura degli istituti culturali per proseguire con la mission pubblica. Tutti i musei sono stati d’accordo sul fatto che alla chiusura degli spazi espositivi non dovesse assolutamente corrispondere l’interruzione del servizio, se pur rimodulato e ripensato per l’occasione. È così che dietro il grande portone giallo, anche il Madre di Napoli si è attivato con naturalezza, semplicemente cambiando ‘dimensione’ spaziale. Il Madre – Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina – si trova nel centro storico di Napoli, sulla “via dei Musei”, a pochi metri dal Duomo, dal Museo Archeologico Nazionale e dall’Accademia di Belle Arti, lì dove si sviluppa l’antico quartiere di San Lorenzo. Il museo trae il proprio nome dall’edificio che lo ospita, il Palazzo Donnaregina, che come tutta l’area in cui sorge deve la denominazione al Monastero di S. Maria Donnaregina, fondato dagli Svevi nel XIII secolo e poi ampliato e ricostruito nel 1325 dalla Regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angiò. Dopo essere stato trasformato nel corso del XIX secolo in Banco dei Pegni, e aver subito notevoli aggiunte architettoniche nel secondo dopoguerra e in seguito al terremoto dell’Irpinia, l’edificio fu definitivamente abbandonato dopo l’alluvione del 2001 che provocò gravi danni strutturali. Nel 2005 venne acquisito dalla Regione Campania con il grande progetto di farne un museo di arte contemporanea con i suoi 7200 mq tra sale espositive, biblioteca, mediateca, sala conferenze, bookshop-caffetteria. Oggi ospita opere di artisti del calibro di Anish Kapoor, Jannis Kounnellis, Jeff Koons, Mimmo Paladino, Sol LeWitt, Alighiero Boetti, Andy Warhol, Giovanni Anselmo, Emilio Isgrò, solo per citare alcuni nomi. Una prima iniziativa attuata dal Madre è stata quella di indicare ai propri visitatori alcuni percorsi virtuali tramite la piattaforma Google Art & Culture: servizio che il museo offriva già dal 2018 e che oggi è stato solo meglio pubblicizzato. Tramite il browser o l’app dedicata, si può accedere al percorso di visita virtuale che utilizza la tecnologia Street View e permette una visione orizzontale di 360° e 160° in verticale, con immagini ad alta risoluzione (7 gigapixel) che permettono di avvicinarsi all’opera d’arte fino ad apprezzarne i minimi dettagli e la consistenza materica. L’esplorazione delle sale è possibile spostandosi con il mouse o attraverso la bussola posizionata in basso a destra. Sopra la bussola troviamo il selettore di livello che ci permette di navigare attraverso i piani del museo. Un grande limite di questa esplorazione è la mancanza di informazioni approfondite circa le opere con hotspot dedicati, se non quelle che si possono leggere ingrandendo i pannelli didattici posti nelle sale. Più completo è, invece, il virtual tour accessibile esclusivamente tramite smartphone e l’app di Google Art & Culture, che necessita, però, del Google Cardboard, o di qualsiasi altro visore virtuale in commercio. Attraverso le speciali lenti e il sensore (il giroscopio) inserito nello smartphone, si crea l’illusione di essere immersi a 360° al centro delle sale. Una voce narrante ci accompagna alla scoperta della collezione site-specific che dialoga con la mostra “Pompei@Madre. Materia Archeologica” (19 novembre 2017 – 7 gennaio 2019). La mostra, organizzata dal museo Madre di Napoli in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei, si proponeva di indagare le possibili, molteplici relazioni fra patrimonio archeologico e ricerca artistica, attraverso il dialogo fra straordinari, e spesso inediti, reperti di provenienza pompeiana e le opere della collezione permanente del museo, trasformandolo in una vera e propria “domus contemporanea”. La sala affrescata e decorata con maioliche di Francesco Clemente è diventata il cuore della domus, “tablinum” e “triclinium”: sala di rappresentanza e spazio per ricevimenti e banchetti. La piattaforma Google Art & Culture, infine, mette a disposizione degli utenti 11 storie che raccontano la collezione e alcune delle mostre passate, e 374 elementi fotografici ad alta risoluzione delle opere della collezione site-specific con la possibilità di ingrandirle attraverso la lente di ingrandimento o il cursore in alto a sinistra. Se l’arte è musica, significativo è l’esperimento del Madre di creare una playlist su Spotify, il servizio di riproduzione digitale in streaming di musica, podcast e video, con accesso immediato a milioni di contenuti di artisti provenienti da tutto il mondo. La playlist per la quarantena si intitola “Altrove” con brani che ci fanno immaginare di essere lontani, che ci fanno viaggiare e pensare a strade da percorrere e nuovi posti da scoprire. Apripista è il singolo omonimo “Altrove” di Morgan dall’album “Canzoni dall’Appartamento”. Nell’ambito della campagna nazionale #iorestoacasa, il Madre ha invitato artisti e creativi a reinterpretare alcune parole e temi chiave che riflettono questo momento, in cui la vita di tutti è cambiata in poche ore: vicinanza/distanza, casa, isolamento, comunità, famiglia, relazioni, spazio, confine, corpo, regole, limite, contatto, mutazione, opportunità…
Ed è nata così “Madre Call”, una chiamata all’azione, “How to change the world from your living room”, un condominio di voci, linguaggi e sensibilità diverse che raccontano, però, un’esperienza che ci accomuna tutti, invitandoci a immaginare forme differenti di fruizione delle opere. Sono stati potenziati anche i social – facebook e instagram – dove oltre a “Madre Call”, arriva “Madre door-to-door”, un ricco programma digitale che porta l’arte a domicilio con appuntamenti quotidiani. “Questi sono i momenti in cui è ancora più importante non rinunciare alla bellezza e non perdere il senso di comunità – dichiara Laura Valente, Presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee –impiegando le tecnologie e il web per arrivare a tutti.” Il programma prosegue secondo tre filoni principali: 1. In site… La mostra – ogni mercoledì è raccontata attraverso clip video e immagini la mostra “I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970” da poco inaugurata al Madre. 2. On air… La collezione – ogni fine settimana visibili online eccezionalmente, e per un periodo limitato di tempo, opere che andranno a formare una collezione dedicata al solo pubblico web. 3. Unreleased… Gli inediti – sempre nel weekend vengono presentati contenuti inediti e originali del museo che raccontano i suoi protagonisti e la sua storia. Sitografia: http://www.madrenapoli.it/ http://www.madrenapoli.it/calendario/madredoortodoor/ http://www.madrenapoli.it/calendario/madrecall/ https://www.facebook.com/museomadre/ https://www.instagram.com/museomadre/?hl=it https://open.spotify.com/user/o8ec66y60yhhm3uqielb09jz1 di Luisa Nieddu
Prendono adesso vita sul web, moltiplicandosi in modo esponenziale, le grandi mostre d’Arte che avrebbero dovuto inaugurare la nuova stagione culturale del 2020, temporaneamente sospese ma in gran parte trasferite sui social-network e sulle piattaforme digitali, in conseguenza delle eccezionali misure di contenimento della pandemia che hanno costretto alla chiusura anche i centri culturali ed espositivi. Così anche la prima grande mostra monografica dedicata al Maestro senese Taddeo di Bartolo (Siena 1362 ca.– Siena 1422) che dal 7 marzo al 7 giugno 2020[i] sarebbe stata visitabile, con le sue ben cento opere esposte, presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia[ii], è esplorabile virtualmente (fig. 1), anche con la possibilità di visita guidata. I canali social della Galleria Nazionale dell’Umbria e del Polo Museale dell’Umbria (Facebook, Twitter, Instagram, Spotify, Youtube) si aprono così alla divulgazione e fruizione a distanza, rivolgendosi a un pubblico multiforme. Dopo l’appello nazionale lanciato per arginare l’ emergenza planetaria in corso, anche le altre istituzioni museali del Polo dell’Umbria, i parchi archeologici, le ville storiche, teatri e spazi di socialità del territorio, hanno aderito alla stessa operazione di “messa in rete” dei percorsi espositivi virtuali, dj set e concerti, secondo le indicazioni così esposte dal direttore del Polo Museale, Marco Pierini: “Chiudere fisicamente non significa smettere di rispondere alla nostra missione di valorizzazione e promozione : significa trovare alternative che possano quantomeno regalare momenti di piacere e di conoscenza”[iii]. Non solo la mostra monografica su Taddeo è stata resa accessibile in audio/video streaming system, così da avvicinare gli strumenti tecnologici che la contemporaneità ci mette a disposizione anche all’Arte Antica contribuendo a farla percepire, in un certo senso, come contemporanea; ma nell’ambito della campagna #laculturanonsiferma tutti i capolavori custoditi nella Galleria Nazionale di Perugia, i materiali d’archivio sono stati riversati, secondo un programma di iniziative sempre aggiornato, sulle piattaforme social che si configurano pertanto come imprescindibili supporti informativo-formativi oltreché relazionali. Gli hastagh #museichiusimuseiaperti, #arteinquarantena o #DireUmbria vuol dire sono alcuni degli identificatori che all’interno dei canali social indirizzano gli utenti interessati verso i luoghi emblematici del patrimonio monumentale della regione, quali il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria e l’Ipogeo dei Volumni (Perugia), il Museo Archeologico Nazionale e Teatro Romano di Spoleto e l’Area Archeologica di Carsulae, il Palazzo Ducale di Gubbio, il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto e la Rocca Albornoziana, il Tempietto di Campello sul Clitunno; il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto e la Necropoli di Crocefisso del Tufo, o la Villa del Colle del Cardinale, il Castello Bufalini di San Giustino. Anche la Fondazione Cariperugia Arte[iv] ha sostenuto la stessa strategia di diffusione all’interno del “sistema social”, riversando in rete l’eccezionale collezione di Alessandro Marabottini (1926-2012), docente presso la stessa università, che nel 2015 era stata allestita sui due piani di palazzo Baldeschi. La raccolta, costituta da circa settecento pezzi tra dipinti, sculture, disegni, incisioni, miniature, cere, vetri, avori, porcellane ed arredi, acquistati tra il XVI e il XX secolo (fig. 2), è dunque percorribile virtualmente attraverso il sito ufficiale della Fondazione[v], per via dei suoi principali digital-media (Facebook, Twitter, Pinterest, Youtube schannel, Instagram), oppure tramite l’hastag #ArteinQuarantena. Nell’ambito dell’Arte contemporanea, presso Palazzo Lucarini Contemporary[vi] nella città di Trevi, è stata inaugurata UNDER GLASS – Uncontaminated narratives’ , un artista al giorno[vii], mostra virtuale aperta dal 14 marzo al 3 aprile (fig. 3), e messa in remoto attraverso i molteplici canali Web del Museo. Ventuno artisti dall’Italia e dall’estero, intervengono ogni giorno in diretta, alle ore 19.00, esponendo le loro riflessioni fatte “sotto vetro” sull’isolamento, il vuoto, la coercizione e l’alienazione, che contraddistingue il tempo contemporaneo ma, in particolare, questi momenti di emergenza globale. Infine la Pinacoteca di Città di Castello (secondo museo dell’Umbria dopo la Galleria Nazionale)[viii] ha partrecipato all’iniziativa #laculturanonsiferma pubblicando in rete una serie di video intitolati “Pillole d’Arte” (fig. 4): dove diversi operatori culturali sono invitati a illustrare i capolavori dei grandi Maestri del Quattro-Cinquecento del Museo, da Luca Signorelli e Cola dell'Amatrice, fino a Raffaello arrivando ai grandi artisti del Novecento, De Chirico, Carrà, De Pisis, Nuvolo/Giorgio Ascani, le cui opere sono ospitate nel padiglione moderno del museo[ix]. [i]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/05/taddeo-di-bartolo-gigante-del-polittico [ii] https://gallerianazionaledellumbria.it/exhibition/taddeo-di-bartolo/ [iii]https://twitter.com/marcopierini5?lang=it ; https://corrieredellumbria.corr.it/news/attualita/1530861/ [iv] https://www.fondazionecariperugiaarte.it/ [v]https://www.fondazionecariperugiaarte.it/museo-virtuale/collezione-alessandro-marabottini/ [vi]https://www.palazzolucarini.it/;https://www.palazzolucarini.it/under-glass-21-uncontaminated-narratives-i-un-artista-al-giorno-visibile-dalle-ore-1900-sui-canali-web-di-palazzo-lucarini-sino-al-3-aprile-2020/ [vii]http://www.scoprendolumbria.it/it/eventi/under-glass-21-uncontaminated-narratives_228.html [viii] https://www.umbriaecultura.it/pinacoteca-citta-di-castello/ [ix]https://www.facebook.com/PoliedroCultura/;http://www.umbriaturismo.net/attivita-commerciali/poliedro-cultura/ La mostra di Sissi a Palazzo Bentivoglio tramite il social: per vestire il tempo che passa12/4/2020 di Lucrezia Lucchetti «In ottemperanza alle misure di contenimento del COVID-19, gli spazi di Palazzo Bentivoglio sono temporaneamente chiusi. La mostra di Sissi quindi si tramuta in un diario giornaliero che l’artista realizzerà dalla sua abitazione per vestire il tempo che passa e che potete seguire sul nostro profilo IG @palazzobentivoglio» Questo è quello che troviamo scritto nella pagina del sito dello spazio espositivo di Palazzo Bentivoglio, uno spazio molto giovane nato nel 2019, riservato a mostre contemporanee ed eventi, la cui sede si trova nei bellissimi sotterranei dell’omonimo palazzo cinquecentesco, situato nel cuore di Bologna. Gli ambienti sono ampi e hanno mantenuto la struttura cinquecentesca, con i mattoni scorticati, lasciati a vista (vedremo come questo sia in perfetta sintonia con la mostra in corso) sposandola con elementi di arredo prettamente contemporanei. Dal 21 gennaio al 19 aprile, Palazzo Bentivoglio presenta “Vestimenti”, la mostra personale dell’artista Sissi, facente già parte dei progetti per Main project di ART CITY Bologna 2020 in occasione di Arte Fiera. Sissi è un’artista giovanissima, che emerge alla fine degli anni Novanta quando ancora era una studentessa dell’Accademia delle Belle Arti. Poliedrica e luminosa, Sissi spazia dalla scultura alla video art, dalla performance alla pittura, ai disegni e alla fotografia, guidata da uno spirito infuocato e innovativo. La mostra, curata da Antonio Grulli, doveva avere luogo nelle sale del palazzo. Ciò è stato possibile solo fino al 15 marzo. Dopodiché a causa delle doverose misure restrittive imposte dalla pandemia, la mostra è stata prima visitabile su appuntamento e poi definitivamente chiusa al pubblico. Ed è qui che entra in scena la tecnologia, che ci permette di avvicinarci alle opere, senza essere in loco, di vederle anche se non siamo all’interno del museo e in un certo qual modo, secondo un diario giornaliero di opere, di partecipare alla mostra di Sissi, restando comodamente a casa. Dal 10 marzo infatti la mostra ha preso il nome di “Abitamenti” proprio per rimandare in maniera anche etimologica all’abitazione. I profili social e i siti dei musei ci garantiscono la fruizione delle opere, delle mostre e delle esperienze, permettendoci di fare in questa situazione particolare il nostro dovere di cittadini: rimanere a casa. La fase precedente della mostra, documentata sul profilo Instagram della sede, dal titolo “Vestimenti”, raccoglie un corpus di sculture-abito dell’artista, che copre circa venti anni della sua carriera e anche il significato profondo della poetica di questa artista giovanissima: il corpo. “Abitante” 2014, “Si è più nudi che vestiti” 2011, “ONme” 2015, Archivio Addosso 1995 - in progress tailleur V+G\BUD\01\09, sono tutte opere e performance in cui si comprende come la pelle dell’artista Sissi sia al contempo rivestimento ed essenza, sia esterno e corpo, plurimo e mutevole. Le creazioni, che spesso Sissi stessa indossa, assumono i colori e le forme dei nostri organi, nervi, capillari, evoca arterie e vene, che troviamo nei libri di anatomia, negli atlanti medico scientifici, mantenendo un legame curato e indissolubile con la moda e con la sartoria. «Vestiti, tessuti, materiali vengono smembrati, dissezionati, riassemblati a tutti gli effetti» scrive così Federica Fiumelli in Wall Street International Magazine, e Sissi lo fa per mettere in contatto il nostro corpo con quello che abbiamo sotto la pelle, con quello che vedremmo se ci scorticassimo, lo fa per farci comprendere che siamo al contempo contenitore e contenuto. Ma gli abiti che indossa sono e rimangono un feticcio simbolico di quello che viviamo, del tempo che scorre, della maschera che la propria personalità indossa per non denudarsi totalmente. L’abito è un delegato a cui la nostra identità affibbia l’estrinsecazione di sé, per paura, per mancanza di coraggio, per difesa. Con la performance “Abitare l’altro” l’artista ci mostra il suo laboratorio di sartoria: sceglie la stoffa, la srotola, la ripone sul cartamodello, taglia e poi cuce a macchina per quasi in un’ora. Nel frattempo ci sprona ad ascoltarci e ascoltare l’altro, a sciogliere i confini, a metterci in contatto con l’altrove e l’altrui, a capire quali reazioni il nostro soma ottiene dallo stimolo proveniente dalla relazione con l’altro. La seconda fase, “Abitamenti”, che si serve moltissimo del canale tecnologico e di rete del profilo social di Palazzo Bentivoglio, ragiona su come riuscire a comunicare lo stesso messaggio attraverso un’immagine. L’artista realizza un’opera quotidiana per vestire il tempo che passa in modo da poterlo condividere con tutti, fino al 19 aprile, giorno in cui sarebbe dovuta terminare la mostra “Vestimenti”. In questo modo la pagina nella piattaforma digitale diventa lo spazio dell’intuizione. L’artista in questo caso usa l’arte del disegno, in una maniera che, avvicinandosi alla scomposizione e disconnessione della realtà picassiana e forzando la mano sul contorno e la linea arabescata di memoria gauguiniana, ci racconta i vari modi in cui possiamo restare a casa, stando bene. Sono come una serie di skills, di consigli, analizzando noi stessi e il tempo a disposizione, senza renderlo inutile o incatenante. Al giorno 11 marzo una simpatica figura femminile tenta una posizione di yoga e sopra campeggia la scritta “Proviamo a fare quello che non facciamo mai…”. L’umano diventa un tutt’uno con la sua casa, e i pensieri escono dalla testa come se fosse fumo che esce dal camino, e la vignetta è accompagnata da “I pensieri vanno avanti e i corpi stanno a casa”. Un’altra bellissima donna dal volto alla Picasso piange lacrime di mancanza e nostalgia per qualcuno, mentre si apre in un abbraccio largo ai lati del corpo, ma consapevolmente vuoto. Il 14 marzo si fanno “Abbracci con distanza”, le persone care non possiamo averle con noi, ma possiamo pensare a loro talmente forte, da stringerle con affetto e intensità. Il 17 marzo “Srotoliamoci nelle possibilità” ci consiglia Sissi, prendiamo un mattarello o un bel rotolo di stoffa, e dispieghiamolo sul tavolo per cucinare o cucire. Il 20 marzo siamo “Vite in crisalide” in questo periodo di quarantena. Lo stadio pupale della farfalla che Sissi disegna, rieccheggia una sua opera in Vestimenti, ed è metafora di individui che si muovono tra i bozzi dei loro letti e dei loro divani, assaporando i momenti di relax. Al giorno 28 possiamo scoprire che “Stare vicino alle cose costruisce il momento”; circondiamoci di cose, libri, oggetti, scoperte e potremo edificare una serie di momenti. Il 30 marzo invece riflettiamo sul fatto che “I flussi nervosi ci fanno… navigare”, e con questo disegno in cui dei fili continui creano una matassa che parte dal cuore e si collega al cervello, Sissi scatta con l’aiuto della linea continua una fotografia del sistema nervoso, esattamente come aveva fatto per “Vestimenti” con pezzi di tessuto, ago e filo. Perché è sempre il corpo, la figura, il nostro rapporto con esso e in questa corrente situazione, la relazione che il corpo ha con la spazialità ristretta della casa, ad essere protagonista indiscusso delle opere di Sissi. La tecnologia ci permette quindi di visitare una mostra, senza poter raggiungere, per ovvie motivazioni, la sua sede espositiva. L’arte ci risulta comunque vicina, ristretta nello schermo del computer o del pc, che diventa una specie di binocolo per le cose che non possiamo toccare. Certo non sappiamo quali emozioni ci avrebbero pervaso, se fossimo stati presenti, di fronte alle opere dell’artista Sissi, ma possiamo comunque essere arricchiti, fare arte e ricevere arte attraverso le grandi innovazioni che il web, i dati mobili e le memorie interne dei nostri strumenti tecnologici ci garantiscono. di Gabriele Gioni A seguito del DPCM dell’8 marzo del 2020, per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19, che ha sospeso tutte le attività dei musei, degli istituti e dei luoghi della cultura di tutta Italia, il Ministro Dario Franceschini ha fatto appello agli operatori culturali di “usare al massimo i loro social e siti” per incoraggiare a non fermare le loro attività. Fortunatamente alcune istituzioni e musei già avevano realizzato degli strumenti che permettono, in questo particolare momento, di continuare a proseguire la loro mission culturale ottemperando allo stesso tempo alle disposizioni governative, come ad esempio i tour virtuali. I Musei Capitolini di Roma, sebbene a volte dimenticati dalle statistiche dei “grandi numeri”, sono da considersi museo per eccellenza: la sua apertura al pubblico avvenuta nel 1734 lo consacrò come il primo museo al mondo, inteso come luogo dove l’arte fosse fruibile da parte di tutti tutti, non solo dai proprietari della collezione. Forse è proprio questa vocazione pubblica che ha spinto la società capitolina Zètema, incaricata della gestione delle attività e servizi culturali e turistici, in collaborazione con HQuadro, a dotare il museo già nel lontano 2010 della possibilità di un tour virtuale, interattivo e multimediale. Un progetto già di per sé molto ambizioso, sia perché è stato fra i primi di questo tipo a essere realizzato nel nostro paese, sia in cosiderazione della vastità della collezione ospitata, nonché degli stessi spazi espositivi che si organizzano in quattro strutture distinte per una complessità di quasi 13 mila metri quadrati. Ne consegue la necessità di operare una selezione degli spazi da digitalizzare, motivata non solo dalla scarsità delle risorse disponibili, ma anche dalla tecnologia utilizzata che, seppur all’avanguardia per l’epoca, non permetteva una fluida ed agevole navigazione tra gli spazi. Infatti è stata la stessa Zètema a sottolineare che il progetto ha dovuto coinvolgere solo una parte dei musei, ovvero 45 sale per un totale complessivo di 71 hot spot o punti di osservazione a 360°. Avviare la visita virtuale dalla home del sito internet dei Musei Capitolini non risulta molto intuitivo; sono infatti necessari diversi click, prima di approdare finalmente al link diretto (http://tourvirtuale.museicapitolini.org/). Una volta caricata la pagina, seppure molto scarna, viene immediatamente richiesto al visitatore di scegliere in che lingua effettuare il tour: possibilità che ancora non è molto diffusa fra gli altri istituti culturali italiani, ma che sicuramente contribuisce a dare maggiore respiro al progetto, rivolgendosi a un pubblico internazionale. La presentazione si apre con una vista mozzafiato: il visitatore virtuale si trova proprio al centro di Piazza del Campidoglio, di fronte alla statua equestre di Marco Aurelio; la visuale a 360° permette al visitatore di ruotare su se stesso, potendo dare un’occhiata verso diversi scorci della Città Eterna, che spesso vengono celati dal trambusto metropolitano. Già tutto questo merita davvero una visita, sicuramente almeno virtuale! La grafica e i comandi di navigazione appaiono fin dall’inizio molto semplici e lineari, contrassegnati da un colore rosso che vorrebbe rimandare al porpora, simbolo cittadino e del sistema museale civico. Nonostante tutto, la modesta veste grafica risulta molto funzionale, sufficientemente intuiva e permette un corretto orientamento lungo il percorso offerto. Garantisce inoltre, grazie ad un menù a tendina posizionato in alto a sinistra, un facile reindirizzamento nei punti di partenza delle visite delle quattro sezioni in cui i musei sono divisi: Palazzo dei Conservatori, Palazzo Nuovo, Tabularium, la galleria lapidaria, oltre a permetterci di riammirare quando vogliamo la Piazza del Campidoglio. In basso a destra invece troviamo una barra con i comandi essenziali per assistere il visitatore al tour: le frecce direzionali, i pulsanti ‘più’ o ‘meno’ per ingrandire o diminuire la visuale, e per passare alla visualizzazione a schermo intero, ed anche un punto interrogativo per chiedere aiuto in caso di difficoltà. Accanto a questa barra troviamo una mappa interattiva dei musei, assolutamente necessaria per comprendere gli spostamenti all’interno delle singole sale e fra i quattro livelli che compongono la superficie espositiva. La mappa permette fin da subito di intuire la vastità del museo e la posizione dei singoli hot spot realizzati, dove però risaltano alcune lacune e carenze che non possono non suscitare alcuni interrogativi: come mai intere sezioni del museo sono state completamente escluse? Perché escludere della visita capolavori come il Ritratto di Carlo I d’Angiò del maestro Arnolfo di Cambio? Perché usare più punti di visualizzazione per certi ambienti del museo rispetto ad altri? Infine, è indubbio come lo strumento utilizzato non sviluppi appieno le sue potenzialità; anzi esso presenta, forse, certe carenze: il museo viene diviso in settori colorati, rispetto ai quali è completamente assente una legenda, né si capisce perché; inoltre, solo in corrispondenza del piano inferiore e del piano terra sono presenti delle icone che indicano, in maniera abbastanza intuitiva, alcuni servizi essenziali del museo che, come nel caso degli ascensori e delle toilette, sono del tutto superflui nel caso di un tour virtuale a distanza. Dopo aver compreso il funzionamento degli strumenti messi a disposizione, l’utente può procedere alla visita vera e propria, seguendo la freccia che indica il Palazzo dei Conservatori e che permette il traghettamento, per così dire, verso il prossimo hot spot all’interno del museo. Emerge però, a questo punto, un aspetto piuttosto sgradevole nella navigazione: una volta che si vuole visitare la sezione successiva, il punto di vista appare come ribaltato, in direzione di ciò che l’osservatore si lascia alle proprie spalle (ad esempio, se dal cortile si vuole salire al primo piano, quello che appare ai nostri occhi non è la Sala degli Orazi e Curiazi, bensì la scalinata vista dall’alto, costringendo ogni volta a girare la visuale per continuare naturalmente la visita). Oltre ad una prospettiva a 360° degli ambienti, si può sfruttare un altro menù che compare in basso a sinistra, che ci accompagnerà nell’esplorazione di ogni sala e permetterà di completare l’esperienza del tour. Nella sezione multimedia si trovano un’audioguida, dei video e delle foto con annesse didascalie legate agli oggetti esposti nella sala, permettendo così di avvicinarsi alle opere che i punti di visualizzazione a volte lasciano in disparte. Purtroppo, durante la visita virtuale risaltano alcuni importanti difetti: le immagini delle opere per sala sono poche; il player dell’audioguida, di cui non sono dotati tutti gli spazi espositivi, una volta avviatosi occupa lo schermo senza permettere né di continuare la visualizzazione a 360° dell’ambiente, né delle immagini proposte; per quanto riguarda i video non si riesce mai a riprodurli. Interessanti restano le foto storiche e le ricostruzioni grafiche che si trovano nei multimedia negli hot spot dell’esedra di Marco Aurelio e del Tempio di Giove Capitolino, un modello che andava sicuramente seguito per tutte le sale e che conferisce sostanza e più dignità ad una visita a distanza. Ultima nota dolente è il punto di osservazione che si trova al primo piano di Palazzo Nuovo dedicato al Gabinetto della Venere che non funziona correttamente, permette la visualizzazione dei file multimediali ma non degli spazi destinati ad ospitare la famosa Venere Capitolina. Diciamo la verità. Il tour virtuale dei Musei Capitolini appare oggi, sicuramente, uno strumento fin troppo datato che, oltre a certe sue deficienze progettuali, non è in grado di reggere il passare del tempo; cosa comunque molto comprensibile, visto il costante sviluppo delle tecnologie digitali che mutano anche nel giro di pochi mesi. Sitografia:
https://www.artribune.com/professioni-e-professionisti/politica-e-pubblica-amministrazione/2020/03/passare-cultura-web-social-franceschini-emergenza-coronavirus/ http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Franceschini-chiusi-in-tutta-italia-cinema-teatri-musei-7d46b967-d366-404b-9a9a-d39ba4b7077a.html http://tourvirtuale.museicapitolini.org/ http://www.museicapitolini.org/it/servizi/news/tour_virtuale_dei_musei_capitolini https://www.hquadro.it/site/?oxy_portfolio_image=musei-capitolini-2 https://roma.repubblica.it/cronaca/2010/07/27/news/musei_capitolini-5868093 di Valentina Lilla Nel corso della storia, l’arte ha sempre avuto un ruolo primario nella vita dell’uomo. In questo difficile momento che l’umanità intera sta attraversando, l’arte continua ad assumere un ruolo essenziale, in risposta alle esigenze del presente. Essa diventa un’ancora di salvataggio per la nostra mente, mentre siamo costretti a rifugiarci da un nemico comune, esterno ed invisibile; l’arte figurativa ci apre un varco verso il mondo, verso la speranza. Ma questo è possibile, oggi, grazie alla tecnologia digitale, che permette di raggiungere virtualmente le opere d’arte, nei luoghi in cui esse si conservano. Il Museo laboratorio della mente di Roma Questo articolo vuole rivolgere uno sguardo su due musei che per certi versi, dal punto di vista contenutistico, sono analoghi: il Museo laboratorio della mente di Roma e il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso di Torino. Il primo, ospitato presso l’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, a Monte Mario, illustra la storia del manicomio fino a quando, con l’istituzione della legge 180, meglio conosciuta come legge Brasaglia[1], esso dovette definitivamente chiudere i battenti. La particolarità di questo museo, che utilizza diverse tipologie di comunicazione visiva e sensoriale, consiste nel richiamare l’attenzione su temi di massima importanza, ma troppo spesso trascurati dalla società. Installazioni multimediali, realizzate anche grazie al coinvolgimento di attori della compagnia teatrale Studio azzurro, propongono un percorso sensoriale ed interdisciplinare dentro le stanze del museo, lungo i corridoi, fino nelle antiche celle, coinvolgendo il visitatore, in tutti i cinque sensi, al punto da portarlo a una totale immedesimazione dentro gli ambienti dell’antico manicomio. Insieme alle istallazioni, lungo il percorso espositivo entrano in gioco diverse arti, dalla grafica fino al teatro: i manufatti esposti dentro il museo sono in gran parte disegni realizzati dagli stessi prigionieri del manicomio; essi sono messi a confronto con i disegni eseguiti dagli stessi medici e dagli psichiatri, che si servirono degli strumenti grafici nel tentativo di esplorare le profondità della psiche dei loro pazienti[2]. D’altronde , l’indicazione basagliana di “entrare fuori uscire dentro” è tuttora particolarmente adatta a esprimere il bisogno, oggi più che mai diffuso da parte di tutti noi, di varcare la porta del nostro io. Ebbene, anche il Museo laboratorio della mente di Roma per fronteggiare l’emergenza COVID-19 ha lanciato l’interessante iniziativa delle Pillole contro il virus. Si tratta di una serie di video-interventi tematici, di tre minuti ciascuno, cui partecipano scienziati, storici, antropologi, storici dell’arte, filosofi, medici ed artisti[3]; tali Pillole sono accessibili tramite il canale YouTube del Museo Laboratorio della Mente, aperto in occasione di questa nostra oscura, parentesi sociologica. Vale la pena segnalare, in particolare, l’intervento dello psichiatra Gaddomaria Grassi, presidente del centro di storia della psichiatria di Reggio Emila, che analizza un paziente di metà del secolo scorso, il pittore e scultore Antonio Ligabue, proponendo in questo modo una particolare rivisitazione del personaggio in questione[4]. Si tratta di una splendida ed interessante iniziativa, dal punto di vista didattico e scientifico. Tuttavia, nonostante il tentativo di riavvicinarsi alla società attraverso l’apertura di questo canale, il museo non ha finora proposto un’esplorazione virtuale dei suoi spazi, né ha avviato alcuna attività di comunicazione attraverso i canali social. Ciò può sorprendere, tanto più perché la carta vincente di questo museo è proprio nell’utilizzo degli strumenti tecnologici. Il cosiddetto museo virtuale, per potersi definire come tale, dovrebbe infatti condividere parte delle caratteristiche del museo tradizionale[5], non trascurando la comune mission: dovrebbe cioè essere accessibile al pubblico, se pur virtualmente, proponendo un tour virtuale che possa garantire la possibilità di esplorare gli ambienti espositivi anche attraverso lo schermo del nostro computer. [1] Legge 13 maggio 1978, n. 180 " Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori " pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 16 maggio 1978, n. 133. [2] Un tipico esempio sono i disegni e ritratti realizzati dallo psichiatra Cesare Lombroso, studiando il comportamento dei criminali. Come disse l’artista Francesco De Stena in un articolo pubblicato su Repubblica il 21 dicembre 2017, «l'impegno più grande di Lombroso è stato quello di dare umanità alla sua figura [scil. del malato], cercando di raccontare, con il disegno, le sue fragilità, ma anche la sua forza». [3] https://www.youtube.com/channel/UCJ7yMvsn3qZQRSlHDpbQwvQ [4] https://youtu.be/rsKR2tvObpY [5] ICOM : Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto. La definizione ICOM è stata inclusa dalla normativa italiana: il Decreto ministeriale MIBAC 23 dicembre 2014 Organizzazione e funzionamento dei musei statali all’art.1 la riprende totalmente, con una precisazione finale : promuovendone la conoscenza presso il pubblico e la comunità scientifica. Il Museo di Antopologia Criminale Cesare Lombroso
Una ben diversa risposta all’emergenza COVID-19 è stata data, fino nella riorganizzazione del proprio sito internet, dal museo di antropologia criminale Cesare Lombroso. Quest’ultimo, fondato nel 1876 a Torino dal medico e antropologo Cesare Lombroso, predispone di una pagina web aggiornata, funzionale ed esaustiva, che per di più permette al visitatore la possibilità di un tour virtuale della collezione. Andando sulla pagina iniziale, infatti, ci si presenteranno diverse alternative di visita, una volta cliccato, appunto, il pulsante visita. L’area dedicata alla visita virtuale è introdotta da un video realizzato del regista Alessandro Rocca. Segue la visualizzazione dell’intera pianta del sito. Basterà in questo caso fare un semplice click sui riferimenti numerici delle sale del museo, per accedere alla sezione corrispondente, per poi tornare successivamente alla pianta generale con un ulteriore click. È altresì disponibile un elenco delle opere esposte, corredato di immagini, didascalie e descrizioni, suddivise secondo la rispettiva collocazione nelle sale del museo. L’ultima area del sito internet è sicuramente quella che attira maggiormente l’attenzione del visitatore, cui è offerta la possibiltà di interagire con i modelli 3D direttamente sul proprio smartphone o tablet, che sia provvisto di app per la lettura del QR- code. Meritano una particolare segnalazione le nuove postazioni touch screen predisposte nella sala 6 del museo, dedicata al tema delle “Menti criminali”. Esse rendono possibile fruire digitalmente di circa cento ceramiche (orci per l’acqua), incise dai detenuti delle carceri “Le Nuove” e “La Generala” di Torino: si tratta di una postazione interattiva che permette la visione a 360 gradi di ciascun oggetto, grazie alle tecniche di 3D imaging[1]. [1] https://www.museolombroso.unito.it/visita/orci-3d/ di Federica Lixi Giovanni Torlonia nel 1797 acquistò la Vigna Colonna, situata nei pressi della via Nomentana, commissionando quindi all’architetto Giuseppe Valadier, tra il 1802 e il 1806, la monumentale e fastosa ristrutturazione dell'edificio, nonché la sistemazione dell’intero parco. Tali lavori di ampliamento del Casino Nobile inglobarono la vecchia struttura, aggiungendovi avancorpi, porticati ed ampie terrazze; spetto più tardi a Giovan Battista Caretti di aggiungere il maestoso pronao della facciata (1835-1840). Dal 1925 al 1943 il Casino fu utilizzato come residenza da Benito Mussolini, che fece costruire due bunker interrati, uno anti-gas ed uno anti-aereo, ancora oggi visitabili su appuntamento. Dal 1944 al 1947 la Villa venne occupata dal comando Anglo-Americano di stanza a Roma, e solamente nel ’77 la villa fu acquistata dal Comune di Roma per essere aperta al pubblico dal 1978. In queste settimane di emergenza sanitaria, anche i Musei di Villa Torlonia si sono attrezzati per dendere possibile una visita virtuale a distanza delle collezioni e degli ambienti interni del Casino. Infatti sul sito ufficiale di Villa Torlonia è stato approntato l'accesso verso un tour virtuale che offre e consente allo spettatore di visitare in piena libertà, usando la propria postazione pc, oppure anche solo uno smartphone, il monumento nella sua totale interezza. I percorsi di visita virtuale includono: il Casino delle Civette, il Museo di Villa Torlonia e il Casino Nobile. Ciò avviene tramite la tecnologia della realtà virtuale immersiva, che presuppone il montaggio fotografico di immagini ad altissima risoluzione. Il tour virtuale che viene offerto dà allo spettatore la possibilità di scegliere tra due tipologie di visita: cliccando con il mouse sulle due frecce poste in basso a destra inizia un tour prestabilito, che l’utente può interrompere in qualsiasi momento; con un semplice movimento del mouse o con l’uso della tastiera, l'utente può altrimenti decidere di muoversi liberamente, a 360°, all’interno del Casino; attraverso l’uso del change control mode, può anche avvicinarsi alle singole opere esposte, per apprezzarne i dettagli. La visita virtuale offre all'utente diversi contenuti digitali di approfondimento: foto, video e testi informativi. Il tour ha inizio da una delle sale più importanti: la Sala centrale, oggi comunemente chiamata Sala da Ballo, attorno alla quale sono disposti gli altri ambienti, Camera di Psiche, Sala di Alessandro, Stanza a “Bercerau” , Sala di Bacco, Camera Egizia, Camera da letto di Giovanni Torlonia, dove è possibile ammirare gli arredi insieme a numerose opere provenienti dalla stessa Villa nonché dalla ricchissima collezione statuaria della famiglia Torlonia. È compresa nel percorso espositivo e virtuale la ricostruzione della Camera da letto di Giovanni Torlonia con i mobili che vennero rinvenuti per caso nel 1997, in un deposito ministeriale. Sitografia
http://www.museiincomuneroma.it/ http://tourvirtuale.museivillatorlonia.it/ http://www.specchioromano.it/fondamentali/Lespigolature/2006/Marzo%202006/Il%20Casino%20Nobile%20di%20Villa%20Torlonia.htm https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sitoMiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=151246&pagename=57 di Federica Bertini Sullo sfondo di una emergenza sanitaria di così tragiche dimensioni, quali sono oggi le proposte dei musei e quali le tecnologie che essi stanno utilizzando e che utilizzeranno per far fronte alle nuove esigenze fruitive che si prospetteranno al momento della loro riapertura al pubblico? Naturalmente le società che operano in questo settore hanno prospettato diverse soluzioni in questi giorni. Così, abbiamo chiesto ad Adele Magnelli, project manager della società ETT Solution, che sta lavorando incessantemente per accontentare le richieste di numerosi musei, e ad Alessandro Marianantoni, founder director del programma di accelerazione per start-up e imprese di diverso settore M-Accelerator di Los Angeles. Come evidenzia Adele Magnelli, in questo scenario dove prolificano tour museali e mostre virtuali on line, giocano un ruolo fondamentale anche le funzionalità e gli sviluppi, ravvisati in ambito museale ed espositivo, della Realtà Aumentata, per la «digitalizzazione delle opere e dalla loro renderizzazione in modelli 3D osservabili ed esplorabili» e della Realtà Virtuale, per la «possibilità di vistare intere mostre» utilizzando un visore. Dal punto di vista del mercato generale – sostiene Alessandro Marianantoni – queste tecnologie atte ad offrire esperienze immersive e che da alcuni anni interessano diversi settori industriali, «dalle applicazioni per il lavoro, fino all’intrattenimento», sono in grande crescita, soprattutto se si considera la loro interdipendenza con il settore del videogioco. Tuttavia, anch’esse dovranno fare i conti con uno scenario futuro – quello che si prospetta per tutti noi al termine della pandemia – che esige un ripensamento delle soluzioni già messe in atto dai musei, dove – come spiega Adele Magnelli – «si prevede un ritorno all’utilizzo di devices personali, come smartphone e tablet, per la fruizione di contenuti multimediali di approfondimento» in situ, nello spazio fisico museale. D’altro canto, il ‘Museo virtuale on line’ sembra essere destinato – e lo abbiamo visto in queste settimane – ad implementare le risorse multimediali già offerte e perché no, a prevedere anche l’utilizzo della Realtà Virtuale e di quella Aumentata, reimpiegando alcune delle soluzioni già adottate in situ nei percorsi museali. Nel primo caso l’utente potrà dotarsi di appositi visori, dai più tradizionali ai Cardboard[1], dispositivi in cartone in cui è possibile inserire il proprio smartphone. Per quanto riguarda invece la Realtà Aumentata non saranno necessari grandi investimenti: ognuno di noi, o quasi, possiede uno smartphone o un tablet. Nei percorsi museali virtuali in situ, nella fruizione di contenuti in Realtà Virtuale, anche in questo caso, come continua a spiegarci Adele, «si prevede un incremento nell’utilizzo di Cardboard» rispetto a quello dei dispositivi classici, i quali oltre a presentare problematiche che si legano «alla lentezza del ciclo di ricarica» necessitano ora «di dotarsi di adeguati mezzi di igienizzazione» per essere impiegati. Tuttavia, l’utilizzo di questi apparati monouso – continua la project manager – rappresenta una soluzione «non consigliata in relazione ad un’ottica di sostenibilità a medio-lungo termine, economica e ambientale». Le soluzioni in Realtà Aumentata sembrano dunque le più adatte di questi tempi. Esse infatti non necessitano di grandi investimenti di dispositivi né da parte dei musei né da parte dei visitatori on line o in situ: possono essere facilmente fruiti attraverso dispositivi di largo impiego e diffusione, ma soprattutto ‘personali’. Per concludere c’è da domandarci quali mutamenti, seppure momentanei, potranno interessare i modelli di business dei musei: essi avranno la possibilità di decidere – come ha spiegato Adele Magnelli – «in che termini condividere i contenuti digitali», veicolando ad esempio i loro «contenuti preview in forma gratuita» per poi prevedere «la vendita dei contenuti informativi completi su diversi canali». Insomma uno scenario in continuo mutamento, che evolve e a volte involve, sul quale vogliamo soffermarci e che vogliamo raccontare attraverso una serie di interviste che lasceranno la parola ad esperti di diverso settore. Parte I – Intervista, Adele Magnelli Partiamo dai fatti di questi giorni. Cosa sta succedendo ai musei? L’avvento dell’emergenza Coronavirus, con impatto a scala globale, ha permesso di ampliare il già esistente dibattito legato agli scenari futuri di utilizzo di soluzioni tecnologiche nella veicolazione di contenuti culturali e museali in scenari indoor e outdoor. Scenari di sviluppo che sono chiaramente aperti alla creazione di Tour museali virtuali e Mostre virtuali. Tale prospettiva si sposa sia con la funzionalità di Realtà Aumentata, partendo dalla digitalizzazione delle opere e dalla loro renderizzazione in modelli 3D osservabili ed esplorabili; ma anche con la possibilità di vistare intere mostre in modalità di Realtà Virtuale per coloro che possiedono un visore a uso domestico. È infatti possibile immaginare la realizzazione di riprese dal reale in Cinematic VR e in soggettiva, fruibili con visore, che permettano di visitare virtualmente il museo o la mostra ovunque nel mondo. Alla luce della pandemia ad oggi in corso, che sta paralizzando a livello globale il settore turistico e di conseguenza il settore culturale, risulta naturale effettuare una valutazione sull’impatto psicologico che tale avvenimento continuerà ad avere anche a emergenza rientrata. In particolare, in relazione all’utilizzo di visori di Realtà Virtuale e ai metodi di igienizzazione di tali dispositivi, saranno certamente richieste maggiori garanzie e tutele per i fruitori e per gli addetti ai lavori. Parlando di ‘impatto psicologico’, quali sono le misure che si possono prevedere per i visitatori che torneranno ad avere accesso ai sistemi informativi nello spazio fisico del museo? In linea generale, si prevede un ritorno all’utilizzo di device personali, come smartphone e tablet, per la fruizione di contenuti multimediali di approfondimento. In relazione alla fruizione di contenuti di Realtà Virtuale si prevede un incremento nell’utilizzo di Cardboard, dispositivi in cartone in cui è possibile inserire il proprio smartphone. L’impiego di tali apparati consente un utilizzo monouso, soluzione però non consigliata in relazione ad un’ottica di sostenibilità a medio-lungo termine, economica e ambientale. Sul piano dei dispositivi classici, il device ad oggi più performante resta l’Oculus Go, visore VR all-in-one portatile che buone performances nell’utilizzo di contenuti VR sotto forma di filmati ma che continua a presentare la problematica della durata della batteria, con un’autonomia di circa 2 ore a pieno ritmo d’utilizzo. Tale problematica si lega alla lentezza del ciclo di ricarica e alla necessità di dotarsi di adeguati mezzi di igienizzazione del dispositivo. Quali sono allora le previsioni di utilizzo della Realtà Virtuale e della Realtà Aumentata? Il trend atteso vede un rallentamento nell’utilizzo e nello sviluppo di funzionalità di Realtà Virtuale, con un progressivo riavvicinamento alle funzionalità di Realtà Aumentata. Le speculazioni su tale trend sono supportate dalle ultime notizie in campo produttivo, con la produzione di apparati VR come DayDream View (Google) e GearVR (Samsung) che ha visto una battuta d’arresto. Come sarà implementata l’esperienza del museo virtuale on line attraverso le nuove tecnologie, in particolare quelle emergenti come la VR? Sarà possibile prevedere un’implemento di questa esperienza fruitiva attraverso l’acquisto di dispositivi ad uso domestico, che consentirà anche di superare i limiti all’immersività legati all’utilizzo di device non performanti, come smartphone inseriti in cardboard. Ne esiste già qualche esempio? Tra gli esempi più promettenti di visori a uso domestico si colloca l’Oculus Quest, visore VR all-in-one standalone, dunque funzionante senza PC e senza cavi. Tale dispositivo consente di utilizzare le proprie mani per dare comandi. In relazione all’andamento delle vendite future è plausibile che il prezzo del device al pubblico possa subire una decrescita nel prossimo futuro. Le politiche di marketing relative ai contenuti digitali guideranno le scelte legate al consentire di scaricare i contenuti o concederne la fruizione per un periodo limitato, con l’acquisto del biglietto per il Tour o la Mostra. Tale soluzione tecnologica, come già avviene, consente di superare le barriere architettoniche e sociali, nel rispetto dei più moderni standard legati al concetto di accessibilità allargata. Ad oggi sono già esistenti modelli di erogazione di contenuti culturali di questo tipo, come ad esempio l’esperienza VR Mona Lisa: Beyond the Glass[2], realizzata nell'ambito del progetto Vive Arts di HTC che permette di rendere fruibili a un pubblico sempre più ampio le opere d'arte più famose al mondo grazie alla Realtà Virtuale. In particolare, indossando i visori Vive Cosmos i fruitori possono immergersi a trecentosessanta gradi nella storia della realizzazione del celebre dipinto e nelle tecniche pittoriche innovative sperimentate da Leonardo. È possibile scaricare gratuitamente contenuto digitale, presentato al Louvre, dalla piattaforma VIVEPORT. Quali potrebbero essere le prospettive in termini di guadagno per un museo che offre questi contenuti on line? Tale opportunità consente di immaginare un profondo mutamento anche in relazione ai modelli di business dei musei, che potranno decidere in che termini condividere i contenuti digitali. Immaginando ad esempio la veicolazione di contenuti preview in forma gratuita, si potrebbe immaginare la messa in vendita dei contenuti informativi completi su diversi canali. Gli stessi contenuti digitali, inoltre, ben si prestano alla declinazione multicanale. Guardiamo concretamente al futuro e parliamo di fruizione a distanza nei Musei. Come sarà possibile riprogettare le soluzioni attualmente esistenti? La sfida alla quale siamo chiamati a rispondere è legata alla qualità dei contenuti e delle applicazioni che andremo a realizzare che dovranno davvero consentire uno sconfinamento dei musei, in una concezione di museo come organismo vivente i cui confini non si esauriscono all’interno delle pareti fisiche. Ciò in un processo evolutivo di “museo virtuale”, dalla definizione di McKanzie, dagli anni ’90 a oggi non ha ancora raggiunto l’apice: dalle prime campagne di digitalizzazione con l’obiettivo principale di acquisire il maggior numero di opere possibile, è nostro compito oggi attribuire al museo un’immagine nuova. Il museo diviene “organismo sensibile”, capace di comunicare con il fruitore attraverso l’uso di molteplici linguaggi, che vengono stratificati tra contenitore e contenuto dall’utilizzo delle nuove tecnologie. Il museo prende vita, diventa narratore e trascende la dimensione fisica: diventa virtuale e impalpabile, “museo sensibile” capace di ascoltare, di recepire i contributi dei visitatori che diventano essi stessi curatori e creatori di contenuti, museo “virtuale” condiviso e capace di modificarsi grazie a molteplici apporti, facendo dissolvere l’aura contemplativa di tempio dedicato alla conoscenza a lungo percepita tra istituzione museale e visitatori. Perciò si invita a riflettere sull’utilizzo delle tecnologie non solo per sopperire a una mancanza, e quindi dare la possibilità al museo di una continuità anche in momenti come quello che stiamo vivendo, ma anche sulla possibilità di allargare ancora di più il concetto di esperienza per rendere il virtuale non solo un’alternativa, bensì una integrazione stimolante. Tali esperienze diventano dunque fondamentali in un mondo in trasformazione dove la tecnologia impenna a tasso crescente e diventa necessità per garantire a tutti l’opportunità di accedervi, se non fisicamente, almeno in virtuale. E, spingendoci oltre, riflettiamo sulla possibilità che la tecnologia ci offre di portare alla luce la miriade di collezioni di opere “invisibili”, conservate dei depositi di musei e gallerie. Capolavori che spesso non riescono a rientrare nelle rotazioni espositive e che non lasciano mai il buio dei depositi, a meno che non abbiano necessità di interventi conservativi. Portare virtualmente alla luce tali opere potrebbe rappresentare un reale valore aggiunto per appassionati e ricercatori e, in questa linea di condotta, si potrebbe anche immaginare una valorizzazione dei patrimoni nascosti come risorsa economica, sulla scia dell’innato desiderio umano di scoprire l’inedito e il nascosto. Le tecnologie sono già validate come un mezzo utile per aprire il museo ai pubblici. Prima della visita, permettendo di fantasticare e organizzare la visita stessa, in un’ottica di pre experience, ma anche dopo la visita stessa, in un’ottica di fidelizzazione attraverso innovative modalità di comunicazione digitale. Museo come organismo vivente, ospitale e relazionale, che con la tecnologia supera i confini fisici e si concretizza come parte integrante del tessuto sociale. Museo che anche grazie alla tecnologia non si configura più come asettica destinazione di una visita sporadica e alle volte tristemente finalizzata alla creazione di un souvenir, anch’esso digitale, come un selfie con alle spalle l’enigmatico sorriso della Monna Lisa. Scenari sempre più integrati, per la realizzazione dei quali siamo tutti chiamati ad apportare il nostro contributo creativo. [1] Essi prevedono l’inserimento di un dispositivo mobile in un visore Google Cardboard (https://arvr.google.com/intl/it_it/cardboard/get-cardboard/). Per muoversi basterà direzionare lo sguardo verso i punti dello spazio espositivo. [2] https://www.youtube.com/watch?v=Au_UpzhzHwk [3] Voices from the Colosseum (http://colosseum.bridgingmedia.net/credits/) [4] Il Sole 24 ORE, 8 Dicembre 2012 (https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-12-08/ricercatore-italiano-sviluppato-rivoluzionaria-164530.shtml?uuid=AbrZvLAH). [5]Augmented and Virtual Reality Market by Organization Size, Industry Vertical: Global Opportunity Analysis and Industry Forecast, 2018 - 2025 (https://www.alliedmarketresearch.com/augmented-and-virtual-reality-market). [6] Da: Global gaming market size, Status and forecast 2020-2026 (https://www.marketwatch.com/press-release/gaming-market-2020-top-countries-data-global-analysis-market-size-growth-defination-business-opportunities-and-forecast-to-2026-2020-03-11). Parte II – Intervista ad Alessandro Marianantoni
Quale è stata la tua prima esperienza nel settore del ‘Museo virtuale’? Ricordo che nel 1999 ho sviluppato la visita di un museo virtuale per un progetto finanziato dalla Regione Lazio. Avendo a disposizione un budget limitato, avevo utilizzato un sistema di Adobe per il publishing di CD ROM interattivi. Per lavorare più concretamente in VR ho dovuto aspettare il 2001 quando feci parte di un progetto da oltre 100 milioni di dollari alla University of Southern California, interamente finanziato dal Dipartimento della difesa, per sviluppare un sistema di addestramento. In realtà fu la mia tesi di laurea. Io mi occupai di un sistema di computer vision, un’interfaccia percettiva che riconosceva i movimenti del corpo in modo che gli utilizzatori potessero interagire con le video proiezioni che generavo a loro volta l’ambiente virtuale. Il tutto in tempo reale, con i computer dell’epoca. Molti dei miei lavori hanno lo spazio pubblico come soggetto di studi, spesso alterandone la realtà, in qualche modo, con delle istallazioni fisiche, oppure anche semplicemente estendone l’esperienza con la creazione di uno strato digitale. Per esempio nel 2012 ho diretto un progetto presso la University of California, Los Angeles in partnership con Google per creare delle esperienze estese per i beni culturali: Voci dal Colosseo[3]. Mi spiego meglio. Spesso quando si sta visitando un sito di interesse, come il Colosseo, poca importanza ha quello che accade su uno schermo, però continuamo tutti ad utilizzare i nostri dispositivi mobili, almeno per scattare foto. Abbiamo voluto sperimentare un modo per aggiungere qualcosa di funzionale al semplice scatto fotografico. Inoltre, invece di distrarre il visitatore proponendo informazioni dettagliate, come accade con le guide cartacee o digitali, abbiamo lavorato maggiormente sull’aspetto evocativo. Lo strumento più efficace in tal senso è la narrativa. Abbiamo quindi creato un’app, integrato tecniche cinematografiche e alcune tecnologie pre-esistenti fornite da Google. In realtà abbiamo collaborato con Google, qui in California, fornendo contenuti per l’ottimizzazione del riconoscimento di alcuni dei siti lungo la tipica passeggiata presso l’area del Colosseo e dei Fori Imperiali. È stata una bellissima esperienza: dalla video produzione avvenuta negli studi cinematografici della Scuola di Cinema di UCLA dove abbiamo utilizzato il modello 3D del Colosseo, lo stesso usato nel film “Il Gladiatore”, creato proprio presso UCLA; alle riunioni con il premio Oscar Pietro Scalia, e altri personaggi come Andrea Morricone, Dante Spinotti Marc Abraham e Betsy Heimann. Il progetto ebbe una discreta risonanza[4]. Parliamo tanto di Virtual Reality e Augmented Reality. Ma ci puoi spiegare in poche parole di cosa si tratta? Solitamente con VR si intende una vasta gamma di esperienze multisensoriali fruite attraverso un computer. Spesso l’utente ha la possibilità di esplorare un mondo virtuale e interagire all’interno di esso. Con AR si intendono tutte quelle esperienze, sempre immersive, che rendono ancora possibile un contatto con la realtà circostante in un’ottica in cui le tecnologie AR possono aggiungere un layer digitale alla scena reale. Guardiamo ai trend di mercato generali. Quali sono le prospettive future per la VR e AR? Il mercato delle tecnologie Augmented Reality e Virtual Reality, ovvero quelle tecnologie atte ad offrire esperienze immersive, è in grande crescita da alcuni anni e coinvolge diversi settori industriali, dalle applicazioni per il lavoro, fino all’intrattenimento. In base ai dati Allied Market Research[5] dagli 11 miliardi di dollari del 2017, il mercato per AR e VR raggiungerà 570 miliardi entro il 2025, con una crescita del 63%. Il che è piuttosto considerevole. Nonostante il mercato sia molto dinamico, c’è ancora molta confusione sui termini. Quali sono i fattori che hanno favorito il progresso e il mercato della AR e VR? L’uomo pensa al VR e AR probabilmente sin dai tempi dell’iperuranio e ancora di più da quando alcune aziende, fra le più note Oculus, hanno sviluppato visori che permettono ad un pubblico sempre maggiore la fruizione di esperienze in questo senso. È interessante però anche capire quali siano gli elementi che hanno favorito il progresso tecnologico in questa direzione. Ci sono dei fattori chiave che influenzeranno il mercato AR e VR. Per esempio queste due tecnologie sono direttamente connesse alla continua evoluzione del mercato del videogame, all’avere delle connessioni internet sempre più veloci e in generale ai tool di sviluppo sempre più performanti per i giochi nei dispositivi mobili. Parli di Video Game. Un argomento interessante anche dal punto di vista sociale. Potresti spiegarmi meglio il suo ruolo nello sviluppo di AV e VR nell’ambito della fruizione? In generale i videogiochi rappresentano una componente importante dell’industria dell’intrattenimento, sia da un punto di vista del mercato, sia da un punto di vista di tecnologie a disposizione per sviluppare AR e VR. Stando ai dati delle ultime ricerche di mercato, in termini economici, da 170 miliardi di dollari del 2019, si prospetta una crescita esponenziale che arriverà fino a 360 miliardi di dollari entro il 2026[6]. Quindi, è lecito pensare che l’industria del videogame continuerà a fornire strumenti di sviluppo sempre più interessanti ai produttori di esperienze VR e AR. Lo sviluppo dell’industria dei videogiochi ha fatto sì che il VR fosse disponibile ad un pubblico decisamente più vasto. Prima era possibile lavorare in VR, soltanto in grandi progetti. Già da molti anni le piattaforme preferite dagli sviluppatori di esperienze VR e AR sono le stesse piattaforme per lo sviluppo di videogame. Di fatto una scelta piuttosto naturale. Una di queste, Unreal Engine con cui si creano video games da oltre 20 anni, dal 2015 è disponibile gratuitamente e questo ha incentivato lo sviluppo di sperimentazioni anche in settori meno speculativi, come quelli museali, artistici e comunque non profit. |
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