di Gabriele Gioni Esistono diverse istituzioni che nel corso della loro storia hanno subito battute d’arresto più o meno forti, che ne hanno minato non solo lo spirito vitale ma persino le fondamenta delle loro sedi. Fra queste, vi sono sicuramente quelle culturali, più fragili, poiché non producendo ricchezza economica diretta, nelle situazioni emergenziali non sono ritenute di necessità primaria e purtroppo in alcune circostanze vengono messe da parte anche nel caso di interventi di sostegno governativo. Nonostante tutto, è la grande capacità di resilienza che queste istituzioni sono capaci di dimostrare, nella maggior parte dei casi, che ne aumenta il prestigio, la resistenza e la loro entità culturale. Un esempio forse poco noto è il MuNDA o Museo Nazionale d’Abruzzo con sede a l’Aquila. Un museo senza una collezione di risonanza mediatica, sicuramente incapace di attrarre grandi flussi turistici, ma che racchiude interessanti tesori e soprattutto espone una raccolta organica che permette un viaggio completo nella storia regionale dalla preistoria al Novecento. Fondato nel 1951 dell’allora Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie d’Abruzzo e Molise con il proposito di istituire un museo civico aquilano capace di rappresentare il patrimonio archeologico, medievale, rinascimentale e barocco abruzzese. Pertanto in esso confluì la collezione che era sita nell’ex monastero di Santa Maria dei Raccomandati, a cui si aggiunse già nel 1958 una vera e propria star ovvero il Mammuthus meridionalis, fra i migliori esemplari conservati in Italia. Infine, grazie ad un ottimo rapporto fra il Vaticano e la città, nella seconda metà degli anni Sessanta confluiranno anche le opere del Museo Diocesano d’Arte Sacra. Sede di questo importante museo divenne il cosiddetto Forte Spagnolo dell’Aquila, noto anche come Castello Cinquecentesco proprio perché la sua costruzione risale alla conquista spagnola del Regno di Napoli e alla conseguente volontà, nella seconda metà del Cinquecento, di potenziare le fortezze e fondarne di nuove. Oltre allo stesso museo che articolava la sua collezione su un totale di 41 sale, il forte fu sede della stessa soprintendenza locale e anche di importanti istituti nel panorama aquilano come: l’Osservatorio Aquilano, l’Istituto Nazionale di Geofisica e la Società Aquilana dei Concerti. La prima tragica battuta di arresto, a cui si accennava precedentemente, risale al 6 aprile 2009 ovvero al terremoto dell’Aquila, che fra le sue drammatiche e luttuose conseguenze danneggiò gravemente il Forte Spagnolo portando in parte al trasferimento di alcune opere, anch’esse severamente lesionate, oltre alla chiusura del museo in attesa della ricostruzione, ad oggi non ancora conclusa. In questa occasione il MuNDA, in quanto anche simbolo di una comunità così seriamente colpita dal sisma, riuscì a resistere alle lungaggini dettate dai lavori di rispristino, decidendo di delocalizzare temporaneamente parte della collezione all’interno dei locali dell’ex mattatoio aquilano nel dicembre del 2015. Sebbene meno della metà delle opere custodite nel Forte Spagnolo trovino spazio in questo progetto, restano del tutto meritori gli sforzi compiuti dal Polo Museale d’Abruzzo e dallo stesso museo per garantirne la fruizione da parte del pubblico e in particolar modo della comunità locale. Il MuNDA, una volta riaperto, ha cercato fin da subito di guardare al futuro, realizzando un tour virtuale dei nuovi percorsi espositivi e tentando di far tornare godibile lo scheletro del Mammuthus meridionalis, rimasto ancora prigioniero negli ambienti del forte e che da solo attirava quasi il 75% dei visitatori. Per questo, lo scorso dicembre era stato presentato il progetto di rendering 3D dell’elefante preistorico per poterlo ammirare tramite totem multimediali e visori tridimensionali. Il tour virtuale del nuovo museo, dislocato negli ambienti dell’ex mattatoio, è stato realizzato dal Polo Museale d’Abruzzo in sinergia con Archimetria Group nel settembre 2017. Si articola con un sistema di circa 23 punti di visualizzazione o hotspot a 360° in alta definizione. Sebbene la tecnica prescelta sia ormai desueta, a confronto con i nuovi sistemi di navigazione digitali che utilizzano mappe dinamiche ed esplorabili nella quasi totalità, essa trova la sua ragion d’essere nella sua economicità, rispetto ad un progetto che si spera possa essere il più possibile temporaneo, per poterlo poi sviluppare appieno nel Forte Spagnolo una volta che saranno completati i lavori di restauro. La visita inizia presso la piazza antistante l’ingresso del museo. L’aspetto grafico degli strumenti di navigazione è essenziale, lineare e, di conseguenza, molto intuitivo con un piccolo menù in basso al centro comprensivo: di frecce direzionali, dei segni + e - per poter ingrandire la visuale; di un comando per far partire una autorotazione a 360° del punto in cui ci si trova; di un tasto contrassegnato dalla lettera “i” che non solo dà i credits del progetto ma indica con precisione in che hotspot ci si trova; di un altro tasto con una mano, la cui funzione risulta però incomprensibile, forse perché inattiva. In alto a sinistra invece ci sono tre icone legate alla scelta delle visuali possibili: rettilinea, fisheye e stereografica. Va sottolineato che il tour si può svolgere solo in versione frontale, pertanto le altre due modalità risultano del tutto superflue, non arricchendo in nessun modo la visita e apparendo invece come un esercizio di stile da parte degli sviluppatori. Prima di entrare nel museo, ci viene offerta l’opportunità di ammirare uno spazio storico che si trova di fronte all’ingresso, la Fontana delle 99 cannelle. L’accesso e la navigazione all’interno del museo virtuale risulta un po’ confuso. Le icone circolari che rappresentano il prossimo hotspot non sempre saltano all’occhio velocemente, così è necessario passare il puntatore del mouse per scoprire a quale ambiente si riferisca. Questo fa emergere forse la più grande lacuna del progetto, ovvero l’assenza di una mappa che, anche se non interattiva, avrebbe permesso un rapido orientamento e comprensione degli spazi. Infatti se ogni icona porta il nome della sala di riferimento identificandola con una lettera (dalla A alla F) e dividendola in più settori contraddistinti da numeri, in alcuni casi il percorso non risulta conseguenziale all’ordine proposto e per seguirlo bisogna spostarsi più volte fra i vari hotspot. Nonostante le difficoltà di navigazione fra i vari punti di visualizzazione, il tour si arricchisce di numerosi strumenti interattivi che cercano di completare la visita sia dal punto di vista didattico che del diletto. Accanto ad alcune opere selezionate, che purtroppo rappresentano un piccolo gruppo, sono presenti delle nuove icone, le quali generalmente dovrebbero rinviare a dei materiali fotografici, ma che in questo caso consistono nelle didascalie delle opere, più o meno dettagliate: strumento sicuramente da potenziare e completare, per dare un’informazione più completa sugli oggetti esposti. Altre opere, invece, vengono contraddistinte da un’altra icona a forma di cubo che, anche se piccola, costituisce il vero fiore all’occhiello del progetto di tour virtuale del museo. Una volta selezionata, si viene collegati ad un sito esterno dove sono racchiuse le scansioni 3D degli oggetti prescelti che dunque si possono ammirare in ogni loro sfaccettatura, anche secondo prospettive che non sarebbero mai possibili visitando realmente il luogo. Inoltre, ogni opera è costellata di diversi numeri che racchiudono informazioni sui dettagli della zona dove essi sono posizionati. Questo sito esterno è ben realizzato ed intuitivo, anche perché ricorda nella struttura quello della più blasonata piattaforma multimediale; per di più oltre, alla visualizzazione a tutto schermo, il sito permette la resa in realtà virtuale delle opere grazie ad un visore stereoscopico, del quale ormai girano diverse versioni a portata di smartphone. Nel menù che si trova sulla destra si possono trovare tutti gli altri soggetti visionabili in tre dimensioni, tra cui il rendering del Forte Spagnolo ma, soprattutto, quello del Mammuthus meridionalis che virtualmente può essere ammirato per la seconda volta. Il Museo Nazionale d’Abruzzo rappresenta oggi un buon esempio di gestione digitale del patrimonio culturale da parte di una istituzione importante, tragicamente devastata da eventi naturali. Nonostante alcune mancanze, che si possono comunque colmare, sembra proprio che la direzione intrapresa sia quella giusta nella difesa del nostro patrimonio culturale e nella sua erogazione. Sitografia:
https://www.musei.abruzzo.beniculturali.it/musei?mid=63&nome=munda-museo-nazionale-dabruzzo https://www.archimetria.it/ https://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=152898&pagename=50 https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo https://sketchfab.com/PoloMusealedellAbruzzo/collections/munda_museo-nazionale-dabruzzo-laquila https://www.archeomedia.net/laquila-riapre-il-munda-museo-nazionale-dabruzzo/ https://news-town.it/cultura-e-societa/10218-munda.html https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/aquila_lo_scheletro_del_mammut_esposto_al_munda-4940573.html https://www.ilcentro.it/l-aquila/il-mammut-che-corre-nella-visione-virtuale-allestita-al-munda-1.2343430 https://www.ilcentro.it/l-aquila/munda-chiuso-tour-virtuale-sbarca-sul-web-1.2388864 http://www.mammuthusmuseo.com/
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Marzo 2024
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