“I Tesori Umani Viventi del Mediterraneo:Barbaro Messina, Maestro del Ciclo della pietra lavica”19/6/2020 di Marina Cafà Il documentario dal titolo “I Tesori Umani Viventi del Mediterraneo: Barbaro Messina, Maestro del Ciclo della pietra lavica”, mette in luce la singolare produzione artistica del Maestro Barbaro Messina, inserito nel Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia come Tesoro Umano Vivente, poiché autore dell'innovativa tecnica della "ceramizzazione della pietra lavica". Prodotto dall’Associazione Identitas – Servizi Culturali e Fundraising, il documentario è stato ideato e scritto da Marina Cafà, presidente della stessa, impegnata da anni nella valorizzazione delle identità locali, attraverso progetti di comunicazione dedicati all’arte, al turismo culturale e alla didattica museale, per enti pubblici e fondazioni private. Protagonisti del documentario sono l’Etna, la pietra lavica e l’antica arte ceramica (in Sicilia risalente al V secolo a.C.), che hanno ispirato l’estro creativo dell’artista-artigiano Barbaro Messina, il cui merito è quello di aver dato vita alla nuova tecnica e alla nuova materia chiamata “pietra lavica maiolicata o ceramicata”, mediante lo speciale connubio tra la ceramica e il basalto dell’Etna. La presentazione del documentario è avvenuta il 20 giugno 2018 in due sedi: a Nicolosi (CT), all’interno della Scuola-Museo della ceramizzazione della pietra lavica, in occasione della seconda edizione dell’International Meeting & Educational Tour degli editori membri di ICMEA (International Ceramic Magazine Editors Association), e presso il “Museo Archeologico delle Pelagie” di Lampedusa, in occasione della “Giornata Mondiale del Rifugiato”, durante l’inaugurazione della Mostra “Approdi Mediterranei”, curata dalla stessa Marina Cafà. Organizzata nell’ambito del progetto “Snapshots from the Borders”, cofinanziato dall’Unione Europea e con capofila il Comune di Lampedusa, la mostra ha proposto, attraverso trenta sculture tridimensionali in pietra lavica maiolicata realizzate dal Maestro Messina, una riflessione sul fenomeno delle migrazioni. Estratto dal testo critico di presentazione alla mostra: La Sicilia, ombelico del Mediterraneo e frontiera d’Europa, è da secoli regno di porti e terra di approdi. Sagome nere, appena abbozzate, sono quelle dipinte dall’artista Barbaro Messina per raccontare dei numerosi migranti che arrivano sulle assolate coste siciliane: in questo modo, il “maestro del ciclo della pietra lavica” esprime le sfumature della propria interiorità, affidando a colori e pennelli il compito di rappresentare la realtà che, emotivamente, lo coinvolge. Come una melodia dal carattere mite, che si alterna a forti contrasti, la sua pittura rivela gli elementi identitari del paesaggio in cui si staglia il mitico Vulcano, e si dispiega sui materiali utilizzatiin questo territorio fin dalla preistoria: la pietra lavica e la ceramica. Non diversamente sarebbe potuto essere per lui che lavora la creta fin da bambino ed ama definirsi “figlio dell’Etna”. L’intuizione, l’estro creativo, gli studi sulle più antiche tecniche artigianali, le ricerche sulle composizioni chimiche dei manufatti d’epoca greca e romana, hanno portato questo abile artista-artigiano a rivoluzionare il mondo della ceramica, con la creazione della pietra lavica maiolicata. L’inedito connubio tra la lava effusa dal vulcano e la maiolica, ha ben presto destato l’attenzione dei settori dell’artigianato, del design e dell’arredamento, e valso al Maestro Messina numerosi riconoscimenti, tra cui l’iscrizione nel Registro delle Eredità Immateriali di Sicilia, come “Tesoro umano vivente per il ciclo della pietra lavica”, poiché unico detentore delle conoscenze necessarie per la realizzazione degli esclusivi oggetti d’arte, ormai celebri a livello nazionale ed internazionale, ottenuti con la felice unione di questi materiali impiegati tradizionalmente nell’area etnea in ambiti differenti. La pietra lavica, infatti, è stata da sempre alla base del processo costruttivo, e con essa sono state realizzate mura difensive, abitazioni, tombe, edifici di pubblica utilità, oggetti d’uso quotidiano ed elementi di decorazione architettonica, che hanno conferito al paesaggio antropizzato quel caratteristico e inconfondibile colore nero-grigio scuro. La ceramica (dal greco antico kéramos, “argilla”), invece, è stata utilizzata fin dal neolitico per la creazione di utensili e recipienti destinati alla conservazione di alimenti, diventando nei secoli una pregevole espressione dell’artigianato artistico locale. Anche nella cittadina di Paternò, sorta alle pendici dell’Etna presso l’antico abitato siculo di Hybla Gereatis, è attestata la presenza di fornaci per la produzione di manufatti ceramici fin dall’epoca neolitica ed, ancor oggi, sono numerosi gli artigiani che si dedicano a quest’arte, proprio come Barbaro Messina che qui è nato. Nel suo laboratorio “Le Nid”, come un antico aèdo egli dà voce alle tradizioni culturali di Sicilia, attraverso le innovative sperimentazioni tecnico-artistiche che elabora. Castelli, faraglioni, lave affioranti, ginestre ed agrumeti, rivivono sui frammenti di pietra lavica grezza raccolti dallo stesso artista all’interno di grotte vulcaniche, e sulle lastre di lava levigata, che ben si sposano alla ceramica dipinta; e così, il repertorio dell’arte figurativa etnea, con antichi miti, leggende, cavalieri duellanti, sovrani come Federico II di Svevia, e i tipici carretti siciliani, viene rappresentato dal Maestro Messina con l’immancabile sfondo del Vulcano, genius loci che incanta e incute timore, considerato dalle popolazioni che lo abitano una “Grande Madre” e, già dai Greci, chiamato - al femminile - “la Montagna”. La sensibilità di questo originalissimo artista va, però, oltre l’omaggio alla tradizione ed alla contemplazione della natura mitica, bucolica e misteriosa, e raggiunge l’essenza della dimensione umana con la riflessione sulle migrazioni nel Mediterraneo, simbolo di speranza per coloro che lo attraversano per fuggire da ingiustizie e violenze. I paesaggi con i barconi carichi di migranti, che Messina dipinge con luminosi smalti su superfici laviche, aspre e porose o levigate, coinvolgono lo spettatore con i loro contrasti cromatici, e ne amplificano le emozioni grazie al perfetto equilibrio tra luci ed ombre, ed alla forza espressiva del supporto materico. Sono sculture bifacciali, in cui la dimensione pittorica crea un elegante orizzonte naturale, e procede seguendo la forma stessa dei frammenti lavici; il colore assume una connotazione piena, sviluppandosi secondo linee di fuga dorate e luminose, che indicano ai migranti, scuri come ombre, la direzione verso la terra promessa. L’orizzonte è definito dalle eleganti linee di alcune montagne, che rappresentano le anime opposte e complementari del territorio etneo - lava, neve, boschi e fertili campi - e partecipano al sentimento collettivo di chi compie il viaggio verso la speranza, affrontando i pericoli del mare. Nella pittura di Messina il paesaggio diviene, infatti, il soggetto stesso dell'opera, non più sfondo o cornice, non più subordinato alla descrizione di una storia, ma “attore” con un ruolo attivo e precise funzioni comunicative. Link documentario:
https://www.youtube.com/watch?v=UfSdDId9cnU Qualche articolo presente sul web sull’argomento: https://www.sicilianetwork.info/barbaro-messina-lartista-della-lava-e-della-ceramica/ https://www.ilsitodisicilia.it/arte-barbaro-messina-artista-della-lava-e-della-ceramica-in-un-documentario/
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