di Lucrezia Lucchetti Ascoltando una video-lezione del master dell’università di Tor Vergata del Professor Occhipinti riguardo la didattica innovativa della Storia dell’Arte, oltre alla miriade di nozioni e informazioni utilissime che mi venivano trasmesse, sono rimasta colpita particolarmente da un concetto: a partire dalle lectio di San Tommaso e Alberto Magno, fino a risalire alla riforma dell’istruzione di Alcuino di York, in età carolingia, per poi arrivare, molto dopo, all’apprendimento del mestiere nelle botteghe degli artisti, ovunque in queste diverse ambientazioni l’impetuosa volontà di imparare non avrebbe potuto prescindere da un senso di rispetto verso precetti che venivano insegnati. L’allievo ai tempi nutriva dentro di sé, e riservava verso il proprio docens, un timore reverenziale, lieve e sincero, un senso di umiltà e di soggezione, ma anche di ammirazione verso il proprio maestro. I discenti di San Tommaso nutrivano profondissima ammirazione nei suoi confronti, così come lo stesso San Tommaso verso Alberto Magno, suo maestro; nella bottega di Baccio Bandinelli tutti pendevano dalle labbra dello scultore fiorentino che – come ci mostra il prof. Occhipinti – spiegava il rapporto luce-ombra attraverso l’osservazione di una statuetta; nelle Accademie che sarebbero diventate pubbliche non si sarebbe mai messa in discussione l’autorevolezza del magister, impegnato a tenere le sue lezioni di fronte agli allievi. Oggi le metodologie per l’insegnamento sono cambiate e insieme a loro si è esaurito, fino a non trovarlo più, quel timore reverenziale nei confronti del docente.
Ma procediamo per gradi. Innanzitutto per capire i pro e i contro della didattica digitale dobbiamo dirci che la classica lezione frontale, che San Tommaso e tanti altri conducevano accompagnandosi con i gesti, rischia di apparire ai nostri giorni – oggi che esistono nuovi canali di trasmissione, diversi da quelli tradizionali – obsoleta, noiosa, poco attrattiva e anche poco utile per gli studenti. Questo è anche conseguenza della ricerca di sempre nuove metodologie per l’apprendimento attivo, quali il cooperative learning, il role playing, la ricerca-azione, le tecniche di discussione, il metodo dei casi e così via, che fanno parte oggi della maggior parte dei curricula scolastici. Ma si parla oggi addirittura di ribaltare la scuola, servendosi in particolar modo della tecnica cosiddetta flipped classroom. Maurizio Maglione se ne fa promotore da diversi anni. Il docente spiega attraverso una videolezione che i ragazzi dovranno ascoltare a casa, con la possibilità di stoppare e rivedere il contributo tutte le volte necessarie, cosicché la mattina dopo, a scuola, possano svolgersi i compiti a riguardo. La lezione viene elaborata, viene metabolizzata e il lavoro che andava fatto a casa si svolge in classe, magari anche in gruppo. Il professore non sta seduto in cattedra mentre gira i pollici, ma gira tra i banchi, controlla, coinvolge, aiuta. Da sempre la trasmissione del sapere è avvenuta, oltre che sui libri, attraverso la modalità dell’insegnamento frontale. La fiducia nell’innovazione implica un discredito verso la tradizione, ma anche verso i valori dell’umanesimo ritenuti ormai superati: ne deriva il crescente discredito nei confronti del professore che, parlando dall’alto della sua cattedra, non dice altro che dei bla bla bla, insensati e pedanti. Al di là dell’incontro tra Storia dell’Arte e tecnologia – che negli ultimi anni ha aperto nuove ed in inimmaginabili prospettive – la didattica delle discipline storico-artistiche, come in generale accade in tutti gli ambiti dell’insegnamento, soffre della crescente sfiducia dei giovani e delle loro famiglie nei confronti delle istituzioni scolastiche. Oggi sembra che si voglia far passare l’idea che i ragazzi siano in grado di fare tutto da soli, che non abbiano bisogno dei loro insegnanti, dei maestri. Quell’atteggiamento di rispetto e di deferenza, ma soprattutto di fiducia, che una volta era dovuto verso la figura dell’insegnante oggi tende a scomparire del tutto: accade anzi che i genitori, invece di comprendere e appoggiare il ruolo dei docenti, difendono a spada tratta i figli e i loro comportamenti, anche se abominevoli e condannabili. Si finisce così per pensare alla scuola come ad un luogo dominato da schemi e regole che imprigionano i ragazzi, privandoli della possibilità di esprimersi liberamente: il che è un paradosso, dato che la scuola dovrebbe invece essere il luogo in cui i ragazzi debbano imparare a essere liberi. Si crede che non si abbia più bisogno dei maestri, che bastino i pc, i tablet e internet, e che così si possa imparare in autonomia. D’altronde, negli ultimi anni l’insegnamento della Storia dell’Arte è sempre più marginale: c’è chi vuole addirittura abolirlo nei licei perché ritenuto inutile. E pensare che Adolfo Venturi con l’inserimento della disciplina storico-artistica nell’istruzione liceale e con il riconoscimento di una dignità universitaria alla Storia dell’Arte, aveva creato a parer suo e di coloro che ne abbracciarono il progetto, un punto di non ritorno.
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Marzo 2024
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