di Ludovica Marolda Il 21 giugno del 2018 ha aperto le porte a Tokyo, nell’isola artificiale di Odaiba, il rivoluzionario e atteso museo d’arte digitale giapponese, che prende il nome di Mori Building Digital Art Museum – teamLab Borderless[1]. L’affluenza ha raggiunto livelli incredibili, totalizzando 2,3 milioni di visitatori nel primo anno d’apertura[2], e diventando, così, il museo dedicato a un solo artista più visitato al mondo. Molteplici informazioni sono contenute nella denominazione dell’imponente costruzione. Viene subito chiarita la posizione della nota compagnia di imprenditori immobiliari giapponesi, Mori Building, che si è impegnata nel finanziamento dell’edificio[3]. In secondo luogo apprendiamo che si tratta non di una mostra, né di un evento temporaneo, ma di un museo interamente dedicato all’esposizione e alla fruizione di opere d’arte realizzate con i più sofisticati mezzi tecnologici. Il collettivo artistico internazionale teamLab Borderless, fondato nel 2001 dall’ingegnere informatico Toshiyuki Inoko[4], è andato progressivamente ad allargarsi fino a coinvolgere più di 500 collaboratori, fra ingegneri, artisti, designers, architetti, programmatori, animatori e matematici. Il gruppo teamLab è, ad oggi, rappresentato dalla galleria d’arte contemporanea Pace Gallery[5] di New York. Una volta varcata la soglia dell’edificio, il visitatore è invitato ad abbandonare quasi tutti i suoi effetti personali, rendendosi libero e pronto ad immergersi completamente nell’esperienza sensoriale che lo attende. Si tratta infatti di arte immersiva, il cui linguaggio è basato sulla sinergia di immagini, suoni, spettacolo e tecnologia, quanto mai capace di avvolgere e coinvolgere tutti i sensi dello spettatore ricorrendo alla multimedialità. [1] Sito ufficiale: https://borderless.teamlab.art/ [2]https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/business_wire/news/2019-08-08_1081989251.html [3] https://www.mori.co.jp/en/company/press/release/2019/06/20190620100000003902.html [4] https://www.teamlab.art/?submit=Toshiyuki%20Inoko [5] https://www.pacegallery.com/artists/teamlab/ Bisogna prevedere che la visita esperienziale duri almeno tre ore. Tutti gli ambienti sono prevalentemente oscurati e in ogni stanza vengono proiettate innumerevoli immagini digitali in movimento, accompagnate da suoni fiabeschi. L’iconografia riprende soprattutto la tradizione estetica giapponese, legata ad elementi naturali come fiori di ciliegio e girasoli, ma anche lanterne, onde marine, carpe koi o idiomi kanji che evocano concetti legati all’esistenza. Le immagini sono suscettibili della presenza dello spettatore: si muovono, spariscono, si trasformano in base ai movimenti del visitatore. Quando egli abbandona la stanza, l’immagine digitale può scomparire o seguirlo nell’ambiente successivo. In questo caso l’elemento dell’interattività si esprime in maniera assolutamente efficace e il pubblico non può fare a meno di partecipare allo spettacolo digitalizzato. Il percorso da seguire non è univoco, ma ogni visitatore può prendere più strade, perdersi e ritrovarsi in ambienti sempre nuovi. Nel percorso è presente anche una particolarissima zona relax con bar, dove chiunque può fermarsi a bere un tè: le immagini digitalizzate prendono vita anche nella tazza di tè (Tea Ceremony), e continuano ad esistere finché il liquido presente nella tazza di ciascun partecipante non è stato completamente bevuto.
La parte finale dell’esperienza immersiva si incentra sul movimento (Athletic Forest) e piace particolarmente al pubblico dei più piccoli. Sono presenti tappeti elastici su cui saltare, pilastri su cui arrampicarsi e enormi palloni colorati con cui giocare: le immagini digitalizzate si moltiplicano anche in questo spazio, incoraggiando la partecipazione attiva di ciascun visitatore. Il fenomeno dell’arte immersiva, pur sembrando molto attuale se associato al digitale, fonda le sue radici nella creazione stessa degli ambienti spaziali (che prendono avvio con l’arte degli anni ’50 di Lucio Fontana), dove lo spettatore non è più considerato come elemento passivo, ma adatto a relazionarsi con l’oggetto artistico. Col passar del tempo e con l’evoluzione delle tecnologie, l’importanza dell’evento in sé ha acquisito una sempre maggiore rilevanza e il focus principale è diventato l’esperienza estetica della partecipazione. Secondo questa visione il lavoro del collettivo teamLab sembrerebbe rispondere perfettamente all’esigenza di fruire dell’arte digitale in modo immersivo e interattivo. Tuttavia, nel percorso di visita esperienziale all’interno del museo non è quasi mai fornita una chiara indicazione sull’effettivo progetto scientifico di teamLab. Troviamo maggiori informazioni al riguardo navigando in Internet e consultando il loro sito in continuo aggiornamento. Molto interessanti sono le interviste a Toshiyuki Inoko dove viene chiarita l’importanza del progetto: “teamLab intende esplorare la relazione tra sé ed il mondo, e nuove percezioni attraverso l’arte. Per capire il mondo intorno a loro, le persone lo dividono in entità indipendenti, con confini percepiti tra di loro. teamLab cerca di trascendere questi confini nella nostra percezione del mondo, nella relazione tra sé e il mondo, e nella continuità del tempo. Tutto esiste in una lunga, fragile, anche se miracolosa, continuità della vita, senza confini”. (intervista di Marco Aruga per Digicult).[1] Se il Mori Building Digital Art Museum vuole essere, appunto, un museo, potrebbe essere efficace informare il visitatore riguardo le idee degli artisti e, magari, i mezzi tecnologici utilizzati. Unire l’aspetto dell’intrattenimento a quello dell’informazione e dell’educazione potrebbe rappresentare la strada giusta per l’implementazione dei musei dedicati all’arte digitale nel mondo. Dal canto suo, teamLab sta continuando ad espandersi, aprendo un nuovo Digital Art Museum a Shanghai[2] e programmando una prossima apertura anche a Macao[3]. In questa prospettiva il fenomeno espansivo del collettivo artistico è da non sottovalutare, per quanto riguarda la direzione che arte, tecnologia e musei stanno prendendo e prenderanno nel corso del ventunesimo secolo. [1] http://digicult.it/it/articles/the-beauty-of-a-borderless-world-interview-with-teamlab/ [2] https://borderless.teamlab.art/shanghai/ [3] https://www.teamlab.art/it/e/macao/
3 Commenti
Gianluca Bronzini
5/5/2020 09:28:39 pm
Articolo molto espressivo e di grande guida informativa per divulgare una tecnologia a mio riguardo conosciuta in parte e poco sfruttata ... è interessante divulgare proposte di progetti futuri ed educativi . Complimenti Ludovica
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Carmela
5/5/2020 09:46:30 pm
Complimenti per l’articolo molto interessante
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Rita
12/5/2020 01:21:19 pm
Articolo molto ben strutturato...Complimenti Ludovica
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