di Letizia Fiori In questi tempi straordinari – letteralmente fuori dall’ordinario – in cui tutti noi siamo costretti a stravolgere le nostre abitudini, confinati, per il nostro stesso bene, in casa, non bisogna mai perdere la speranza. Questo è il tempo di reagire. Di sfruttare l’inaspettata quantità di tempo libero che abbiamo a disposizione per impegnarci in qualcosa di costruttivo. In questo la risposta dei musei non è tardata ad arrivare. Si sono moltiplicati, dall’oggi al domani, i tour virtuali tra i capolavori che ora sono, anche loro, confinati in casa. Anche il museo dell’Ara Pacis è sbarcato online, come tutte le istituzioni facenti parte della rete dei Musei in Comune: si offre «un tour virtuale» – come riporta il sito ufficiale – «per una visita a tutto schermo delle sale e per consentire a tutti un'esperienza virtuale che supera i limiti spaziali»[1]. In realtà, il tour del museo dell’Ara Pacis è disponibile già dal 2012, a testimonianza della presa di coscienza dell’utilità di questo strumento molto prima dell’emergenza Covid-19. In pochi, però, ne erano a conoscenza. Forse perché si privilegiava la visita in loco, o perché la frenesia del quotidiano non lasciava sufficiente tempo libero da dedicare a questo tipo di esperienza. Sicuramente oggi è uno strumento prezioso, che ci avvicina a quei luoghi dai quali siamo distanti, almeno fisicamente. Il tour in questione permette la visita del museo simulando una passeggiata virtuale, l’unica che ci è consentita, per esplorare l’interno degli ambienti senza i fastidiosi tempi di attesa che la quantità di visitatori abituali avrebbe inevitabilmente provocato. Grazie al movimento del mouse è possibile ruotare la visuale a 360°, «zoomare fino ad avvicinarsi ai diversi elementi presenti nelle sale, oltre che approfondire la visita con foto e video»[2]. Tutto quello che occorre per la visita virtuale è un pc e un collegamento ad internet. Basterà poi collegarsi al sito http://tourvirtuale.arapacis.it/ita/index.html perchè la magia abbia inizio. Con il plug-in Adobe Flash Player muoviamo i primi passi nella realtà virtuale del museo: la visuale iniziale è esattamente la stessa che avremmo potuto apprezzare se fisicamente lì, in perfetta coerenza con la ‘visita reale’. Utilizzando il mouse e la tastiera, cliccando sugli hotspot inseriti negli ambienti e navigando le mappe interattive, la visita si approfondisce con elementi di contesto: foto, video e testi. Alle nostre spalle, proprio accanto alla porta di ingresso, un pannello e un plastico offrono un’interessante ricostruzione del contesto originario che faceva da cornice all’Ara Pacis: il Campo Marzio settentrionale, così come doveva presentarsi nel 14 d.C., alla morte di Augusto. L’idea del plastico è davvero vincente per restituire un’immagine di come doveva essere la città agli occhi di un civis Romanus dell’epoca, sicuramente molto diversa da quella odierna; d’altronde, sappiamo ormai tutti che le “immagini” sono più efficaci delle parole. Quello che però manca nel tour virtuale è uno zoom, magari dall’alto, proprio sul plastico, che invece risulta virtualmente non apprezzabile, ‘piatto’. Ne intuiamo la presenza ma non l’articolazione. Prima di proseguire verso l’ara, alla nostra sinistra una teoria di busti dei rappresentanti più famosi della gens Iulia, tutti corredati di una “i” soprastante, cliccando la quale si apre una finestra che fornisce brevi informazioni aggiuntive nell’opera, ma non esaustive sul personaggio rappresentato. Data la complessa articolazione della famiglia romana, si sarebbe potuto pensare ad un ulteriore approfondimento che chiarisse il ruolo dei personaggi rappresentati dai busti scelti. A questo proposito, giusta è l’idea di collocare, alla nostra destra, di fronte alla teoria di busti, un pannello trasparente autoportante che ricostruisce la genealogia della gens Iulia, molto utile per fare chiarezza dei rapporti di parentela esistenti ma, purtroppo, slegato dal resto del contesto, dal momento che i nomi non sono accompagnati da un riferimento grafico ai personaggi, seppur rappresentati nei busti presenti di fronte. Risulta complicato e assolutamente non immediato lo spostamento di visuale dal pannello ai busti per tentare di collegare nomi e volti. Dopo questo spazio introduttivo, necessario per inquadrare il contesto storico e paesaggistico, ci concentriamo sull’Ara Pacis, il fulcro di questa avanguardistica struttura museale progettata nel 2006 dall’archistar Richard Meier. Seppur il punto di osservazione iniziale sia distante, con uno zoom progressivo riusciamo ad arrivare ai piedi dell’ara, senza che la qualità e la risoluzione dell’immagine ne risentano minimamente. Purtroppo nessuno strumento di approfondimento è disponibile riguardo il prospetto principale dell’altare, così come, vedremo dopo, per gli altri prospetti. Qualcuno potrebbe obiettare che la magnificenza del monumento “parli” da sé, ed è certamente così, ma si sarebbe potuto pensare di integrare questi zoom con le ricostruzioni dello stesso realizzate con il progetto “L’Ara com’era”, non consultabile online se non attraverso dei brevi video, e la cui iniziativa è terminata lo scorso dicembre 2019. A questo punto il virtual tour ci consente di proseguire solo in una direzione, verso il corridoio ovest. Di nuovo non abbiamo a disposizione alcun approfondimento, anche solo minimo, per esempio riguardo i soggetti rappresentati nel fregio superiore. Un minimo di interattività avrebbe potuto rendere ancora più interessante e coinvolgente la visita. Passiamo al lato nord, il prospetto posteriore dell’ara. Sicuramente la maggiore profondità dello spazio architettonico a disposizione permette un’osservazione omogenea, con un unico colpo d’occhio, come invece non accade per i lati dell’altare, i cui corridoi sono molto più stretti. Ma questa è una considerazione strettamente legata al moderno contenitore. Nulla di più possiamo dire, a livello storico-artistico, su questo prospetto, nemmeno apprezzare, tramite lo zoom, i pannelli che incorniciano l’apertura posteriore perché lo strumento non risulta disponibile. A questo punto possiamo visitare gli spazi sottostanti il lato est dell’ara, che contengono i calchi riferiti alla Tellus e alla dea Roma, finalmente un approfondimento riguardo i due pannelli sul lato secondario. Un’altra sala contiene i frammenti del grande fregio a girali che caratterizza tutta la fascia inferiore dell’altare, come un grande nastro che lo avvolge completamente. Un pannello spiega la grande difficoltà incontrata nella ricostruzione del fregio, data la quantità di frammenti rinvenuti. La sala successiva, cosiddetta Ara Pietatis o Ara Claudii, contiene una serie di frammenti di svariate dimensioni e soggetti diversi. Così termina il tour del Museo dell’Ara Pacis. Grande assente la veduta del lato est dell’altare nonostante la scena più importante e meglio conservata sia proprio su questo fianco, quella con i personaggi della famiglia imperiale in processione, secondo un preciso schema protocollare, legato alla successione al trono concepita da Augusto attorno al 10-9 a.C. Il tour, risalente al 2012, presenta molti punti che potrebbero essere facilmente implementati. Nel 2020 ci si aspetta di più da una visita virtuale immersiva, sia sul fronte della tecnologia che da quello storico-artistico, così come ancora preistorico è l’utilizzo che le istituzioni museali fanno dei canali social. Un salto andrebbe compiuto per avvicinare i musei, formula settecentesca, al nostro tempo. [1] http://www.arapacis.it/it/musei_digitali/tour_virtuali [2] http://www.arapacis.it/it/servizi/news/tour_virtuale_del_museo_dell_ara_pacis
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di Charlotte Bongini Il museo dell’Hermitage occupa quattro palazzi che, fino alla rivoluzione, facevano parte integrante degli appartamenti reali. Vi si trova oggi custodita una vastissima raccolta di opere, il cui nucleo principale, costituitosi negli ultimi anni del Settecento, deriva al patrimonio di Caterina di Russia.
“L’Arte come ponte Universale che unisce i Territori”: con queste parole il direttore del Palazzo d’Inverno, Michail Pietrovsky introduce una serie di appuntamenti sull’arte italiana, raccontata nelle nelle sale dell’Hermitage, resi accessibili attraverso videoregistrazioni. Il Palazzo vanta una collezione di dipinti italiani di inestimabile valore, di ben trecento opere tra cui sono annoverati Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Tiziano, Michelangelo, Caravaggio, Canaletto e Canova. I video sono accessibili anche attraverso la piattaforma Youtube, oltre che sul sito istituzionale “The State Hermitage Museum” e sulla pagina Facebook. In tale circostanza, non possiamo non segnalare l’ultimo progetto firmato “Apple”, il colosso statunitense che ha editato su Youtube attraverso l’Iphone 11 pro, un video in soluzione 4K, un docufilm della durata di 5 ore girato tra le sale del palazzo dell’Hermitage, che gli spettatori possono percorrere in un vero e proprio tour virtuale, visitando le quarantacinque sale e le circa seicento opere, mentre vi si esibiscono le ballerine e i ballerini del corpo di ballo del Teatro dell’Hermitage che eseguono coreografie contemporanee sotto le note di composizioni musicali del pianista russo Kirill Richter, per la regia di Axinya Gog. Questo video mira a immergere lo spettatore nel clima che si respira all’interno del Museo. Chi fosse invece interessato ad approfondire le singole opere, consultandone le relative schede, non avrà che da accedere all’immenso patrimonio digitalizzato attraverso il sito internet istituzionale del Museo. L’archivio digitale è in continuo aggiornamento. di Ilaria Sforza Oggi, forse complice il sonno agitato di questi giorni, in cui si mescolano i ricordi del passato e l’incertezza sul futuro, avendo notato sulla mensola della cucina un sacchetto ancora intonso di lenticchie umbre, ho deciso di cucinarle per cena e mi sono sorpresa, nell’inerzia del dopopranzo, ancora un po’ ubriaca del sole che splende sul mio balcone nel primo pomeriggio, a compiere un gesto antico, che non sapevo fosse ancora impresso nella mia memoria.
Ho versato il sacchetto di lenticchie sul tavolo della cucina e ho cominciato a selezionarle col dito: quelle marroni e tondeggianti le tenevo, quelle più scure e avvizzite le eliminavo. Questo gesto, così antico, richiede una certa maestria: lo si compie con l’indice della mano destra, attentamente, mentre gli occhi scrutano la distesa di lenticchie brune sul tavolo chiaro. Lo stesso gesto – mi sono ricordata a un tratto – lo vedevo compiere a mia nonna, aiutata da mia madre e mia zia, nell’accogliente cucina dai pensili verdi della casa di Isernia quando, da bambina, mi intrufolavo nelle chiacchiere pomeridiane femminili. Durante le vacanze di Natale, o forse in qualche altro momento dell’inverno, quando una zuppa di lenticchie è un piatto confortevole e l’operazione della loro accurata selezione accompagna il ritmo quasi ipnotico delle chiacchiere “intorno al fuoco”. Cerco di documentarmi – deformazione professionale – prima di scrivere questa pagina, ma non trovo nella rete informazioni su quel gesto: possibile che sia tanto importante solo per me? Leggo però questa interessante notizia: “Lo sapevate che le lenticchie sono il legume più antico coltivato dall’uomo? Sin dal 7000 a.C. ci sono tracce della loro esistenza, da quelle piccole e saporite di montagna a quelle brune e rosse delle regioni meridionali”. Quindi forse la lentezza di quel gesto si accompagna a una storia millenaria, a una saggezza che sfugge ai libri di scuola e, a quanto pare, anche ai manuali di cucina, dove viene prosaicamente descritto così: “lavate in acqua corrente fredda prima dell’uso, avendo cura di eliminare le scorie”. Era davvero semplicemente un “eliminare le scorie” quel gesto ritmico che accompagnava il nostro stare insieme? Cosa avrà mai di tanto poetico un semplice gesto…? Eppure ora mi sorprendo a riflettere sui gesti di questi giorni inusuali, in cui il Covid-19 ci ha costretti a restare nelle mura domestiche e tanti di noi si dedicano alla cucina. Quanto più spesso il mio indice compie il gesto di digitare su una tastiera o sullo schermo di un cellulare, per leggere, cambiare pagina, scrivere, preparare lezioni e collegarmi in videoconferenza con i miei studenti. Eppure non è la stessa cosa: dietro quell’attenta selezione, quando le lenticchie buone venivano separate dalle “scorie”, c’era ben altro. Il piacere del tatto, innanzitutto: sentire sotto il polpastrello dell’indice quelle forme regolari e solide, un piacere tutto fisico, che si accompagnava all’osservazione delle forme e dei colori… quel gesto rifletteva il ritmo più naturale del tempo, prima dell’era digitale. Dal salotto proveniva il sottofondo della televisione, che riempiva lo spazio maschile di echi soporiferi, tra un notiziario e un varietà. Forse a chi legge questi pensieri sembrerà strano, ma mi sono trovata a chiedermi: “Sono riuscita a trasmettere questo gesto a mia figlia?”. Non mi aveva mai visto farlo; quando si è avvicinata, mi ha chiesto stupita: - Che fai? -. Sto selezionando le lenticchie – le ho risposto – stasera le cucino -. Se n’è andata soddisfatta. Ora che il tempo delle chiacchiere femminili intorno al fuoco è finito, ora che le famiglie patriarcali sono quasi per tutti un lontano ricordo, basterà questo mese di reclusione a farci recuperare il ritmo del tempo passato? Abbiamo corso, avevamo fretta, fretta di arrivare dove adesso siamo, sull’orlo del precipizio e stiamo dando una sbirciatina giù con orrore. Ci salveremo? Forse, dipende da noi. di Cetty Barbagallo Le “passeggiate del Direttore” sono un’iniziativa che da tempo viene proposta dal Museo Egizio di Torino. Si tratta di un incontro mensile, riservato a un gruppo ristretto di circa trenta persone che, previa prenotazione, vengono guidate davanti ai reperti dell’antico Egitto direttamente da Christian Greco, direttore del Museo. In tale occasione, i visitatori sono ammessi a porte chiuse a passeggiare insieme al Direttore tra le sale del museo, per scoprire alcuni dei capolavori che di volta in volta vengono scelti, a sorpresa, secondo il tema del giorno. Per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato l’8 marzo 2020 per contrastare e contenere la diffusione del virus Covid-19, tutti i luoghi e istituti di cultura italiani sono stati chiusi. Il Museo Egizio ha dunque deciso di reinventare la sua iniziativa riproponendola in versione digitale. Come? Due volte la settimana, il giovedì ed il sabato, sul canale YouTube (https://www.youtube.com/channel/UCu0NN4cZekeB2KKha2XwYyQ) il museo mette a disposizione un nuovo video, ognuno della durata di circa 10 minuti. In ogni videotour è sempre il direttore del Museo a condurre gli spettatori/visitatori tra le sale, illustrando alcune delle opere e condividendo, quindi, le sue spiegazioni con la comunità intera del web. L’obiettivo di questo progetto, come dichiarato dallo stesso Greco, è di aprire il museo verso il mondo esterno: «da anni dichiariamo che il museo è di tutti, è la casa di tutti, e da oggi lo vogliamo rendere ancora più visibile regalando a chiunque voglia una passeggiata con il direttore». Così, attraverso la promozione dell’hashtag #laculturacura, il Museo Egizio ha potuto sviluppare un progetto che già da tempo era partito, non solo per raccontare la prestigiosa collezione, ma anche per avvicinare l’istituzione alla collettività Il Trailer dell’iniziativa è disponibile al seguente indirizzo internet:
https://www.youtube.com/watch?v=I-QxzdwQnQo&list=PLg2dFdDRRClGtp33i7xqUwFO82TEVnMz2 Episodio 1 - L’Egitto e i Savoia Il primo oggetto che si incontra entrando nel museo, il ritrattomonumentale di Ramses II, in granito rosa, è una delle prime statue faraoniche che hanno raggiunto l’Europa. È arrivata a Torino nel 1759, grazie a Vitaliano Donati, il quale era stato mandato in Egitto dai Savoia. Episodio 2 - Sekhmet, i colossi di Memnon e la Iside di Copto Vitaliano Donati, professore di botanica all’Università di Torino, inviato in Egitto per conto dei principi di Savoia, riportò con sé circa seicento oggetti, tra cui due statue monumentali oltre a quella di Ramses II: i coloddo della dea Sekhmet e della dea Iside. Episodio 3 - L’Epoca dei Consoli Nel 1798 Napoleone organizzò la famosa campagna militare in Egitto, portando con se centosessantasette studiosi, per documentare tutto ciò che vedono. La documentazione prodotta confluirà poi in un’opera monumentale, intitolata Description de L’Égypte, il cui primo volume, pubblicato nel 1809, farà divampare una ondata di egittomania. Episodio 4 - Il libro dei Morti di Iuefanhk Il Museo Egizio ha deciso di esporre il papiro di Iuefanhk, lungo oltre 19 metri, noto come «Libro dei Morti». Esso contiene una serie di formule che permetteranno al defunto di superare gli ostacoli che gli si presenteranno dopo la morte, per potere proseguire la vita nell’aldilà. Episodio 5 – Le sale storiche e il Canone Regio Le statuette funerarie lignee esposte in questa sala appartengono alla collezione che fu formata da Carlo Vidua durante il suo viaggio in Egitto intorno al 1819. Acquistata da Vittorio Emanuele I, la collezione giunse nel Palazzo delle Scienze (quello che oggi ospita il Museo Egizio) nel 1824. Nel 1832 si decise di unirla alla collezione conservata presso l’Università per dare vita al Regio Museo di Antichità ed Egizio. Episodio 6 - Ernesto Schiaparelli, la M.A.I e il Partage Nel 1894 assunse la direzione del Regio Museo Ernesto Schiaparelli, il quale comprese subito che bisognava acquisire nuovi reperti, ma anche promuovere delle campagne di scavo che permettessero di raccogliere informazioni sul contesto archeologico da cui gli oggetti provenivano. Nel 1903 venne fondata la MAI (Missione Archeologica Italiana) che fino al 1920 riucì a realizzare dodici fondamentali campagne di scavo, che permisero di documentare e scavare vari siti, nonché di incrementare la collezione. Schiaparelli porterà oltre 35.000 reperti a Torino riuscendo a trasformare il museo Egizio da un museo antiquario a un museo archeologico. Episodio 7 - Rituali e sepolture nel predinastico Uno degli argomenti più affascinanti della cultura dell’antico Egitto riguardava la preservazione del corpo dopo la morte, giacché dopo la vita terrena iniziava una nuova vita. Il video presenta una serie di esempi di mummificazione del corpo, con particolare attenzione alle grandi sepolture dell’antico Regno. Episodio 8 - La Tomba di Ignoti La tomba scoperta nel 1911 da Virginio Rosa, che ne lasciò una documentazione estremamente minuziosa, si trova integralmente ricostruita nel Museo Egidio di Torino. Episodio 9 - La tomba di Iti e Neferu Nel 1911 viene ritrovata e scavata la tomba di Iti e Neferu, sita a 30km a sud di Tebe, una tomba semi-rupestre con sedici pilastri che delimitavano un corridoio interno, da un lato del quali si aprivano poi una serie di cappelle. Questa tomba aveva una peculiarità molto importante: le pareti erano decorate da pitture che furono strappate e portate a Torino. Lo studio degli archivi fotografici e dei documenti conservati nell’archivio storico del museo ha permesso di ricostruire l’originario contesto archeologico della tomba. di Paola Scalise Ci sono voluti tre anni di preparazione perché le Scuderie del Quirinale potessero aprire i battenti sulla mostra “Raffaello 1520-1483”, realizzata in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, con la Galleria Borghese, i Musei Vaticani e il Parco Archeologico del Colosseo. Era l’occasione per celebrare anche i vent’anni di attività delle Scuderie del Quirinale. Il 10 febbraio un comunicato stampa del Museo informava della vendita dei primi 50.000 biglietti. Grande l’orgoglio degli organizzatori, per aver riunito ben centoventi opere dell’artista urbinate. Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, la annunciava come «la più grande mostra su Raffaello che vedremo nella nostra vita!», con prestiti eccezionali, provenienti da musei pubblici e collezioni private di tutto il mondo che, nel cinquecentenario dalla morte dell’artista, si sono privati dei loro masterpiece. A cominciare dal contestatissimo Ritratto di papa Leone X, fino alla Madonna del Granduca e alla Velata delle Gallerie degli Uffizi, alla Santa Cecilia della Pinacoteca Nazionale di Bologna, alla Madonna d’Alba della National Gallery di Washington, alla Madonna della Rosa del Prado, al Ritratto di Baldassare Castiglione e l’Autoritratto con amico dal Louvre, per non parlare della preziosa lettera mantovana... La mostra è rimasta aperta per soli quattro giorni, durante i quali le Scuderie del Quirinale hanno dovuto contingentare l’accesso dei visitatori, prima di chiudere definitivamente per effetto del DPCM dell’8 marzo. Una grande delusione! Tre incontri tenutisi a Palazzo Altemps avevano anticipato l’apertura della mostra: vi erano intervenuti Silvia Ginzburg sul periodo giovanile di Raffaello, Antonio Natali sull’attività fiorentina e Alessandro Zuccari su quella romana. I biglietti sono stati rimborsati, ma il danno economico è stato ingente. Le Scuderie del Quirinale hanno allora proposto Una passeggiata in mostra: un filmato della durata di quasi tredici minuti, girato lungo le sale deserte dal video-maker Thomas Battista, su progetto grafico di SuperHumans, reso disponibile sul sito del Museo a partire dal 26 marzo. La voce narrante guida la visita della mostra che si presenta, come indicato dal titolo stesso “Raffaello 1520-1483”, come à rebours, all’indietro. La chiusura della mostra è prevista da calendario per il 2 giugno, in coincidenza con la Festa della Repubblica. Ma ad oggi non ci è dato sapere se sarà possibile visitarla prima che le opere vengano restituite ai Musei che le hanno prestate. La morte di Raffaello ha segnato la fine di un’epoca. Con l’emergenza COVID-19 sembra che stia spalancandosi un’epoca nuova: quella dei tour virtuali, che escludono la nostra presenza fisica di fronte alle opere d’arte, data l’attuale necessità del distanziamento sociale. Ma quando sarà finita l’emergenza sanitaria globale, che ci ha privati delle nostre libertà di movimento, nei gesti e nei comportamenti di tutti i giorni, è inevitabile chiedersi se tutto tornerà come prima. Forse le esigenze del progresso e dell’innovazione tecnologica, che vanno in direzione di un progressivo alleggerimento di tutte le attività lavorative, ci porteranno sempre più lontani dalla pura e semplice godibilità del patrimonio artistico che un museo dovrebbe offrirci, secondo quanto enunciato dall’ICOM in riferimento alle prerogative di un istituzione museale che dovrebbe porsi al servizio dell’istruzione, dello studio, del diletto? Per il momento dobbiamo accontentarci della cosiddetta passeggiata virtuale proposta sul sito delle Scuderie del Quirinale, che ci offre in realtà una visita parziale e frettolosa della mostra; le immagini, spesso decentrate, non rendono merito ai meravigliosi colori, alla lucentezza degli incarnati e alle pieghe dei panneggi. Una passeggiata che non ha niente a che vedere col vero e proprio tour virtuale proposto da Sky Arte nel programma Raffaello Principe delle Arti. Ovviamente la speranza è quella che entro il 2 giugno la mostra possa essere riaperta al pubblico: ma sarebbe auspicabile l’utilizzo di strumenti tecnologici più adeguati per documentarla in modo più efficace, cercando di renderla meglio godibile attraverso suggestive riprese al buio, come per esempio consigliava Heinrich Wölfflin per la scultura. Le opere esposte ci avrebbero restituito non solo la fisionomia del pittore, ma anche i suoi vastissimi interessi di archeologo, architetto, decoratore, scenografo ed inventore. Molti incontri, laboratori e visite guidate erano state a questo riguardo programmate; ma per sopperire alla necessità, il Museo ha realizzato il programma Raffaello oltre la mostra, disponibile anche in lingua inglese, che include interviste on-line di curatori e storici dell’arte. Particolarmente interessante il video intitolato Rimaterializzare la tomba di Raffaello, che ci offre lo sguardo sul backstage dell'impresa che ha prodotto una riproduzione a grandezza naturale della monumentale tomba del divino Raffaello al Pantheon, commissionata per l’occasione alla Factum Foundation for Digital Tecnology in Conservation. Vi si spiega in dettaglio come, nel corso di cinque sessioni notturne, sono stati acquisiti digitalmente i dati relativi alla tomba, attraverso dispositivi non-contact; si è fatto quindi uso di stampanti 3D coadiuvate da tecniche artigianali. È scaricabile dal sito delle Scuderie del Quirinale anche il divertente gioco lo Scorrimostre, un modo piacevole per passare il tempo in casa, in attesa di tornar a veder fiorir le rose. Sitografia:
https://www.scuderiequirinale.it/ https://artslife.com/2020/02/25/mostra-raffaello-roma/ https://www.ilsole24ore.com/art/il-divino-raffaello-capovolto-AC2VosLB https://www.scuderiequirinale.it/pagine/il-video-in-mostra-con-sky-arte https://www.scuderiequirinale.it/pagine/raffaello-oltre-la-mostra di Emanuela Marino Se è vero che mai ci sarebbe potuto essere progresso senza la storia, è altrettanto vero che le tecnologie, senza dubbio simboli del progresso e della contemporaneità, sono in grado oggi se non di sostituire – e, c’è da aggiungere, per fortuna – almeno di ‘tendere la mano’ a quel passato cui sono tanto debitrici. Soprattutto nell’ambito degli studi storico-artistici, le nuove tecnologie, basate principalmente sul concetto di immagine, rappresentano oggi un importante aiuto per gli studiosi di quella disciplina che fa delle immagini il proprio punto focale: la storia dell’arte. Tralasciando i pericolosi ‘effetti collaterali’ che può generare la cosiddetta era del digitale, come l’alienazione e l’isolamento del singolo che si traduce poi in un’alienazione di massa, l’attuale situazione di emergenza ha cambiato repentinamente le carte in tavola ‘giustificando’, per così dire, l’utilizzo della tecnologia in ogni singolo momento delle nostre giornate e rendendola lo strumento principe per avvicinarci, gli uni agli altri. In un momento storico così devastante per la società come quello in cui ci troviamo a vivere oggi, facendo i conti ogni giorno con il famigerato COVID-19 e, soprattutto, con le norme di contenimento degli spostamenti adottate dal Governo per cercare di arginare e superare questa pandemia nel più breve tempo possibile, ecco che la tecnologia, il digitale, internet e il web vengono sfruttati a favore della collettività, oltre che per mantenere in contatto costante parenti ed amici, anche per portare direttamente in casa quel che sta al di fuori e che non può essere momentaneamente, fisicamente raggiungibile: come, per esempio, i luoghi della cultura. Villa d’Este, social networks e visite virtuali La chiusura dei siti museali a causa dell’emergenza sanitaria ha posto il problema di inventare nuove modalità di fruizione per la collettività, al fine di mantenere tali luoghi fruibili, seppur ‘da lontano’. Innumerevoli sono stati allora i musei e i luoghi d’interesse storico, artistico e archeologico ad aver adottato l’hashtag #iorestoacasa sulle proprie pagine social. Tra questi, figura anche la Villa d’Este, i cui famosissimi giardini cinquecenteschi sono ancora oggi meta di migliaia e migliaia di visitatori durante l’anno. Dall’8 marzo, giornata di inizio del cosiddetto lockdown nazionale a causa del Coronavirus, le pagine social della villa estense – come anche i rispettivi spazi Instagram e Facebook dedicati agli altri due siti facenti parte del Polo Museale delle Villæ di Tivoli, ovvero la Villa Adriana e il Santuario di Ercole Vincitore –, sono diventate allora lo strumento principale per mantenere i siti tiburtini in contatto con le persone ed offrire, attraverso la pubblicazione di scorci, vedute ed immagini, uno spaccato del patrimonio custodito al loro interno, con lo scopo di allietare le giornate dei followers in questo difficile periodo. D’altronde, la campagna social #iorestoacasa è nata proprio con l’intento di diffondere, attraverso il potere delle immagini, la bellezza della storia: bellezza per la quale gli eccezionali siti delle Villæ di Tivoli sono ammirati e visitati da secoli. I siti UNESCO delle Villæ, patrimonio dell’umanità, sono definiti dal direttore Andrea Bruciati “siti estroversi, che dialogano ed esistono perché sono il contatto fra la cultura e la natura. Le ville sono dei luoghi osmotici, vivono perché continuamente in dialettica con chi vi entra, chi li esperisce, chi li respira, chi li tocca”[1]. Da qui, dunque, nasce la volontà e l’impegno di diffondere la bellezza delle ville tiburtine anche in questo difficile periodo storico. Alle iniziative social offerte dalle Villæ fa da pendant il Gran Virtual Tour[2], il viaggio virtuale nel patrimonio della penisola offerto dal MiBACT sul proprio sito web. Attraverso la piattaforma Google Arts & Culture, diventa possibile per tutti esplorare on-line, da casa, l’intero patrimonio culturale italiano attraverso i tour virtuali di musei, ville e parchi archeologici statali, persino biblioteche e archivi. Per visitare virtualmente la Villa d’Este attraverso le immagini e la modalità street view di Google Maps, basterà dunque navigare all’interno del sito web istituzionale del MiBACT e da lì nella pagina del Gran Virtual Tour. Sperando, tuttavia, di poter tornare presto a passeggiare nel Giardino delle Esperidi. [1] V. l’intervento video di Andrea Bruciati, direttore dell’Istituto Villa d’Este e Villa Adriana, pubblicato sulla pagina Instagram della Villa d’Este, al seguente indirizzo: https://www.instagram.com/tv/B91JESXIClP/ [2] Raggiungibile all’indirizzo web https://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_asset.html_1239486882.html Sitografia:
Bertini F., Tour museali virtuali e mostre virtuali: il trend di mercato e le applicazioni della realtà aumentata e virtuale nei musei del post COVID-19, articolo sul sito web Osservatorio mostre: arte e tecnologia – https://osservatorio-arte-tecnologia.weebly.com/ Google Art & Culture Project: https://artsandculture.google.com/entity/%2Fm%2F02kp1h?hl=it Gran Virtual Tour: https://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_asset.html_1239486882.html Intervento video di Andrea Bruciati sulla chiusura dei luoghi della cultura: https://www.instagram.com/tv/B91JESXIClP/ Pagina Facebook della Villa d’Este: https://www.facebook.com/VilladEsteMibact/ Pagina Instagram della Villa d’Este: https://www.instagram.com/villadestemibac/ Sito web del MiBACT: https://www.beniculturali.it/ Sito web del Polo Museale Villæ: http://www.villaadriana.beniculturali.it/index.php?it/1/home di Francesca Colonnelli
“Il museo è straordinariamente chiuso, in ottemperanza alle disposizioni per il contenimento del rischio da contagio COVID-19 (DPCM 08.03.2020)”. Straordinario è questo messaggio che troviamo nella home page del Museo Madre di Napoli, come in tutte quelle di musei italiani e stranieri, di teatri, cinema, etc… Ma straordinari sono anche gli strumenti che dai primissimi giorni sono stati messi in campo in risposta alla chiusura degli istituti culturali per proseguire con la mission pubblica. Tutti i musei sono stati d’accordo sul fatto che alla chiusura degli spazi espositivi non dovesse assolutamente corrispondere l’interruzione del servizio, se pur rimodulato e ripensato per l’occasione. È così che dietro il grande portone giallo, anche il Madre di Napoli si è attivato con naturalezza, semplicemente cambiando ‘dimensione’ spaziale. Il Madre – Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina – si trova nel centro storico di Napoli, sulla “via dei Musei”, a pochi metri dal Duomo, dal Museo Archeologico Nazionale e dall’Accademia di Belle Arti, lì dove si sviluppa l’antico quartiere di San Lorenzo. Il museo trae il proprio nome dall’edificio che lo ospita, il Palazzo Donnaregina, che come tutta l’area in cui sorge deve la denominazione al Monastero di S. Maria Donnaregina, fondato dagli Svevi nel XIII secolo e poi ampliato e ricostruito nel 1325 dalla Regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II d’Angiò. Dopo essere stato trasformato nel corso del XIX secolo in Banco dei Pegni, e aver subito notevoli aggiunte architettoniche nel secondo dopoguerra e in seguito al terremoto dell’Irpinia, l’edificio fu definitivamente abbandonato dopo l’alluvione del 2001 che provocò gravi danni strutturali. Nel 2005 venne acquisito dalla Regione Campania con il grande progetto di farne un museo di arte contemporanea con i suoi 7200 mq tra sale espositive, biblioteca, mediateca, sala conferenze, bookshop-caffetteria. Oggi ospita opere di artisti del calibro di Anish Kapoor, Jannis Kounnellis, Jeff Koons, Mimmo Paladino, Sol LeWitt, Alighiero Boetti, Andy Warhol, Giovanni Anselmo, Emilio Isgrò, solo per citare alcuni nomi. Una prima iniziativa attuata dal Madre è stata quella di indicare ai propri visitatori alcuni percorsi virtuali tramite la piattaforma Google Art & Culture: servizio che il museo offriva già dal 2018 e che oggi è stato solo meglio pubblicizzato. Tramite il browser o l’app dedicata, si può accedere al percorso di visita virtuale che utilizza la tecnologia Street View e permette una visione orizzontale di 360° e 160° in verticale, con immagini ad alta risoluzione (7 gigapixel) che permettono di avvicinarsi all’opera d’arte fino ad apprezzarne i minimi dettagli e la consistenza materica. L’esplorazione delle sale è possibile spostandosi con il mouse o attraverso la bussola posizionata in basso a destra. Sopra la bussola troviamo il selettore di livello che ci permette di navigare attraverso i piani del museo. Un grande limite di questa esplorazione è la mancanza di informazioni approfondite circa le opere con hotspot dedicati, se non quelle che si possono leggere ingrandendo i pannelli didattici posti nelle sale. Più completo è, invece, il virtual tour accessibile esclusivamente tramite smartphone e l’app di Google Art & Culture, che necessita, però, del Google Cardboard, o di qualsiasi altro visore virtuale in commercio. Attraverso le speciali lenti e il sensore (il giroscopio) inserito nello smartphone, si crea l’illusione di essere immersi a 360° al centro delle sale. Una voce narrante ci accompagna alla scoperta della collezione site-specific che dialoga con la mostra “Pompei@Madre. Materia Archeologica” (19 novembre 2017 – 7 gennaio 2019). La mostra, organizzata dal museo Madre di Napoli in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei, si proponeva di indagare le possibili, molteplici relazioni fra patrimonio archeologico e ricerca artistica, attraverso il dialogo fra straordinari, e spesso inediti, reperti di provenienza pompeiana e le opere della collezione permanente del museo, trasformandolo in una vera e propria “domus contemporanea”. La sala affrescata e decorata con maioliche di Francesco Clemente è diventata il cuore della domus, “tablinum” e “triclinium”: sala di rappresentanza e spazio per ricevimenti e banchetti. La piattaforma Google Art & Culture, infine, mette a disposizione degli utenti 11 storie che raccontano la collezione e alcune delle mostre passate, e 374 elementi fotografici ad alta risoluzione delle opere della collezione site-specific con la possibilità di ingrandirle attraverso la lente di ingrandimento o il cursore in alto a sinistra. Se l’arte è musica, significativo è l’esperimento del Madre di creare una playlist su Spotify, il servizio di riproduzione digitale in streaming di musica, podcast e video, con accesso immediato a milioni di contenuti di artisti provenienti da tutto il mondo. La playlist per la quarantena si intitola “Altrove” con brani che ci fanno immaginare di essere lontani, che ci fanno viaggiare e pensare a strade da percorrere e nuovi posti da scoprire. Apripista è il singolo omonimo “Altrove” di Morgan dall’album “Canzoni dall’Appartamento”. Nell’ambito della campagna nazionale #iorestoacasa, il Madre ha invitato artisti e creativi a reinterpretare alcune parole e temi chiave che riflettono questo momento, in cui la vita di tutti è cambiata in poche ore: vicinanza/distanza, casa, isolamento, comunità, famiglia, relazioni, spazio, confine, corpo, regole, limite, contatto, mutazione, opportunità…
Ed è nata così “Madre Call”, una chiamata all’azione, “How to change the world from your living room”, un condominio di voci, linguaggi e sensibilità diverse che raccontano, però, un’esperienza che ci accomuna tutti, invitandoci a immaginare forme differenti di fruizione delle opere. Sono stati potenziati anche i social – facebook e instagram – dove oltre a “Madre Call”, arriva “Madre door-to-door”, un ricco programma digitale che porta l’arte a domicilio con appuntamenti quotidiani. “Questi sono i momenti in cui è ancora più importante non rinunciare alla bellezza e non perdere il senso di comunità – dichiara Laura Valente, Presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee –impiegando le tecnologie e il web per arrivare a tutti.” Il programma prosegue secondo tre filoni principali: 1. In site… La mostra – ogni mercoledì è raccontata attraverso clip video e immagini la mostra “I sei anni di Marcello Rumma, 1965-1970” da poco inaugurata al Madre. 2. On air… La collezione – ogni fine settimana visibili online eccezionalmente, e per un periodo limitato di tempo, opere che andranno a formare una collezione dedicata al solo pubblico web. 3. Unreleased… Gli inediti – sempre nel weekend vengono presentati contenuti inediti e originali del museo che raccontano i suoi protagonisti e la sua storia. Sitografia: http://www.madrenapoli.it/ http://www.madrenapoli.it/calendario/madredoortodoor/ http://www.madrenapoli.it/calendario/madrecall/ https://www.facebook.com/museomadre/ https://www.instagram.com/museomadre/?hl=it https://open.spotify.com/user/o8ec66y60yhhm3uqielb09jz1 di Luisa Nieddu
Prendono adesso vita sul web, moltiplicandosi in modo esponenziale, le grandi mostre d’Arte che avrebbero dovuto inaugurare la nuova stagione culturale del 2020, temporaneamente sospese ma in gran parte trasferite sui social-network e sulle piattaforme digitali, in conseguenza delle eccezionali misure di contenimento della pandemia che hanno costretto alla chiusura anche i centri culturali ed espositivi. Così anche la prima grande mostra monografica dedicata al Maestro senese Taddeo di Bartolo (Siena 1362 ca.– Siena 1422) che dal 7 marzo al 7 giugno 2020[i] sarebbe stata visitabile, con le sue ben cento opere esposte, presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia[ii], è esplorabile virtualmente (fig. 1), anche con la possibilità di visita guidata. I canali social della Galleria Nazionale dell’Umbria e del Polo Museale dell’Umbria (Facebook, Twitter, Instagram, Spotify, Youtube) si aprono così alla divulgazione e fruizione a distanza, rivolgendosi a un pubblico multiforme. Dopo l’appello nazionale lanciato per arginare l’ emergenza planetaria in corso, anche le altre istituzioni museali del Polo dell’Umbria, i parchi archeologici, le ville storiche, teatri e spazi di socialità del territorio, hanno aderito alla stessa operazione di “messa in rete” dei percorsi espositivi virtuali, dj set e concerti, secondo le indicazioni così esposte dal direttore del Polo Museale, Marco Pierini: “Chiudere fisicamente non significa smettere di rispondere alla nostra missione di valorizzazione e promozione : significa trovare alternative che possano quantomeno regalare momenti di piacere e di conoscenza”[iii]. Non solo la mostra monografica su Taddeo è stata resa accessibile in audio/video streaming system, così da avvicinare gli strumenti tecnologici che la contemporaneità ci mette a disposizione anche all’Arte Antica contribuendo a farla percepire, in un certo senso, come contemporanea; ma nell’ambito della campagna #laculturanonsiferma tutti i capolavori custoditi nella Galleria Nazionale di Perugia, i materiali d’archivio sono stati riversati, secondo un programma di iniziative sempre aggiornato, sulle piattaforme social che si configurano pertanto come imprescindibili supporti informativo-formativi oltreché relazionali. Gli hastagh #museichiusimuseiaperti, #arteinquarantena o #DireUmbria vuol dire sono alcuni degli identificatori che all’interno dei canali social indirizzano gli utenti interessati verso i luoghi emblematici del patrimonio monumentale della regione, quali il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria e l’Ipogeo dei Volumni (Perugia), il Museo Archeologico Nazionale e Teatro Romano di Spoleto e l’Area Archeologica di Carsulae, il Palazzo Ducale di Gubbio, il Museo Nazionale del Ducato di Spoleto e la Rocca Albornoziana, il Tempietto di Campello sul Clitunno; il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto e la Necropoli di Crocefisso del Tufo, o la Villa del Colle del Cardinale, il Castello Bufalini di San Giustino. Anche la Fondazione Cariperugia Arte[iv] ha sostenuto la stessa strategia di diffusione all’interno del “sistema social”, riversando in rete l’eccezionale collezione di Alessandro Marabottini (1926-2012), docente presso la stessa università, che nel 2015 era stata allestita sui due piani di palazzo Baldeschi. La raccolta, costituta da circa settecento pezzi tra dipinti, sculture, disegni, incisioni, miniature, cere, vetri, avori, porcellane ed arredi, acquistati tra il XVI e il XX secolo (fig. 2), è dunque percorribile virtualmente attraverso il sito ufficiale della Fondazione[v], per via dei suoi principali digital-media (Facebook, Twitter, Pinterest, Youtube schannel, Instagram), oppure tramite l’hastag #ArteinQuarantena. Nell’ambito dell’Arte contemporanea, presso Palazzo Lucarini Contemporary[vi] nella città di Trevi, è stata inaugurata UNDER GLASS – Uncontaminated narratives’ , un artista al giorno[vii], mostra virtuale aperta dal 14 marzo al 3 aprile (fig. 3), e messa in remoto attraverso i molteplici canali Web del Museo. Ventuno artisti dall’Italia e dall’estero, intervengono ogni giorno in diretta, alle ore 19.00, esponendo le loro riflessioni fatte “sotto vetro” sull’isolamento, il vuoto, la coercizione e l’alienazione, che contraddistingue il tempo contemporaneo ma, in particolare, questi momenti di emergenza globale. Infine la Pinacoteca di Città di Castello (secondo museo dell’Umbria dopo la Galleria Nazionale)[viii] ha partrecipato all’iniziativa #laculturanonsiferma pubblicando in rete una serie di video intitolati “Pillole d’Arte” (fig. 4): dove diversi operatori culturali sono invitati a illustrare i capolavori dei grandi Maestri del Quattro-Cinquecento del Museo, da Luca Signorelli e Cola dell'Amatrice, fino a Raffaello arrivando ai grandi artisti del Novecento, De Chirico, Carrà, De Pisis, Nuvolo/Giorgio Ascani, le cui opere sono ospitate nel padiglione moderno del museo[ix]. [i]https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/03/05/taddeo-di-bartolo-gigante-del-polittico [ii] https://gallerianazionaledellumbria.it/exhibition/taddeo-di-bartolo/ [iii]https://twitter.com/marcopierini5?lang=it ; https://corrieredellumbria.corr.it/news/attualita/1530861/ [iv] https://www.fondazionecariperugiaarte.it/ [v]https://www.fondazionecariperugiaarte.it/museo-virtuale/collezione-alessandro-marabottini/ [vi]https://www.palazzolucarini.it/;https://www.palazzolucarini.it/under-glass-21-uncontaminated-narratives-i-un-artista-al-giorno-visibile-dalle-ore-1900-sui-canali-web-di-palazzo-lucarini-sino-al-3-aprile-2020/ [vii]http://www.scoprendolumbria.it/it/eventi/under-glass-21-uncontaminated-narratives_228.html [viii] https://www.umbriaecultura.it/pinacoteca-citta-di-castello/ [ix]https://www.facebook.com/PoliedroCultura/;http://www.umbriaturismo.net/attivita-commerciali/poliedro-cultura/ |
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